27/03/15

L' immenso oltre la gemma.




             Resto assorto per un momento a guardare quel ciondolo. Incastonata in quell' oro bianco una gemma di acquamarina e nel suo azzurro mi tuffo in un immaginato mare tropicale dove l' orizzonte si confonde col confine di quell' acqua trasparente. Le onde arrivano placide verso una sabbia che sembra farina e la risacca asciuga friggendo sotto il sole che la scalda. Un unico tuffo per ascoltare i rumori dell' acqua, dove coralli e marea si mescolano in un elettrico pianeta di suoni croccanti. Mentre mi libero in un' apnea divertita, sinuoso attraversa e refrigera dal torrido caldo, e quel liquido che mi avvolge come fosse una coperta di miele.
In un simile sogno mi secca persino dover respirare. Quando al rumore costante dell' acqua che accarezza si sostituisce la brezza dell' aria e il ciarlare degli individui che giunge dalla spiaggia, mi ricordo che, mio malgrado, quella e' un' esperienza condivisa con altri, e quegli altri, hanno una percezione piuttosto distante da come mi immagino io in quel contesto. Solo la velocità degli istanti necessari per poi rimettermi a riflettere subacqueo, distante alcune decine di metri dalla sabbia asciutta, ma ad anni luce da loro e da me, in una vita tutta mia, fatta di sensazioni nuove e di riflessi luminosi sul fondale.
Perle e conchiglie, poi ancora perle. Sono i miei desideri ed il momento più alto dove mi trovo solo e dove accelero la vita concentrandola in un liquido di un attimo riassunto. Dondola il mare, e mi dondola, quando come una stella marina che osservo al fondale di sabbia, ricorda che come nel cielo altra stella io posso guardare. Luci e pesci, frigge l' acqua e ascolto il mio corpo. La piscina naturale non ha confine e sembra quasi indurmi ad aprirmi all' immenso. Non ho nulla, ne voglio di più di quel nulla. Appagato, fresco e scaldato dal sole, guardo le bolle e mi sento una parte del tutto.
Per ogni istante comprimo immaginando che possa essere eterno. In questo, il trattenere il respiro mi aiuta, e senza abbandonare quell' aria ai polmoni, mi muovo in cerca di me.
Avvito i miei fianchi e capovolto la luce mi illumina gli occhi. Non ce la faccio, non posso resistere al sole, e di nuovo la testa si volge al fondale tranquillo. Il suono e quel dondolare, quei riflessi della luce e nel mare.
Di nuovo ho bisogno di uscire, e di nuovo il mio mondo e' interrotto da un vocio che non cerco. Le braccia si dilatano raccogliendo mare e spingendolo, poi di nuovo un brivido per quel poco di freddo avvertito uscendo da questo stato che quasi ipnotico oramai mi nutre. Piroette e capriole, gambe fuori dall' acqua e di nuovo la spinta a scendere sotto.
Concentro, impilando come pagine di libri letti, attimo su attimo, e vedo l' inchiostro correre raccontando di una storia fantastica della quale raccoglierò forse solo una timida introduzione. Riuscirò a ricordare, ma soltanto come in un attimo trascorso, catturando quell' unica sensazione emotiva che mi lascerà quell' immagine di me che mi libero in uno spazio di stelle e liquido, per andare ad esplorare mondi sconosciuti fuori di me e ritrovarmi esattamente in quel piccolo angolo remoto di me stesso che non riesco ad osservare sovente. A quel punto non sarò io a tenere la mia penna ma sarà soltanto lei a  guidarmi su quei fogli asciutti descrivendomi di attimi sott' acqua e di me stesso, ridestandomi da quella pietra azzurra come se attraverso lei io non fossi mai riuscito ad osservare.
Domandandomi a quel punto se lo possa aver vissuto oppure soltanto immaginato, stupirei i miei occhi constatando che la pagina del foglio che ora ho scritto e' sotto le mie mani ed e' bagnato.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved


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