23/03/15

Il monsone.




      Le cime tese, mentre il vento gonfia le vele ed il timone traccia quella scia di spuma che accompagna il bastimento. Un brigantino, un veliero a due alberi, concede pause al tempo come se quell' acqua sollevata fosse vena di una dorata lingua. Sceglie la chiglia, e taglia le onde che incontra, mentre la rotta punta dritta ad Oriente. Avidi di tempo incalzano mentre le corde tendono ed un suono stride. Le stoffe delle vele al confine di lacere pressioni ottemperano, sostenendosi sugli alberi e divelte, quasi esplose, colme di quell' aria salata gridano portando quella nave verso est.
Una navigazione solida al confine delle rotte conosciute, per controllare il mare, il tempo e il vento. Solca le onde e affonda la sua prua come una lama districandosi fra quelle onde con fendenti che ora affogano per poi risollevarsi e rimontare. Crepitii e gocciole di schiuma, mentre sugli alberi, dei marinai consultano le carte ricordandosi di quanto arriva e di quel che poi si vede.
Alle Laccadive sfiora terra ed un corallo rame ci colora i mari, passa il legno ritornando al fischio di quel vento pur sapendo che disegna traiettorie già percorse. Ed il timone poggia, il bastimento volta e la marea di vele svuota il vento per andarsi a ridirigere nel disegno di una traiettoria nuova laterale.
L' India avanza ed altra terra nuova giunge all' orizzonte piano. La carta indica e l' occhio ancora e' cieco. Circumnavigare quella nuova costa per dirigersi verso le Andamane, dove pagode e mare bianco ci attende fra scogli e isole di pietra, mentre le vele ammansiscono fra vene di pace e venti interrotti. Il mare d' India ancora ci fa ballare, dondola lo scafo come un valzer delle terre austriache, ma siamo in altro mondo ed il monsone carico di nere nubi ora ci insegue.
Pioggia alle spalle e venti feroci montano portandoci quasi sospesi verso il nostro est. Lampi e tuoni ci inseguono spezzando il cielo in due e colorandolo di un viola elettrico. Come uno sciame di rumorose vespe un cielo liquido si affaccia e ci coinvolge in un mare di burrasca che difforme si sconquassa in bolle d' acqua convesse pronte ad esplodere al contatto col veliero. Piatte nuvole cupe incutono timore mentre dei nuovi venti incalzano spingendoci alle coste. Il monsone e' oramai giunto e la navigazione muta in un possesso della nave e in un controllo che la vuole governata contro il vento e il mare gonfio di colonne d' acqua inquieta.
Scende pendii di scivoloso liquido quando per risalire poggia al mare e esplode schizzi fino a non vedere, poi ricomincia la discesa e ancora giù. Morde il mare e inghiotte per poi rivomitare lento quella prua che traccia e fugge. Claudicante ed offeso il bastimento, nel suo incedere si allinea il più possibile per evitare bassi fondali e correnti di risacca, mentre al cospetto dell' impetuoso mare può poco e al vento e al buio lentamente si abbandona. Coordina e piega in una danza, che come un carillon che e' oramai scarico si muove a intermittenza. Al suono le urla delle onde e il fruscio di quelle schiume fritte che si adagiano pian piano per poi raccogliersi e precipitare ancora. Candido istante di un immenso terrore piove addosso il cielo in uno scampolo di grigio lampo e fragoroso tuono. Sacche di iuta e corde che si grattano stridono ancora sotto i colpi dei fendenti oceanici che il monsone rigonfia. Cerco lo spazio per le stelle in cielo ma quello che vedo e' una distesa di mercurio pianeggiante dove lumi ed esplosioni di correnti si accendono di tanto in tanto per unire il mare in questo polveroso assalto di liquidi fendenti. Sono gassose culle che nell' impeto di un mare mosso si addormentano come un lenzuolo fradicio dove si ferma il tempo, e quel timone e quella prua hanno ancora il loro da fare per sorreggersi al cospetto di un' amaca d' acqua che non vuol saperne di fermarsi in una prateria nuova dove fondali calmi si rischiarano col cielo di un tramonto che va via.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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