31/08/15

La strategia del controllo (tifosi usati come cavie sociali)



       
         Stanno trasformando il tifoso in cliente. Cragnotti in questo era stato un precursore, aveva visto prima degli altri, ed in parte e' anche responsabile. La visione del Calcio e' cambiata da quel maledetto 1992, e credo purtroppo che oramai sia irreversibile. E' uno Sport bellissimo, ma vissuto in un clima che non ha più nessun fascino. All' erba sotto i tacchetti e alle maglie sudate si sono sostituite pettinature stravaganti e modi di festeggiare una rete volti a fungere da spot di se stessi più che per la felicità di tifosi e chi li paga.
Vorrei davvero sapere quanti dei calciatori in attività aspettano con bramosia l' uscita del nuovo PES o di FIFA per giocarci e vedere quanto sono forti i loro "pupazzi" e come li hanno fatti sul giochino per Play Station... ma vorrei anche conoscere quanti "tesserati" che visitano abitualmente da qualche anno lo stadio "Atleti Azzurri d' Italia" sono mai stati al Brumana quando la tessera non c' era.
Poi c' e' il capitolo TV a pagamento. Salvo che non sia un locale, od un circolo, la possibilità di vedere 4200 partite a casa non permette nemmeno più quella aggregazione che una volta potevamo vivere noi. La Lazio era un elemento detonante che assottigliava le differenze socio-culturali e permetteva a persone provenienti da diversi ceti di conoscersi e costruire amicizie che oggi, in molti casi, ancora durano.
Sarebbe sufficiente pensare a cosa avevamo noi, in termini di informazione sportiva, da bambini. Eppure il nostro imprinting, con la Lazio che peraltro navigava anche in cattive acque, non mi sembra peggiore di quelli che sono venuti dopo, o di quelli che già c' erano prima.
Se eri stato all' Olimpico, speravi che qualcuno ti mostrasse un qualche lembo di bianco e celeste al 90° minuto per poi attendere le 20.00, e la Domenica Sprint, affinché De Laurentiis ci potesse dare più dettagli di quanto era successo sul campo rispetto a quello che ti aveva solo fatto assaggiare Paolo Valenti.
Oggi quasi tutti quelli che vanno allo stadio, ed anche chi non va, hanno abbonamenti SKY, Mediaset, ecc... vedono gli interni dei vari spogliatoi, sbirciando fra giocatori in mutande e poltroncine lucide di gomma bicolore. Ciclicamente gli stessi fanno appelli al popolo per convincere ad andare all' Olimpico perché ci vanno in "pochi" ed occorre esserci, altri non vanno e chiedono agli altri di desistere dal farlo, altri ancora addirittura hanno insultato chi e' entrato, e senza dubbio vi sarà qualcuno entrato che insultava chi invece era fuori.

Ma siamo noi, e da un momento in poi, lo siamo sempre stati.

Come dimenticare i 37106 paganti per la semifinale contro l' Atletico Madrid, con la partita in televisione, però ricordo anche i 30000 al S.Paolo per gli spareggi contro Taranto e Campobasso (non l' Atletico...). Osservando questi dati l' elemento nuovo dovrebbe essere collocato a livello temporale in quei due lustri di differenza... ecco, credo che ognuno abbia il sacrosanto diritto di vederla come crede, di avere le sue idee, e non e' una cosa sindacabile, ma credo anche che tutti noi, indistintamente, ci siamo dimenticati chi siamo.
Siamo davvero sicuri che il problema di questo tempo sia andare allo stadio o no? Per la verità non credo. Presto o tardi, anche la Lazio, come tutti gli altri Club di un certo rango, sarà dotata di un suo stadio di proprietà dalla capienza di 35000/40000 spettatori, il suo "bacino di utenza". Probabilmente tutti vivremo quel giorno come motivo di grande orgoglio, di curiosità ed eccitazione al tempo stesso, ed in un certo qual modo potrà anche essere il suggello alla "libertà" tanto desiderata. Ma lo sdoganamento dalle sovrastrutture, politiche e sportive, sarà soltanto fittizio, perché a mio avviso ciò che si sta preparando e' molto più subdolo, e se in altri Paesi e' già realtà mentre qui in Italia ancora no, si deve solo al fatto che, come al solito, qui facciamo sempre tutto molto tardi rispetto agli altri.

Chi ha mai provato a vedere una partita della Premier League negli ultimi, diciamo, 8 anni?

Con un amico mi trovai tre anni fa a Liverpool. Era un Lunedì sera, e grazie ad un contatto che un altro nostro amico qui a Roma aveva con "certi" del Liverpool, riuscimmo a disporre, dietro pagamento s' intende, di due "tessere di abbonamento nominali" intestate ai legittimi proprietari, ma quella sera in nostro possesso. Entrammo comodamente allo stadio, nella ricca di storia KOP, senza che nessuno si preoccupasse (fatte salve forse solo le persone abbonate nei posti vicini una volta entrati...) delle nostre identità, o quanto meno verificare che combaciassero con i nominativi dei titoli. L' incontro era con il West Bromwich Albion, finì 0-2, ma per noi fu un calvario. La classica partita a senso unico dove il Liverpool attaccava sempre ma a segnare erano gli altri. Eravamo tutti costretti a starsene seduti, ogni vota che i Reds si facevano avanti, le persone della curva si alzavano in piedi come una grande onda, e subito dopo gli stewards a chiedere di accomodarsi. Ci saremo alzati e seduti, non e' un' esagerazione, 40 volte per tempo, non c' era tempo per fare il tifo, non c' era lo spazio, e per la verità pensavo in me che non ce ne sarebbe stata nemmeno la voglia. "Mai più" mi ripetevo, però alla fine e' lì che stiamo andando. E l' ulteriore provvedimento di questi giorni, volto a dividere la Nord, un settore comunque per "loro" troppo vasto, e conseguentemente difficile da "controllare", non e' altro che una logica conseguenza.

Vivo la Lazio H24 sette giorni su sette, e non posso, non voglio, fare la pecora, assoggettandomi a tutto questo da impotente, alle sciagurate regole di un qualcosa in cui non mi vedo più.

In Champions credo poco, ma in Europa League c' e', ancora per poco, spazio per una piccola fetta di libertà da andarsi a prendere seguendo la Lazio. E questo cercherò di fare, di seguirla in trasferta fuori dall' Italia, quando posso ed ho la disponibilità per farlo.
Ma purtroppo va anche detto che il famoso G14 di cui si parlava nel 1996, prima che Bernard Tapie venne implicato in quello scandalo a Marsiglia, e' veramente dietro l' angolo.
Credo che Champions ed Europa League attuali non siano altro che prove tecniche del famoso campionato europeo che ci aspetta, popolato di comparse e non di tifosi (salvo, s' intende, tutte quelle persone che si possano permettere di pagare biglietti aerei e dello stadio a costi da Superbowl, e che in egual maniera, abbiano una disponibilità di tempo tale da poter seguire la squadra fuori casa a Mosca oggi, poi in casa la prossima settimana, poi a Manchester fra due, poi di nuovo all' Olimpico, poi Monaco, e così via...). Alla mercé dei più resterà soltanto la possibilità della TV, e del conseguente abbonamento, propedeutico. Non ci saranno costi eccessivi di Polizia per le traduzioni dei tifosi ospiti dalle aerostazioni agli stadi e per il loro "controllo", evitando così anche eventuali problemi di ordine pubblico, perché la capacità degli organizzatori dell' evento, di tenere gli "animali in gabbia" sarà pressoché perfetta se coordinata con le forze di vigilanza e gli steward, i cani da guardia. Alla fine si, saremo tutti seduti su una bella poltrona a fare il tifo per un gruppo di persone delle quali non conosceremo nemmeno il timbro di voce od i volti visti da vicino...
Non me ne frega niente di vedere il Barcellona o il Real Madrid, né tanto meno il Manchester United o la Juventus. Crescendo ho perso il gusto di tifare le italiane (eccetto la Roma ovviamente) quando giocavano in Europa. Oggi non vedo più nemmeno la Nazionale. A me interessa solo cosa fa la Lazio.
Sono un' anomalia? Non mi interessa. Sono anacronistico? E' uguale. Non accetto il teatrino che ci stanno modellando attorno quindi ho fatto un passo indietro e sono uscito dalla sala.
Il Calcio non era questo, questo e' il mio vero problema.


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23/08/15

Isole Borromee.




         La navigazione di quelle acque placide lasciava ampi spazi per coltivare le proprie idee e svilupparle come quelle onde sotto le quali il nostro natante lentamente avanzava. Avevamo certamente trovato il vero indirizzo della bellezza, anche se rinchiuderla entro il prezzo del biglietto ci sembrava di offenderla. Essa albergava su queste poche isole che si stavano mostrando proprio ora dinnanzi ai nostri occhi. Come informazioni messe in un database incameravamo quella vista sbigottiti da quei giardini e quelle ville così ordinate, scambiandoci di tanto in tanto sguardi di misto compiacimento e di solerte curiosa incredulità. Eravamo come dei bambini di fronte ad un nuovo giocattolo che faceva cose mai viste prima, e che poteva suscitarci nuove manualità ed un livello maggiore di sviluppo del nostro intelletto. Anche gli alberi erano in equilibrio perfetto col resto, come perfettamente inserita in questa visione del complesso ci era parso anche quel drappo a due fasce orizzontali rossa e blu. La guida ci diceva che i padroni dovevano essere a casa se il vessillo era in piedi. Io fra le comunicazioni che ci stava dando, mi ero perso sull' eco di quel cognome che aveva riecheggiato nella mia mente quando lo aveva pronunciato: Borromeo. Come dei dadi tirati su di un piano, queste isole e qualche piccolo scoglio, apparivano come gemme sospese sul lago Maggiore. Ne condividevano il possesso il Piemonte e la Lombardia, ma una volta lasciata la riva e cavalcando le onde la storia cambiava. Come resina colata e lasciata raffreddare quelle isole non appartenevano a nessuno se non a loro stesse, e nell' ambra che negli anni ne era rimasta, non era rimasto rinchiuso nemmeno un insetto, nemmeno una bolla. Avevano sistemi di fontane e giardini all' italiana di cui si era andata perdendo traccia lungo il tempo. Coltivavano il terreno e le piante come se in quello stesso terreno, e in quelle piante, ci fossero spiegate le motivazioni dell' esistenza di quelle stesse isole. E non e' escluso che qualcosa davvero ci fosse in quella vegetazione. Un liquido di piacere bagnava gli occhi oramai quasi commossi nel guardare quella fiaba che stava respirando a pieni polmoni. Come una scena di un quadro impressionista d' un tratto prendeva corpo definendosi in un sogno avviluppato nella realtà, ed il lento incedere della nostra barca, e l' ormai inutile tentativo di asciugare l' iride, facevano della sua essenza tutto quello scivolo emozionato di foschia da consegnare al timido ed inquieto sogno dentro il quale stavamo navigando piano. Avrei voluto tuffarmi per raggiungere quel terreno di stella, lo avrei voluto accarezzare solo per il gusto di dire "ce l' ho fatta", ma il timore di spezzare l' incanto era tale che con riverenza mi ero chiuso in un ulteriore, se possibile più severo, silenzio. Costellazioni e sorgere del sole non son nulla se non si e' passati ad osservare almeno per un poco la magia che ci si mostra lontani dalle rive di questo immenso lago. Piccole preziose pietre incastonate in una iperbole di acqua dolce che talvolta diviene convessa altre concava, nella loro staticità sublime ci concedono il concetto di movimento come se il punto fermo dell' intero universo albergasse li di presso per poi far capovolgere l' intero liquido circostante. Aride vasche di pensieri si infilano in una legatoria di sensazioni da congelare così da poter essere portate via al ricordo e da dissotterrare ogni qualvolta si dimentica cos' e' che del bello va custodito gelosamente. Gremite pagine di gioia e pianto, solerzia immensa e generoso canto. Fugge via dal conscio accarezzando con il velo della mano il suo destino, replicandolo in immagine riflessa verso gemme sgocciolate dentro un lago che di colpo si allontana.



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21/08/15

Pindaro.




     Quanta polvere ancora nei polmoni. Quante piccole tracce di una lotta interminabile che si rinnova. Aveva saggiato il tempo come cura ma non e' bastato, perché adesso il passato e' lì, fermo, che riaffiora, e tutto il tempo andato gli presenta il conto. Nauseabondo circolare fra le storie scure ed i ricordi, mentre l' attività primaria di questo momento e' sospesa per far spazio a quella corta traccia di Blues. Almeno pochi istanti, appena degli istanti, per fuggire da tutto quel che serba in una nicchia di trascorso, e che non vuol vedere anche se deve.
Scivoli lunghi delle note perversamente accarezzano, sospendendo il nero di fuliggine che attende fra le righe di un riassunto. Ansima e crede, vedendo degli attimi dispersi, di poter soffiare via tutto quel fumo, ma l' arduo onere si impossessa delle sue volontà fra la densità avversa ed acre di un disegno che si sparge fra le note di un epilogo sognato. Bisbigli e l' interrompersi di un nuovo suono lasciano metri di insindacabile catena al tempo, che come un obbediente cane resta li tentando di ricevere dei complimenti e un po' di cibo.
Serpeggia fra i mattini di cenere quell' afosa insonnia che disperde e che dipana. Fra gli occhi e le fessure albeggia, ed in quegli strani luoghi della vista stanchi, altro fumo misto nebbia si condensa. Creature di cupa rabbia e calori sconosciuti avvolgono fino a saggiarne resistenze e confinati limiti. Nell' orizzonte invisibile si staglia quella palla di luce che riaccenna il giorno, e quasi osserva, scruta, fino a riconoscere quella sua antica vittima nei suoi ricordi e nell' interruzione di un condotto di esistenza che si scioglie. Mistici istanti che come scuri flagellano impedendo di respirare. La soluzione di continuità più non esiste, e nella madida alcova fra le reti ed il fogliame osserva lei, rimasta ferma come se priva di vita in una scossa parabolica fra il sogno e l' incubo esploso di calore che la attende. E' comunque bella, anche se quel volto inespressivo e sofferente le distruggono quella sensualità trovata. Fra i seni ed il tessuto candide gocce di liquidi, gli stessi che sulle tempie le bagnano i capelli in una strana ventola di sensi e di feroci ambigue intensità che mi trasmette.
Il cordame la sospende come il tempo, e al tempo torno pensando nuovamente a quelle note andate via per poi trovarsi in un intrinseca spirale di violette e lucida cera. Nebbia, come pareti e come nera pece, comprime e aggrega, per poi rilasciare l' umido come quando seduto ad osservare una riva lacustre le barche apparivano anche capovolte. Nulla muove e nulla al contempo e' mosso, tutto resta sospeso in quegli attimi di fuliggine che mi cercano e che la cercano creando vortici di sovvenute antiche spire e resti di un passato andato via che da lontano riemerge liquido come un deja-vu in un istante che di concreto non ha nemmeno il tattile senso di un palmo di una mano che accarezza l' acqua dopo essersi chinato e che la inghiotte. Scenografia di un tempo imo, sipario di una musica che come cantilena mi ricorda i passi che dovevano sembrare estesi. La nota di un diapason riassetta il tutto ed in una maschera di oblio, nell' abbandono delle cose sommerse riesco ad elevare quelle sospese e che galleggiano, affidandomi a quella stessa barca che vedevo sottosopra e che adesso posso scorgere nitidamente come andata. Pertanto al risveglio soffro e soffre, pertanto al risveglio io la abbraccio come se nel dolce cammino fatto insieme appaia nuova strada ove la nebbia e' rada e dove la fuliggine sembra essere lontana.


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14/08/15

Un esperimento umano.




          La fronte madida era stanca di quel fazzoletto oramai zuppo. Ad ogni nuovo passaggio come una lamina iniziava a graffiare ed invece di dare sollievo sentiva che quasi lo stesse ferendo. Il caldo di quei giorni era stato così intenso da cuocergli anche la fantasia, al punto tale che appena aveva potuto era scappato via per prendersi un po' di refrigerio, che purtroppo però non aveva trovato. Su quelle colline aveva guadagnato si e no qualche grado di giorno, ma almeno la notte riusciva a chiudere occhio senza arroventarsi e contorcersi su un materasso zuppo di sudore dove il sonno era stato a lungo soltanto un antico ricordo.
Quell' Estate era stata eccessiva in tutte le sue manifestazioni. Più volte egli aveva auspicato che arrivasse la pioggia, ma per almeno due mesi non se ne era sentito nemmeno l' odore. Abominio degli abomini, ci si scioglieva come se i liquidi corporei dovessero perdersi e ritrovarsi ogni giorno di sana pianta. Rinnovava bevendo e mangiando verdure e frutta, mettendo da parte per lunghe settimane la sapiente e mastodontica capacità di alimentarsi con gustosa carne e saporiti pesci.
Non c' era spazio per qualche pietanza che non fosse almeno in parte costituita di altro liquido da poter ingerire. E la birra ed il vino avevano lentamente lasciato il passo all' antico composto chimico che aveva sollazzato la specie umana prima dell' invenzione degli alcoolici: l' H2O.
Che grande invenzione l' acqua! Due particelle di idrogeno unite ad una di ossigeno e la magia e' fatta. Un fresco liquido che oramai non giunge più dalle vette dei monti, ma all' interno di involucri di plastica o di vetro, e che ci da la parvenza di nettare divino grazie solo ad un po' di frigorifero per abbatterne la temperatura. Aveva rivalutato totalmente quello straordinario elisir, tanto da rifiutare, da un certo punto in poi, anche l' assunzione dello stesso mediante le patetiche bottiglie di plastica, preferendo, per frescura e sensazioni, la straordinaria emozione di "tracannare" quell' H2O da bottiglie di vetro quasi congelate che al contatto col palmo della mano che le stava serrando, potevano divenire opache e far sciogliere quell' unica goccia di brina che arrivava fino al pavimento e che stava ben attento a non perdere.
Così come vedeva scorrere quella goccia lungo il dorso del vetro, il refrigerio si diffondeva per qualche istante all' interno della carotide per poi scendere giù, nel recipiente rinchiuso dalla gabbia toracica, e far percepire quel leggero mal di testa dovuto all' eccessivo divario di temperatura fra il suo corpo ed il liquido. Il tutto aveva giusto il tempo di consumarsi che poi, a suonare la carica, era di nuovo la temperatura esterna. Giungeva come un' onda lunga di marea ad avvolgere il substrato corporeo, ed una volta aggredita la cute, si accaniva scontrandosi con i livelli inferiori della pelle, mentre faceva rovesciare di nuovo in una lotta assolutamente impari, quel sacro liquido all' esterno del confine cutaneo, dando altro lavoro a quel fazzoletto pieno zeppo di sale che graffiava ed impediva agli occhi la vista se non nel distinguere nebulose forme.
Era curioso di comprendere quanto di quel liquido assunto si stesse già disperdendo. Se avesse potuto si sarebbe spogliato infilandosi in una bagnarola di quelle per raccogliere i panni che usano le signore quando la lavatrice ha finito. Ne avrebbe controllato il livello e senza dubbio si sarebbe compiaciuto di vedere rinnovarsi così tutti quei liquidi che persi si reintegravano riperdendosi. Un esperimento umano, in un recipiente, dove in realtà il recipiente alla fine diveniva lui.
E in quegli attimi dove il sudore esplodeva nuovamente mettendo il corpo di fronte alla triste realtà di quel caldo, le sue considerazioni inevitabilmente si spostavano su altri concetti, su altre domande. Continuava a ripetersi se quella dispersione e quel reintegro potevano ritenersi valide per il solo corpo, oppure anche per la mente. Tante volte aveva pensato a libri letti in passato dei quali ricordava solo parti, o addirittura soltanto frasi, chissà se quel liquido di mente usciva disperdendosi come il sudore oppure se quello che rimaneva all' interno, trattenuto, si sarebbe utilizzato in una fase successiva come aspetto propedeutico alla crescita.
Aveva cominciato a considerare il suo corpo, ed il conseguente drenaggio della sua cute, soltanto come uno scivolo di flussi inutili ed un filtro entro il quale rimanevano brandite soltanto le cose necessarie. E' così che "Il pozzo e il pendolo" o "Metzengerstein" di Allan Poe, oppure la tematica di Pirandello sul "sentimento del contrario" diveniva acqua fresca trattenuta entro la cute che non l' aveva dispersa; e lo stesso poteva valere anche per "Charles Du Roy" di Maupassant, la battaglia combattuta da Gaio Giulio Cesare ad Alesia nel 52 a.C., i "Manoscritti di Qumran" ed i "Vangeli Gnostici" affrontati e analizzati da Elaine Pagels; ma lo stesso discorso poteva ampliarsi agli scritti di Lao Tzu, come ad un quadro di Caravaggio, che so, "la decapitazione di Oloferne", come all' emozione che gli aveva dato osservare "Amore e Psiche" di Canova, o "La pietà" di Michelangelo.
E lento il movimento di un' acqua trattenuta all' interno soggiogava gli intenti e riabbracciava uno status quo dello stesso individuo verso il quale esso stesso stava prendendo coscienza. Aveva perso pagine ed istantanee di una vita fatta di momenti pigri, ma come il Bolero di Ravel aveva cavalcato i suoi giorni rimanendo assolutamente lucido su ciò che lo aveva rapito e ciò che come il sudore sarebbe andato via svanendo come "lacrime nella pioggia".
Tutta la sua vita, d' un tratto, stava diventando un amalgama di citazioni, dentro le quali ci aveva pescato anche un po' di cinema e di colori pastello, che come in un film di Amos Gitai, per la verità nemmeno bellissimo: "Kippur", aveva cristallizzato il senso di un amore fatto fra la guerra, su un lenzuolo bianco, dove i due interpreti si avviluppavano in esplosione di vernice colorata per poi, raggiunti gli orgasmi, stenderlo e metterlo ad asciugare come un dipinto dei due corpi in movimento.
Sollazzo della mente, per la quale non esistono ferite e laceri passaggi di tessuto. I colpi inferti restano più subdoli ma se ne conosce il prezzo e la vastità soltanto quando attraversati dall' esperienza nel momento in cui ci si presenta il conto. Come un candido colpo di stiletto bruciano, e quello stesso liquido che prima ci lasciava ricordandoci del caldo adesso ci rinfresca, pensando ad un estetico traguardo abbandonato su di un ciglio di una strada mentre quel foraggio per la mente scorre giungendo ad un libro tutto suo. Cardini come le note di un "Cigno" ansimante ed ormai giunto alla fine e Tchaikovsky prepotentemente appare, appoggiandosi a quell' Eugenio Onegin di Puskin, di cui proprio quest' oggi ammiravo in un quadro un duello, e tornando di corsa a quel "Cigno" che riaffiora morente fra le note di un gruppo che un' amica mi ha fatto ascoltare e la scena finale di "Warriors - I Guerrieri della notte", dove invece, simbolicamente lo stesso cigno, "Swan", risorge, uscendo da una notte dove tutta una città ha provato ad ucciderlo. Bizzarri destini di una mente il cui sudore disperso e' solo nettare raccolto nella bacinella di una signora che ha appena steso i suoi panni...un esperimento umano.


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08/08/15

Santiago.




       L' alba di un giorno normale, dove un sacco a pelo, un paio di scarpe e tanta voglia di andare via da me stesso, mi accompagnano lungo il crinale di una Estate che ha fiaccato lo spirito più che il mio corpo. Vagare negli ambienti saturi di questo asfissiante nulla, quasi mi soffoca, così come perdersi per interminabili serate umide alla ricerca di un refrigerio scomparso e di una consolazione che mi ritrova dopo essermi smarrito così a lungo. I dettagli di una visita agli antipodi di ciò che voglio restano impassibili e muti sulla soglia di un pensiero avvolto dalle strane forme, mentre una luce accende e vola via ricordandomi che la vita e' soprattutto altro, e non quella che resta rinchiusa nelle sagome dei sorrisi ad hoc e dei frammenti di poesia spezzati.
Evolvere! Soltanto e ancora una parola densa di un significato che ai più sfugge. Mi sto appiattendo lentamente sulla melmosa mediocrità di un caldo infame, e con esso sto raccogliendo tutte le macerie madide di vite inconcludenti, che ordinatamente in fila, io confesso, l' una dopo l' altra, neanche fossi il mentore di delusioni e fallimenti. Divarico le braccia in movimenti farraginosi, tentando di associare a quell' aperto tentativo di libertà quell' indole recondita che frana lentamente fra le volontà che si spengono ed il metodo, la scienza della ribellione nell' involucro di un corpo che desidera che arrivi il gelo.
Catene di polveri microscopiche avvolte da un concetto di massa vanno aggregandosi, così com' io che esplodo rabbia e schiuma, da un affannoso e sofferente corpo mi allontano, per poi tornare nello spazio di un respiro ad ascoltare sensazioni in me che sono ossigeno per le mie membra. Intanto la ferita lacera scivola via come una soluzione che si perde, e dentro gli occhi di un bambino scruto la sorpresa e quell' attenta paura che fu mia. Sollevandomi da questo stallo ipnotico dimeno il cuore ed il mio spirito rifiorisce ad anni luce da questa realtà. Diverso il luogo e diverso anche il tempo, sorge in altre parti ed obbedisce ad altre regole che furono recondite e di rispetto costruite. Nella facilità un incontro, e nella naturale bellezza la riconoscenza a questo dono ricevuto. Agli occhi miei che provano a sollevarsi per osservare altrove, agli impeti involuti delle atrofizzate parti di un tempo troppo spesso usato male. Comprimo ancora come se quel tatto che un tempo avevo adesso fosse inutile e deleterio. Sento che e' il tempo di vomitarmi addosso tutte quelle razionalità estinte che mi albergano dentro e' giunto. E pazienza se chi crede di comprendere in realtà non ha compreso, passi anche il fatto che una vita ha specchi per distorcere qualunque cosa che ci si ostina a non voler vedere. Come tanti satelliti ripetono ed archiviano dati di un mondo che osservato da lontano sembra un cosmo indefinito. Così e' la vita, e chi ha la presunzione di controllarla dovrebbe in realtà comprendere che e' nella Natura il non poterla governare. Per quanto si guardi, si scruti, si spii, se non si passa da un adeguato concetto di se stessi si rischiano rovinose cadute entro il nostro ego, e quel rotolare in fondo rischia di divenire consuetudine cui ci si abitua. Non voglio, scivolare e fare scivolare altri con me. Non sogno, perché i miei occhi aperti danno già tutto per poter riempire la mia vita di bellezza. Non credo, perché lo spirito si nutre di una stessa linfa che e' comune a tutti, e la differenza resta sola nel saper attingere per poi vedere tutto un pò più chiaro. Via da questa Estate malvagia, e questo umido che e' di mediocri anime. Spazio nuovo alla curiosità fragrante di una mattina invernale, dove le sonde ed i satelliti nulla possono oltre le perturbazioni, e il mondo intero ha il tempo e l' onestà per ricreare la sua storia in mille altre, ricucendo quella lacera ferita che il buon tempo porta via sognando di curarla ancora con il gelo e con l' aurora. Buon viaggio amico mio, evolvi, a prescindere dagli altri!


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