15/01/18

Pittura.






                          Non riusciva a comprendere poi tanto di quello che gli stava succedendo. Continuava a confondersi dentro il delirio della sua città tralasciandone il suono primario che aveva la dimensione di un fischio continuo. Si abbandonava all'ascolto di tutti quei rumori frammentati che rimanevano sotto quella rumorosa traccia e che finivano inevitabilmente, in mezzo al caos dal quale cedevano singolarmente per rassomigliarsi tutti.
Si inseguivano in miliardi di pezzetti, come fossero un insieme di anime che si infrangevano sapientemente messe in fila una alla volta. Chi contava quell'enorme linea tratteggiata doveva essere davvero un gran pittore di percorsi. Disseminate su un terreno che assomigliava più al volume che alla forma, ne metteva in fila di storie, tutte differenti una dall'altra, mentre le sapienti mani dell'abitudine avevano dipinte e messe intorno, penzolanti, in tutto quel groviglio di piccoli nulla che concentrici si scheggiavano velocemente andandosi ad urtare così forte da stridere fra loro.
In tutto questo sincopato mondo altri silenzi ed altre lettere dettate in tempi non sincronizzati facevano di un tutto non conforme quella tavola che riesumava ogni tonalità e che ne diffondeva anche di nuove in una sagoma di vuoto sordo rinnovata. Non esisteva un ordine, né tanto meno era dato a chi poteva percepirne il denso suono di cercarlo. Si finiva per isolare il tutto da tutto il resto, pensando di poter comprendere almeno quegli spiccioli di sana e distante follia da un mondo che echeggiava noia e lacrime da tutte le ovvietà e le cose immobili.
Sapide terrene mete, di bocche asciutte e rinnovati intenti gli sguardi sono pieni, ma in tutte le fragilità rotte da pile di lastre di alluminio luccicante e ermetico, serpeggiava ancora quel noioso sibilo che tutto insieme rendeva un caotico intenso rumore. Privilegio il riflettere per poi fermarsi ad assaggiare le emozioni, rotte a loro volta dal tempo andato via e da quello giunto, dilatavano i pensieri adoperando menti elettriche per calcolare e generare altre pressioni e intensità. Simmetrie di impulsi e predisposta carne votata al sacrificio al fine di comprendere quello che non è dato, di scuoterne il confine e misurare in sensazioni quanto manca all'assoluto per accendere quel fuoco che rimane. Rompe all'orizzonte come rompe dentro. Mescola in un solo tema cielo e fondo. Schiude un'altra volta ancora l'uovo di fenice che riaffiora alla vita dopo che morente e spento si è lasciato andare a quella selva di colori incolti.

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