19/04/18

Cordoglio Gelido.


A Franco Battiato, Maestro di Musica, Arte ed Emozione

Oggi il Maestro ha chiuso agli altri la porta della sua mente, del suo cuore. Ogni accesso scompare e con esso svanisce una piccola parte di liquida massiccia leggerezza che era in grado di donare a tutti e che adesso porterà via con sé per tutto il resto del tempo.
Uno strano pomeriggio fatto di un pianto senza lacrime, una fotografia di ore differenti da tutto quanto il resto, come fosse una finestra privata su tutto quel tempo che sta scivolando via, o su quei luoghi, quelle persone che, pur se non mai conosciuti, grazie ai suoi racconti, alle sue parole, ho potuto immaginare mettendoli in ordine fino a sentire anche i profumi più leggeri e più remoti.
Lontani, andati via come me e come quei posti dove decidevo di andarmi a chiudere quando pensavo alle sue note, o quando riflettevo sul come io mi avvicinassi a loro mentre le accostava fino a renderle perfette ed opportune. Effettivamente una questione di splendida Prospettiva, che senza inganni ed interpretazioni, senza chiavi di lettura, regalava sagome colme di quella bellezza che soltanto la naturale ovvia normalità riesce ad offrire a chi può tentare di poterla cogliere.
Oggi tutto va via come un alito di vento freddo, e queste immagini, e questo suono, sono l'unica cosa che mi sento di dovergli rendere, di dover tornare a lui per quanto ha permesso in me.
Non sono un uomo in grado di potergli rendere qualcosa come si conviene, per la verità, ma proprio per questo ho scelto il mo ambasciatore di silenziosa commozione, è Pontus Jansson. Pontus Jansson che, come lui, è una straordinaria creatura di questa Terra che crea emozione muovendo cose statiche mentre appassiona congelando nei suoi istanti tutto il movimento possibile di questo mondo: il mare.
Persone in grado di accarezzare tutte le cose che sono ai limiti, peculiarità che ha le fattezze di un dono parso forse semplice ma che in realtà è in grado di giungere alle estremità della forma per toccare quella poca parte di infinito che riusciamo ad avvicinare, quella minima parte del tutto che ci sfiora, laddove la ragione non esiste e quel recondito compresso istinto può far elevare o schiantare, mordere, aggredire o piangere.
Così va via il Maestro, prendendo uno di quei treni per Tozeur con un dipinto in mano. Saluta e afferma ancora di non saper disegnare, di non saper dipingere, ma se solo io potessi dirgli quanta anima e quanta coscienza ha colorato di miliardi di pastelli, quanta strada ha percorso e quante cose ha osservato, in quei fiumi di inchiostro nero ritroverebbe quel suo arcobaleno che adesso è il mio.
E' vero, le aquile non volano a stormi, e la sua musica appiattita sulle fredde e ferme note è divenuta incontro, anche lì, coi suoi colori e con quella sua limpida emozione della notte di Bagdad, dove riuscì nell'opera di trasformare la sua voce in lacrime, che adesso si, ma solo adesso, sono anche le mie.
Prévert scriveva Questo Amore come fosse vita. Lo definì violento e fragile, tenero e disperato, vero e bello. Era felice, ma anche beffardo. Lo ritrovava tremante o sicuro di sé, che metteva paura e che faceva parlare, altre volte invece impallidire. Raccontava di un amore spiato, ma ancora vivo, che rimaneva là, testardo come un asino, crudele come la memoria, sciocco come i rimpianti. Era freddo come il marmo. Oggi nelle righe di Jacques precipita anche colui che mi concesse di osservare un poco di alba dentro il suo imbrunire.
Non lasciare che tutto diventi gelido, anche lontano da quei margini di bosco del quale adesso conosco il sentiero. La foresta della memoria non è lo spazio e il tempo che trascorre, sono tutti quei ciottoli precipitati che quella marea mi porta via. Suona ancora a lungo nelle stanze di colore che hai dipinto, permetti a chi accarezza le tue note di poter varcare il sogno di una giusta verità, dove la correttezza è dogma e dove la bellezza è quel silenzio fra quell'emozione e il nuovo vento che aspettiamo.
Jacques, il Maestro è lì da qualche parte e sa bene come giungere verso questa estremità del limite. Pontus, con la sua quiete che si lascia osservare, racconterà di una radura e di una fila di colori pronti per gettarsi su ciascuna delle sue immobili pietre, e a colorare la marea che sale.



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