27/11/14

Il Pane.




       I profumi salivano dal forno. Il pane doveva essere pronto. Mia nonna mi chiedeva di scendere e mi dava dei soldi, io contento obbedivo. Quelle rampe di scale erano volo, ogni tanto incontravo qualcuno, e frenavo, per poi riprendere la discesa fino al parcheggio. Erano altri anni, una volta passato il cancello ero in strada, l' occhio a qualche macchina che non passava, ed allora passavo io. Dall' altra parte quel profumo fortissimo e quelle tendine all' entrata. La mia mano sinistra passava quasi per tagliarle e la signora, vedendomi, prima accennava un sorriso, poi mi porgeva una pagnotta croccante. Era vero, il pane era pronto.
E' difficile spiegare quell' umidità mista al calore quando si tiene in mano la busta del pane appena cotto. In quella sensazione tantissimi ricordi della mia infanzia, ma allora non ci badavo, la gustavo soltanto registrandola nell' elenco delle mie sensazioni. Una volta pagato, ricominciava la corsa, stando sempre attento a che quel nessuno attraversasse la strada, e allora passavo di nuovo. Il cancello e di nuovo il parcheggio, quei due pini che sembravano immensi, si apriva la strada al pianerottolo e via, su a destra, per ripercorrere le scale di mille volte. La salita era più faticosa, ma correvo lo stesso, era l' ultima rampa a fermarmi e guardare le scale, arrivato alla porta la aprivo e immediatamente la richiudevo.
Andando via non avevo sentito il profumo che adesso invece trovavo, percorso il corridoio svoltavo a sinistra ed ancora per entrare in cucina. Trovavo mia nonna ai fornelli, altre volte al lavandino, o chinata a cercare qualcosa nel frigo. Sentendomi arrivare si voltava e quel sorriso riempiva le mie mattinate d' Estate.
Il mio cuore era caldo come il pane che le avevo poggiato sul tavolo. La felicità, l' affetto ed un segreto. Non le ho detto mai che quando ero fuori dal forno la vedevo affacciata al balcone a controllare che non avessi problemi. Questo suo avere cura di me in modo silenzioso mi lusingava, essere suo nipote mi lusingava. Io la abbracciavo e lei restava in silenzio, poi tornavo a giocare seduto in salone, ma pensando ai suoi occhioni scuri lucidi come l' ardesia percorsa dall' acqua.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

24/11/14

Interior.



   Esiste un angolo di me in cui sono solo. E' un angolo dove quaderni di mille pagine vengono scritti da pensieri fugaci e considerazioni che si estinguono mentre nascono. Una parte che naviga distante da tutto quanto il resto, ma che non chiamo inconscio perché assolutamente razionale. In questo angolo possiedo e manovro le mie sensazioni elaborandole così come vengono e non abbandonandole alle maschere che l' ovvio impone. Appare come una baita in un bosco isolato ove si apre una radura, ed il calore di un camino scalda, ed il tepore di un pensiero abbraccia.
Un insieme di istanti, gelidi e bollenti, dove lo specchio dei pensieri si immerge nell' oblio del disordine, riuscendo a riflettere elettricità di sentimenti mescolate a colpi meccanici di sogni rapiti altrove. Candida corre la linea delle sinapsi sulla scossa e ondeggia, fino a fremere danzante ed elastica sugli aspetti volitivi di ciò che non riesco a riconoscere se non percependolo come istante di emozione. Una spirale di gradini si erge di fronte agli occhi quando sono chiusi e le crepe sbriciolano, mentre il passo delle idee avanza e sale una vetta di nulla con un volume vuoto di spazi e profonda luce.
Fossili volontà, desueta rabbia, vivono in me nei movimenti immediati che immagino. Ringhiano riflessioni, mordono errori di comprensione, fino a schiarirsi in una supernova esplosa e detonante che saggia un terreno che non esiste in un tempo andato già via. Vedo l' uscita da quell' istante in un sipario che si chiude nella mia mente che si spegne.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

19/11/14

A chi giova?



     Questa sera sto guardando l' incontro di Calcio Italia-Albania. Si sta giocando allo stadio di Marassi, a Genova. Ad una prima occhiata ho subito notato qualcosa di anomalo, poi col passare dei minuti, ho preso coscienza di quanto non credevo di poter vedere. Uno stadio in una città italiana di 600.000 abitanti circa, quasi interamente occupato dai tifosi della squadra ospite.
Sono stato per molti anni un assiduo frequentatore dei catini di tutta Italia, oggi seguo la mia squadra solo nelle partite all' estero, ma ho una certa esperienza per quel che riguarda dinamiche che riguardano il Calcio e le sue molteplici sfaccettature. Se avesse riguardato una squadra di club avrei anche potuto capire una situazione del genere, e l' avrei compresa anche se avesse riguardato due squadre nazionali con un divario di tradizione calcistica abbastanza marcato, ma quello cui assisto questa sera ha davvero dell' incredibile, e allora lo interpreto secondo il mio punto di vista.

L' Italia ha una tradizione di Calcio invidiabile dalla maggior parte dei Paesi di tutto il mondo. Per la verità le squadre che possono vantare una storia ed un palmares simili a quello italiano si contano sulle dita di una mano. Per questo motivo quanto sta succedendo ritengo sia davvero un' anomalia, soprattutto in virtù del fatto che stiamo incontrando si, un Paese molto vicino (appena dall' altra parte dell' Adriatico), ma con una tradizione calcistica pari quasi a zero. Dico questo ovviamente con il massimo del rispetto, ma e' innegabile che per decenni, affrontare l' Albania per l' Italia, ha spesso voluto dire incontrare una squadra di quelle cuscinetto, come il Lussemburgo, le Isole Far Oer o la Finlandia, insomma il classico compitino per marcare la presenza.
L' analisi di questo "evento", va pertanto fatta ricercando altre motivazioni, di carattere culturale o che so, sociologico, con una evidente attenzione al particolare periodo storico che la nostra Nazione sta vivendo.

Si gioca a Genova, città che proprio nelle ultime settimane e' stata sotto l' occhio di un "ciclone". La popolazione ligure e' ovviamente provata da quanto sta patendo dal punto di vista climatico. Il disastro idrogeologico accaduto ed in svolgimento avrà senza dubbio spostato l' attenzione dei cittadini su cose molto più importanti, serie, piuttosto che su una partita di Calcio. E' ragionevole pensare che possa essere per questo, ma sinceramente credo che non si tratti soltanto di questo.

Per come la vedo io, dentro questa partita ci sono tutta una serie di fattori che possono spiegare lo straordinario disequilibrio fra presenze italiane (di casa) e presenze albanesi (ospiti). In questo momento storico, tutti noi cittadini italiani siamo "offesi" dal comportamento e dall' immobilismo delle nostre Istituzioni. Assistiamo quotidianamente a tavoli di lavoro, meetings, brunchs, salotti televisivi, di questo o quel politico che in maniera metodica fanno ospitate a destra e a sinistra, in lungo ed in largo, su tutte le reti TV, private o pubbliche, nazionali o locali. Ma un politico non dovrebbe fare la politica invece che raccontarla con dedizione quasi ossessiva? La capacità di un politico e' fuori discussione, ma l' impegno e' fondamentale, e come fa un politico ad impegnarsi se me lo ritrovo sempre tirato per la camicia dalla Rai o da Mediaset, da SKY o da MTV, o La7? Più che una tribuna politica sembra di volta in volta uno spot autocelebrativo per dire a noi quante cose sa ma senza farle. E poi esiste l' aspetto ciclicità, come se determinati esponenti di partito andassero di moda a periodi. Perché?
Perché Veltroni mi fa danni per 8 anni a Roma e poi sparisce per 2 per poi ricomparire in qualche presidenza di Ente o Commissione? E così Gasparri, e Prodi...che fine ha fatto Visco? E Padoa Schioppa? Dov' e' Scajola? Li mettono tutti a riposo. Come se ci fosse una mente superiore che definisce i ruoli di questi signori per poi farli sparire e ricomparire, sulla base delle esigenze del momento.
Poi ci sono le poltrone, le cariche, i doppi incarichi? Io non riesco a fare bene il mio di lavoro, per la verità dall' impegno modesto rispetto alla conduzione di cose della Pubblica Amministrazione. Come fanno questi signori a fare bene un lavoro così complesso e di responsabilità, avendo più cariche, qualche presidenza e qualche vicepresidenza, incarichi in Italia ed a Bruxelles, come?
Ovvio, non possono farlo! Non e' possibile essere impiegato come Senatore della Repubblica a curare gli interessi di una regione italiana e poi recarsi a Bruxelles al tempo stesso per incarichi comunitari, non si può. Le loro giornate dovrebbero essere di 50 ore e non di 24, senza considerare il fattore stanchezza.

La metafora di quanto sta accadendo in Italia insomma, sta tutta dentro questa partita di Calcio. Da una parte le problematiche relative all' immigrazione selvaggia, ad esempio, che ci stanno facendo sentire ospiti a casa nostra, con notizie oramai quotidiane che raccontano di aggressioni, scippi, rapine, non rispetto delle regole, menefreghismo, delinquenza, da parte di tanti immigrati irregolari presenti sul nostro suolo. Dall' altra la compiacenza dei nostri governatori fa si che stia venendo meno anche la fiducia nei confronti di chi ci organizza le cose. E c' e' da dire che di persone che delinquono ne abbiamo già abbastanza da par nostro.
Si ha spesso la sensazione di dover pagare per forza per ricevere in contropartita tutta una serie di servizi che in realtà non vengono mai dati. In ultimo, ma non per importanza, la totale inadeguatezza delle persone cui abbiamo deciso di demandare l' organizzazione dello Stato, dal Parlamento all' ultimo degli enti locali, fa si che spesso ciò che paghiamo venga concentrato per supportare aree di individui che sono i medesimi che ci creano problemi. Sfociamo quindi in una pericolosissima guerra fra poveri, dove l' unica legge che esiste e' quella del più forte (o del più numeroso).
Poi c' e' la comunicazione, con tutti quei colletti bianchi di YES MEN pronti ad eseguire ordini e a raccontare cose cui non credono non solo loro, ma nemmeno gli dice di dirle. E' sparita la cronaca, e con essa la veridicità della notizia, ed e' partito il festival dell' interpretazione. Oggi il giornalista fa opinione, non cronaca (con buona pace di Thierry Meyssan, Ilaria Alpi ed altri 1000 coraggiosi e più che hanno scelto e stanno scegliendo di non scendere a patti nella loro professione).
E ci sono le banche. Per un euro di ricchezza reale creata, il volume del danaro che gira e che deve fruttare e' pari a dodici volte quell' euro. Come si può remunerare? Ovvio, indebitamento degli Stati, cravatta delle banche ai singoli Paesi ed impossibilità di emettere moneta. Così si e' costretti all' indebitamento verso la BCE (dev' essere un gioco inventato dalla Federal Reserve negli U.S.A., gran bella imbeccata, soprattutto se si considera che e' privata...).
E' il turno dei farmaci, delle malattie, della gente che si ammala e non guarisce e delle industrie farmaceutiche, ma forse dovrei cambiare l' ordine.
L' ebola e' di attualità, una F.E.V. ( febbre emorragica virale), degenerazione di qualcosa di simile all' Antrace ( che la CIA negli anni '50 rilasciava in valigette sotto le metropolitane di città di media grandezza americane per vedere che effetto avevano sulla popolazione...). Non vorrei mai pensare che l' ebola, come la suina, o l' aviaria, o... venga utilizzato per tenere sotto scacco i vari sistemi sanitari nazionali che devono stanziare somme di danaro per le "emergenze" e far confluire queste somme verso le casse delle industrie farmaceutiche che detengono i vaccini ( chi ha il brevetto?). Anche perché dopo arriva il Lassa, il prossimo, che dicono sarà perfino peggio dell' Ebola.

E' curioso, perché come nei farmaceutici, capita spesso anche in alcune guerre lo stesso sistema...
Qualcuno fa una guerra a qualcun' altro sulla base di un qualcosa. Oggi non si uccidono i nemici, si feriscono. Così lo Stato sotto attacco (di una guerra di pace...s' intende), sposta l' attenzione sui suoi feriti distogliendolo dal rispondere in campo bellico, concentrandosi su quello sanitario. Esistono le armi LL (Less Letal), che ironia della sorte significa meno letali. Non ti uccidono, ti provocano orribili mutilazioni che si debbono curare, gli ospedali si riempiono e via...la guerra di pace e' spesso "lampo". Quando il nemico insiste al limite c'e' il fosforo bianco, vietato dalla convenzione di Ginevra sulle regole di ingaggio in battaglia...ma tant' e'.

Poi controllo, controllo, controllo ed ancora controllo. Esasperatamente controllo, con telecamere, ed ove non con telecamere con intelligence, e con le tessere. La tessera della banca, il primo di tutti i mali, non soldi, ma un paniere di soldi. Poi la tessera dell' autostrada, e la tessera della benzina. Dove vai e quanta strada fai quando te ne vai... Poi la tessera del supermercato, per controllare cosa mangi...e poi la tessera del tifoso, per controllare come passi il tempo libero, e chissà quante altre tessere, che vediamo, e che non vediamo. Italia-Albania, tutto lo stadio e' rosso ed ha l' aquila bicefala.

Salto le farneticazioni ascoltate sul clima, sull' H.A.A.R.P., sulle scie degli aerei e sulle polveri d' argento e sulle nuove tecnologie prossimamente in uso ai militari U.S.A.(ma poi anche in Europa) come dissuasore su psiche durante manifestazioni in caso di tumulti.
Tutto questo e' Italia-Albania per noi, come anche altri Stati hanno già avuto il loro Italia-Albania, e se non lo hanno avuto lo stanno per avere.

Il problema che rimane e balla, secondo me, e' in una domanda, la solita, che oramai come un' ossessione mi pongo ogni qualvolta che io mi relazioni a fatti relativi alla pubblica amministrazione: "a chi giova?"

Per quanto riguarda la nostra Italia sarà mica che ci vogliono così, disgregati e litigiosi, gli uni contro gli altri?
Del resto, anche Caio Giulio Cesare affermava: "dividi et impera". Hanno fatto la sinistra e hanno fatto la destra. Ci hanno dato una sinistra più estremista per chi si doveva fare il nodo allo stomaco per votare un "compagno" che governava con Letta o con Monti, ma anche con Buttiglione e tutta la masnada di ex DC. Poi ci hanno dato una destra poco più radicale, dove potevano confluire i voti di chi non voleva che i suoi voti andassero ai Casini vari piuttosto che ai Publio Fiori o agli Antonio Martino ( quello per capirci del "si campa bene con 1000 euro al mese a nucleo familiare..."), dove quindi, la DC ce l' hanno messa proprio dentro.
In un quadro del genere una piccola percentuale di cittadini definiti pazzi a prendere denunce e a spaccare piazze per gridare in qualche modo il proprio disagio a questi signori, senza rendersi conto di essere essi stessi carburante da inserire nel serbatoio di questa grande macchina.
Allora Italia-Albania. Una sera in cui i cittadini lasciano solo lo Stato, simbolicamente passando per una partita di Calcio. Dove ad essere lasciato solo e' il Calcio, con una Nazionale che nessuno vuole, perché non e' della gente ma della FIGC. Dove ad essere lasciate sole sono le Istituzioni di tutta la Liguria, gente che parla anche stasera alla TV ed ha morti sulla coscienza da rispettare col silenzio e qualche lacrima invece che con le consuete parole vuote ricche di propaganda e nullità. Dove ad essere lasciato solo e' il sindaco di Carrara, e tutta la sua giunta. Carrara fa autogestione, questo e' l' elemento nuovo, perché demandare ad altri se possiamo fare tutto tutti insieme? E allora non andiamo allo stadio a Tor Sapienza, dove una periferia abbandonata a se stessa urla la sua voglia di libertà tacciandola di essere razzista,. Abbandoniamo il sindaco Marino, inutile carica per una città di cui non conosce nemmeno i problemi più atavici. Lasciamoli soli tutti, votando per tutto ciò che non sia "loro", e riprendiamoci ciò che e' nostro, lo Stato, prendendo spunto da quanto sbagliato o non fatto. Riprendiamolo insieme, senza destra, senza sinistra, senza ricchi, ne poveri, ne uomini, ne donne, ne giovani, ne anziani. Il nostro voto vale uno, la nostra protesta vale uno, la nostra mente vale uno.Abbandoniamoci tutti insieme ad una nuova partecipazione cui non siamo più abituati, svegliandoci da questa narcosi indotta per non farci ragionare. Seppelliamo le regole decise da questi criminali in doppiopetto, e dei loro amici, e degli amici degli amici, ma votiamo, votiamo tutti, perché il voto e' davvero l' ultimo grido di libertà che ci rimane, come dei cittadini di Tor Sapienza, come quelli di Carrara, come quelle urla che ci sono state in tutta la Liguria ed in Piemonte, o in Lombardia, o a Venezia. Ricominciamo ad urlare la nostra libertà, quell' urlare che i governatori non ascoltano, quell' urlare che questa sera li a Marassi... NON C' E' STATO.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved






18/11/14

Confine.




        Corri, corri bambino mio, corri fino a sfiorare il vento, e che lo stesso vento ti abbracci e ti sollevi cullandoti in un vortice ove ritrovar te stesso.
Corri, e ancora corri, fino a farti mancare il fiato, dove la fronte si imperli di sudore ghiaccio e dove il polmone esploda in bolle dense di velluto.
Friabile e' l' emozione che si cela, nebuloso sintomo di razionalità, affidati all' istinto senza avere alcuna remora, sfida il tuo limite e combattilo con la tua dignità.
Null' altro può porsi fra te e te stesso, niente e nessuno incide sulla tua anima, purché tu non lo conceda, purché tu non lo voglia, ove possibile esamina.
Sapida mano scorre sulla riva di una spiaggia, confine e stesso limite di due elementi, corri bambino, corri come il vento, e sfida anche lo iodio che respiri, serra i denti.
Prendi e sorpassa quelle onde, le stesse di cui tu sei padrone, scuoti col tuo passaggio, e le tue impronte, le tue orme diventino polmone.
Grani di sabbia si alzano e rispettosi poi si poggiano mentre la schiuma frigge e si ritira, per poi tornare intensa e rumorosa a rimirar quello che lasci sulla riva.
Sognala come la prendi la tua vita, e vivila, tocca ogni istante di te e distruggi per ricreare, inciampa e cadi, fatti male e poi rialza, fino a far tutto per tornare.
Aliti ovunque come pianeti ed orbite si avvolgono e si liberano tutti intorno, sposta i tuoi capelli e i tuoi pensieri finché i sensi più nascosti affiorino, e come uccelli che osservi in uno stormo.
Fino a che ciò che sogni sia tangibile e l' energia di ciò che sogni tu la possa prendere.
Conquista te stesso attraverso le tue idee, fai di esse dogmi e regole per come interpreti il tuo tempo. Apri le braccia come quegli uccelli, torna ad accarezzare ancora spazio e vento.
Magiche scintille luminose irradiano i tuoi auspici, corri bambino, corri, corri e rendili felici.
Ti solleva il desiderio, è percezione, è cosa tu possiedi, cercalo in quel che non trovi e salvalo da quello che non vedi.
Il pontile della vita e' sempre pieno di foschia, la nebbia bassa di un lago stanco e una panchina umida i tuoi occhi porta via.
Solleva le tue gambe come fossero astronavi e lanciati in un destino universo e viaggia fino a prenderne le chiavi.
Sii sempre tu a decidere se fiorire o camminare sulle cose, ponendo sempre l' attenzione però sull' importanza della prospettiva, come rose.
Corri, bambino, corri, senza fermarti mai, la vita e' un dono troppo ricco per sedersi e osservarlo mentre passa via per giungere ad altre rive ed altri mari.
La barca aspetta al molo dei pensieri, non solca mari o laghi ma gratta sulle rocce e sulle nevi.
Alberi di foglie arancio e vegetazione incontra le tue giornate, come le mie che sono adesso, come le mie che sono state.
Arrangia un pò di musica con il tuo corpo, purché tu ascolti il vento, il sole sorto.
Nutre la nuova luce di quell' alba, tutto illumina come le gocce di rugiada, umidi i prati, umide le piante, pretendi la tua mente, salva.
Non c' e' spazio per noie e rimpianto, corri bambino, corri, veglio il tuo pianto.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved



09/11/14

Volumi.




    La notte ascolta e la notte è colpa, mentre io resto qui di fronte a questo schermo volendo dare forma ai miei pensieri. Come rondini le lettere mi volano nella mente, per la verità immaginandole alcune volte e temo possano uscire ed andarsene via. Ma come vespe ronzano, ed il sibilo noioso non mi abbandona tant' è che sospetto che siano loro a seguire me e non io ad accompagnare loro. Beffarda sorte per chi vuole raccontarsi. Beffardo il disegno di chi col favore del buio mi dipinge su carta più spesso ed altre volte su una pigra tastiera di battute ritmate e parole comparse mi appare.
Vuoto il sacco su quello che sento, in maniera irregolare e forse monotona, ma ciò che del comunicare mi affascina è più la forma delle parole e delle lettere, arrivare ad esplorare la punteggiatura e gli spazi. Vedo scivolare via concetti come un pneumatico circola mangiando lingue d' asfalto, cosparse, di tanto in tanto, di pozze d' acqua che nutrono e rinfrescano dalla bolgia che ne fuoriesce. Una colata di termini sufficientemente densa e calda che via via si va costruendo per divenire roccia e raffreddare, dentro la quale altri termini lava incandescente riscaldano ed aprono vie fino a far diventare grotte ciò che prima si era raffreddato pietra. Quel vapore, quel fumo, grigio, bianco, grigio e bianco, gli schizzi dell' acqua trascorsa; e le nuvole cupe nel cielo, ispessite dal fumo che sale e minacciose si gonfiano fino ad esplodere pioggia.
Eccola lei che raffredda e precipita regolare su ogni terreno. Aiutata dal vento maestoso e solerte arriva come i veri contenuti di una pagina o di un capitolo, raccontati e fatti immaginare come piccole parti di un tutto che confluisce in un rio di altri pensieri mentre inizia a scendere a valle. Così le altre pagine, in piccole drenate nel terreno, blocchi e altre pozze, che più forti di ogni barriera altre pagine mescolano dando un senso d' insieme che altro rio giunge ad essere fiume.
Ripida è la discesa dal monte, lontano è ancora il senso compiuto di ogni periodo di quel contesto. Aggiungi altra pioggia all' impeto di un fiume che si sta rigonfiando, sognalo quel fiume, ed ascolta. L' espressione della natura da la risposta a domande che nemmeno mi sono posto. Con buona pace di un eccesso di cemento, quando il fiume giunge all' epilogo del suo viaggio da nube che era, tutto il resto si collega come un' operazione perfetta che, per quanto aggrovigliata e confusa, raccoglie una mescola di quelle rondini che volano, mentre cominciano a tacere i ronzii fino alla prossima volta che vorranno accompagnare. Mura di cinta, contenimento, nulla serve ahimè, per questo genere di caduta. Una "L" oppure una "D" possono più di un intero mare, consonanti e vocali allagano intere zone di me fino a farmi spalare del fango. Sporco rimedio al problema che non ha rimedio, e altra pagina volta e altra virgola o punto.
Tremano i pensieri alla sola idea di recintarli. Depositati su una valle di pagine, neri, allagano di caratteri interi libri, interi quaderni riempiti di vile inchiostro, sagome di congetture e ripetute grida di aiuto ad una copertina che non è custodia, men che meno confine. Esplodono parole e pensieri da quel libro, che sia romanzo o aforismi, tumulto dell' anima e sogno di un angolo quieto, sbatte e si dimena come sollevato da un vortice muto, alitando al vento ed al cielo tutto quello che dal vento e dal cielo è disceso pian piano costruendo quel che altri possono chiamare racconto.
Un percorso, fuori ed in me. Tutto è esondare, tutto è uscire dagli argini. Se ci fosse sufficiente distanza, dell' equilibrio e la consapevolezza di volerne esplorare il volume, molte persone, molte cose, sarebbero salve, dentro e fuori di loro. Cosa importa la copertina se il contenuto è sontuoso? Cosa importa al tatto la superficie se gli occhi ed il cuore ne possono gioire attraversandolo? La direzione sarà l' essenza ed il piacere, l' amore sarà possedere quelle pagine ingiallite, e pazienza se la storia sarà ormai lontana o riguardante un altro tempo, pensiero viaggia su tutto quanto quello che è riuscito a smuovere altro pensiero al punto da comporla. Volume alla superficie, scorrere all' esondare, programmare al rimediare. Le soluzioni sono tutte di fronte ai nostri occhi, il problema è: " siamo davvero in grado di vedere?". Un libro, soprattutto quando buono, è molto più di un' insieme di pagine rilegate confinate in una copertina. Aiuta spesso a scoprire dietro quale pagina fuligginosa abbiamo deciso di parcheggiare i nostri veri occhi.

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01/11/14

Le colpe di Stefano.



     Esiste un posto dove le anime sono felici. Dove le disuguaglianze non esistono e le disparità sono bandite. Vola lieve l' anima tua che vaga oramai nell' infinito. Le ferite sono guarite ed i lividi passati, come i tuoi sbagli. La livrea dolce ti appartiene mentre un vento di giustizia dondola e il sensibile interesse culla su nuvole di zucchero e di foglie. Le mani assassine dei tuoi aguzzini sono recise di netto, mentre l' inferno non li aspetta e ad essere puntate sono le loro proli, pericolose ed inconsapevoli come i viscidi intenti di chi si adoperò per farti andare via. Non colpe, difatti non punite, ma suoni. Quei rumori di calci, di grida e di pugni che giungono lontani, dentro quel nuovo sogno sono muti. Più nulla possono al cospetto tuo che sei nel regno dei giusti e dei corretti. Diverse anime ha l' errore, e diverse facce ha colui che poi lo giudica. L' insolenza e la vergogna invece hanno un volto soltanto, le solite espressioni labiali di una sentenza mossa da altri fili, alla quale possono essere mutate espressioni e toni, sguardi e raccapriccio, ma mai quel contenuto squallido e colpevole di chi tacitamente la sostiene, men che meno di chi affonda il suo rimorso per profanare la giustizia mentre legge. Anche i tuoi sbagli erano tali, forse la tua strada ti stava portando verso quel destino, ma chi decide cosa il destino deve fare e quali sorti debba avere per chi commette degli errori?
Un uomo nuovo, quello che sei ovunque tu sia. Cammini, ma molto spesso fluttui, rimani sospeso osservando la mediocrità che ti ha condannato alla gioia, la stessa mediocrità che ha salvato dal destino tutti quelli che si sono adoperati affinché il tuo trovasse la sua fine. Epilogo denso di rammarico e senza responso, dove l' imbarazzo deve essere di tutti e diventare forza per isolare chi sceglie. Nell' occhio lontano e luminoso sempre le nostre scelte, diffamanti, complici, puntando il dito senza porgere la mano, accettando passivamente che qualcosa sia deciso da qualcuno senza appartenerci. Possiamo nulla se non lo vogliamo. Fin tanto che saremo questa specie che si disinteressa quando le cose non riguardano, non cambierà nulla.
Potevi essere salvo, potevo essere salvo. La responsabilità di una sentenza cade sopra tutti noi e sulla nostra noncuranza. Anche colpa mia, per le mie scelte, di tutti. A farne le spese la tua famiglia, che dietro allo straordinario coraggio di tua sorella si sostiene. A farne le spese il tempo che adesso non dovranno più investire, almeno per tutelare la tua dignità quando non più la tua vita. Avranno altro tempo, file di attimi dove si potranno realmente raccogliere le macerie di tutto quanto successo. A farne le spese loro, nei momenti vuoti e senza più combattere, e tutti noi, colpevoli di disinteresse ed apatia. Ma a farne le spese soprattutto quel ghigno sorridente di tutti quei maiali che guardandosi allo specchio la mattina penseranno: "l' ho scampata!".

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