30/07/15

Tracce nel tempo.




          Quiete regalata dalle placide montagne dell' Appennino, dove le giornate sono tutte uguali eppure tutte molto diverse agli occhi di chi le sa scrutare. Ore che passano cambiando la luce, mentre le stagioni, come la nota intonata di un diapason scoccano e segnano il tempo attraverso i colori della vegetazione, quando non c' e' la neve a rendere tutto in tono col cielo in uno straordinario equilibrio cromatico di pace e contemplazione. L' idea di un cielo così vicino da guardare, mentre la strada in salita diviene metafora.
 Perdersi con gli occhi fra i boschi, le radure ed i prati. Le pendici del Terminillo sono lì, come i Monti della Laga, e più lontano il Gran Sasso d' Italia. Un promontorio sull' alta valle del Velino, dove i rigagnoli che piovono dalle vette vanno ad incontrarsi per aggregare le fredde acque del fiume.
Nulla di quel che si vede riporta al caos, niente. La laconica calma di questi spazi sollevano al ripetersi armonico delle stesse operazioni di una quotidianità ripetuta. Quasi ci si può perdere in questo disco interrotto del tempo, del quale si trova la traccia ma non se ne apprezza spesso l' esclusivo pregio.
Come uno scrigno ed una musica di un carillon che suona, mentre le nuvole mosse dal vento passeggiano via. Supino su un prato le osservo, d' un tratto l' orizzonte dei monti delimita il confine come fossi su un dondolo che mi rilassa.
Le ricchezze terrene e ciò che si e' perso, vera bilancia di un patrimonio tangibile ed intangibile. Il bene più grande alberga nelle radici, nella famiglia, nelle amicizie. Un' infanzia ed un condividere che sa di ancestrale, come ancestrale e' la storia recondita di queste valli, di questa terra, dove nei tempi oscuri lanterne illuminavano stazioni di posta per viandanti e cavalieri. Ricoveri per cavalli e dispacci da consegnare si mescolavano a feroci contese, a violente battaglie, prima per gli angioini, poi contro gli aragonesi, fino a giungere nel giovane '500 sotto l' egida di S.A.R. Margherita d' Austria.
Nell' ala buia del tempo gli insegnamenti degli amanuensi si sono conservati grazie ai conventi ed agli eremi, diffusi nella zona come tanti alveari di sapere nascosti. Patrimonio storico e didattico, ma anche culla di esperienze terrene e rapporto vincolante con le terre alte di questi monti della catena degli Appennini fra Lazio ed Abruzzo.
Candida rugiada al risvegliarsi del giorno nelle mattine invernali, così come esempio di aggregazione e ritrovo nelle lunghe serate estive alla luce di un fuoco. L' aurora segna il confine fra la nera notte ed il risveglio dei contadini, mentre come fauni nei boschi, ed elfi, e ninfe, brulicano fra la boscaglia e i ruscelli tutte quelle creature che di queste montagne sono i veri padroni.
La bellezza e' nelle cose semplici, i dettami di una cultura passano da canoni ed usi che si ripetono da secoli in consuetudini quasi ossessive, mentre in un tratto di fredda corrente anche il vento festeggia l' esistenza di un agnello che nasce e di un cardo montano reciso per svegliare di nuovo un amore.
Masserie e abitazioni, cumignoli e fumo. Un buon bicchiere di vino accompagna la tavola, dove i commensali sorridono e cantano. Al cospetto di tanta "familia", un' anziana signora che tiene il nipote fra le sue braccia e' il simbolo di un passaggio del testimone che si rinnova nel medesimo sangue che continua a pulsare.
La osservo, e nei suoi occhi racchiude il senso di tutta una vita attraversata in punta di piedi.


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22/07/15

Non c' e' una prossima vita.




        Con quegli occhi ancora lividi di pianto lo guardava andare via. La delusione aveva avuto il sopravvento e quando si era sentita rispondere che era troppo tardi era stato un tutt' uno ed aveva iniziato a rovesciare lacrime a dirotto senza che si potesse arrestare. Lui per la verità non aveva detto nulla, ma era rimasto ad osservarla con un' espressione severa di chi, deluso anch' egli, sembrava dirle "se solo te ne fossi accorta prima...".
Incomprensibile! Era palese che le cose non fossero andate bene fra loro. Forse la differenza di età, forse tutti gli anni trascorsi senza vedersi, avevano creato un solco fra le due personalità che per qualche tempo non aveva fatto incontrare le loro anime.
Cammini separati avevano troncato quella convergenza verso una vita fatta di pelle ed affetto, di sensualità e dolcezza, votando al silenzio e all' attesa, quella stupida attesa, i momenti che invece andavano vissuti con tutta l' intensità di cui potevano, ed avrebbero potuto davvero...
Negli occhi di entrambi lo sconforto per questa possibilità che vedevano andare via in silenzio, il rammarico e la rassegnazione, ma anche la determinazione di lui nel non voler tornare indietro.
Dopotutto lui aveva volato con lei. Mano nella mano si erano liberati in aria per accarezzare le cime e gli eremi di tutti i monti che i frati avevano raggiunto. Avevano planato sulle città nelle notti, dove loro vedevano tutto e gli altri non vedevano loro. Un miscuglio di luci esplose e regolari celle, dedali di strade luminose ed una corsa impazzita di vetture che si rincorrevano e deviavano. Erano stati fra le nuvole non riflettendo e su laghi e fiumi avevano incontrato cascate, rocce e rapide dove boschi di conifere si alternavano a freschi campi coltivati e prati.
Da parte sua, lei, soltanto adesso si accorgeva di desiderarlo ancora come lo aveva voluto un tempo. Era li di fronte a lei, e quella tenerezza e confidenza che aveva voluto ignorare erano riapparse in un istante, facendole scoprire un' altra volta il volto suo, di lui dentro di lei, come lo ricordava quando si erano incontrati per la prima volta.
Candide ammissioni e conti con se stessi. Istanti che riflettono e dove consapevolezza e tristi epiloghi nascondono quelle paure di vedere che noi tutti abbiamo. Un' altra cosa se ne va solo per il coraggio mancato di volerla vivere, e alla fine, tutto invariato, tremano le gambe perché il tempo delle scelte giunge ed in quell' attimo la massima miopia possibile rende le cose piccole per poi pentirsene quando lo stress provato riabbandona e ci permette di vedere nuovamente.
Se invece delle lacrime ci fosse stata una possibilità, soltanto una possibilità, di prendere l' intera vita e mescolarla insieme per crearne una nuova identità comune, oggi il lento incedere dall' altra parte si farebbe lieve abbraccio e commozione. Invece sorti avverse ed irrigidimenti hanno sfiancato quell' idea di sublime evanescente esclusiva di poter vivere in quell' alveare di emozioni, e lasciano soltanto strascichi umidi di viltà e di "non cuore" per essersi pentiti di potere adesso solamente camminare.
Nemmeno un urlo può, un grido. Stupida ultima ammissione di colpe ed esitanti tempi andati, fra gli ambigui scivoli e le vetuste volontà di tornare ad essere per un istante, quelle mani che si cingono delicatamente e sono pronte ad elevarsi.
No! Nulla può più. Se non la triste consapevolezza di una riprogrammazione di un cammino, come quando si intraprende un percorso senza uscita. A noi non resta che quel tornare indietro ai nastri di partenza in modo brusco e dove la felicità abbandonata viene usurpata dall' indegna fine. Scosse e pulsioni cedono il passo a quella delusione che e' dentro le lacrime di lei. Gioie sono assenti e tristi rabbie da interrogativi senza risposte si inchiodano al terreno sotto ogni suo passo mentre sta andando via.
Perché? Perché! Ancora quel gomitolo che paga dazio sciogliendosi di nuovo in tutti i suoi nodi. Il bastone picchia la pietra e non c' e' spazio per molli reazioni o per inquieti tentativi inutili. Colpisce, e lacera, mentre il cuore muore ancora un altro pò, mentre il tempo si cestina ancora sotto scelte idiote e prese di coscienza troppo tardive.
Via da questa scena, via da questa vita. Avvolge il nastro per riadattare un gusto nuovo alla sua musica. Crolla il senso delle giornate trascorse e se ne deve avere di nuovo per dare un senso al tempo che ci arriva. Forse un figlio e' una scelta vigliacca, forse quel dono consumato assapora il gusto lacero di un fallimento nuovo. Non ha colpe in una nuova vita che nasce per i limiti di un pensiero oramai morto, e non occorre per fuggire da lui trovare lui in un' altro cui dovrà consegnare tutte le sue titubanze e le tristi ammissioni di aver compreso poco di una vita che al momento sembra solamente attraversata.
Siamo ospiti. Ospiti nel grembo, ospiti nella vita, ospiti nella bara. Esiste davvero un' idea di cos' e' il vivere? Un viaggio singolare fra le emozioni, le compagnie e la condivisione di chi abbiamo accanto, ma come una fotografia che non si scatta, se non c' e' qualcosa di concreto a suggellare quell' istante non significa che quell' istante non sia stato mai vissuto. Quanti istanti abbiamo perso...Carpirli, per poi lasciarli andare via, e pazienza se anche loro vanno via di schiena.   




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21/07/15

Azerbaijan: L' anima dei nobili guardiani del fuoco sacro.




        Lingue di fuoco dal terreno come esplodesse il nucleo della Terra ridonandoci quell' ardere che abbiamo perso. I guardiani di quella fiamma hanno appreso nei secoli il rapporto simbiotico che c' e' fra gli elementi e quella mescola perfetta, dove tutto brilla ed esplode come rabbia e come amore.
Le acque piovane, quando non e' neve, discendono dalle montagne concentrandosi sui letti che le aspettano. Laghi dove qualche pescatore rinnova quotidianamente la sua sfida, e dove cerca di portare via qualcosa per imbandire tavola e rendere più ricca la giornata grazie alla Natura.
Tutto e' rigoglioso, tutto e' arido. Microclimi distinti in un clima comune fatto di umidore e sole, che viene quasi da pensare che gli Dei egizi venissero da Est in quelle lande, perché di questo Oriente si percepisce nitida la sensazione della Finis Terrae, dove tutto termina, ma da dove tutto ha avuto anche già inizio. Si ricompone grazie allo stesso Fuoco che da questa terra  si diffonde. Ascolta, riflette, e come liquido amniotico a un bambino culla, nutre e protegge. Mari e sviluppo, sentieri e pastori, segno di un tempo che come il fuoco si dilata e perde importanza, attraversando però, nella realtà, la trasversale linfa della vita dai tempi andati a tutto il divenire, e riecheggiando prepotente riappropriandosi del suo ruolo primario fra le fate dei boschi, le ninfe, i racconti fantasiosi dei bambini e le epiche scene tramandate dagli anziani.
Il buio ed il fuoco sono ricordi, fievoli lumi dispersi nelle notti dove gli occhi brillano. Contemplazioni di scie e silenzio fra le radure e la boscaglia densa di evanescenti tenui vite. Ascolto il respiro del fuoco, voragine e fumo, e nell' esatto istante mi perdo in un quadro di modernità, ostentata e ricca, dove flussi intermittenti di luci colpiscono le torri di specchi e riflettono anch' esse riportandomi a quella fiamma primigenia. Come quel buio che accompagna, così l' impeto di una luce che sa di risveglio costruisce in me l' idea del confine del tempo, tagliando fuori da esso il concetto di spazio e concentrandosi sull' idea del ritorno.
Non più "tutto accade", o "tutto scorre", ma "tutto torna ad essere", in un panorama sempre simile e mai uguale. Perfetto nelle sue cangianti e disciplinate facce, alimentato da quella luna ritratta sulle acque placide di un lago ove si specchia, e scivolando via dai sensi come un liquido sentiero di emozioni che svaniscono per poi tornare in me. Acredine e felici scivoli si adagiano fra nubi nere di cupa litantrace. Preziosi liquidi evolvono donando quel terreno che si porge. Alimenta nuove spirali di fiamme convogliandone il calore dentro corpi di pastori che attraversano. Racconti e reminiscenze appaiono sotto forma di farfalle e pipistrelli in una amaca di suolo e vette, dove la scia di una catena separa il cielo e lo confonde con le nuvole e la neve. Lo stesso limite e' orizzonte in quel salato mare, dove le fiamme e specchi ciondolano fra gli edifici impegnandone la scena. Caratterizza un senso epico donandolo a questa modernità, ma mai dimenticando cosa avviene dentro le persone quando e' il fuoco che si dona a noi quel tanto che ci occorre, e dove andarlo a prendere. L' aria del monte, il fuoco perpetuo. Sogno dei guardiani e dei pastori. Intimo respiro di una sfera di calore fuso che attira a se per poi tornare a dare. Fregio e stella, rigorosa Luna ascolta, e doverosamente crea fra gli aghi di una vecchia che rammenda ed il suo sguardo placido di chi ha vissuto troppo per non raccontare.


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20/07/15

Lo spiazzo e le fiamme.




       Cuori come coriandoli, difesi dalla premura e coperti dal vento che li spazza via. Anime inquiete e civiltà erranti al cospetto di un' ombroso spiazzo dove l' intimo ricordo alberga fra le dune sabbiose di un andato che ritorna lento. Folate di sensazioni e nuovi impeti si avviluppano fra quella landa piatta di emotiva riflessione e quegli alberi che fanno da contorno, dove tutte le intensità di un recondito che sovrasta si presentano per farci il conto.
Scenario di rara bellezza la vita, dove il silenzio spesso urla fino a danneggiare le corde vocali di uno sfregio rimasto lì, a puntualizzare su tutto ciò che e' andato e cosa no. Ripide scoscese immagini attraversano memorie pigre come in un tomo attraversato da raffiche di vento che sfogliano alla velocità di un istante per mettere in fila quello che ritorna e renderlo pertinente con ciò che non esiste più.
I soliti frammenti, ancora una volta appiattiti e spezzettati come sassi levigati di fiume, dove la corrente incide sulla forma e ne raffina i contenuti. Variazioni estetiche volte a disconoscere quell' intimo respiro che pur pulsa e gonfia il petto di un ossigeno carico di nuova linfa e nuovi scopi. Un andirivieni di creature cangianti dentro lo stesso cellophane avvolte, tutti o nessuno, in solitaria, come nel magma di una conoscenza fittizia e di gremite messi per raccolti comunque miseri. Come la corteccia di quella quercia ruvida si increspa, quel taglio della mano brucia sotto il sole e il sale in un correggere gli errori fatti sempre. Non impara ne asseconda fra le vele di una viola che sfiorisce. Petali raccolti assumono forme nuove accartocciate su un colore ispessito che presto muterà brunendo, per poi seccarsi e volar via col vento.
Amidi e fecole dal terreno intriso di colture molli. Incavi e tracce perché il nettare giunga ovunque in egual misura. Come lo spiazzo adesso e' simile a radura, così il boschivo confine lo asseconda, e in una vista criptica che lo interroga, minandolo nelle certezze false e scoraggiando l' impeto che avvolge lastricate strade di fallimenti subdoli, lo adora.
Lacrime da versare, pastelli per tingere. Odissea di vivide eloquenti sensazioni scuotono l' intera gamma di sagome e di volti dati a ogni momento, sotto i colpi inesorabili di un tempo che infierisce fra la coltre di fumo gelido respirato agli angoli di un intimo che ormai lontano ascolta senza dar risposta, come se l' oracolo ora tacesse, come se il mio cuore non lo interrogasse.
Via la fortuna e via la fulgida sensazione di vittoria, tace il piano di un connubio ancora troppo molle, in vortici avventurosi di note ormai disperse in delle accattivanti melodie.
Vergato e' il tempo, vergato e' quel silenzio. In un passaggio sordo si confessa e muore un pò, sciogliendo fra le frasi di preghiera quella stella andata via nel cielo dove il panno nero ed il sipario si discostano dall' occhio attento di un vorace inquisitore. Salgemma come fossero dei laghi, ossimoro e dune bianche, e grotte e anche miniere. Bei riflessi e lucido rischiaro, concedendo a tutti i momenti che si sono messi in coda di riflettere e cambiare come in un ostello dove polveri e clessidre si distruggono per poi ricominciare a misurare il tempo che va via.
Romanticamente ed in maniera malinconica ne faccio un vezzo ripensando al carillon di quell' estate dove io ballavo e quella ballerina col tutu mi accompagnava. Livide emozioni e vino. Cantando fra le valli di quei suoni come un pentagramma stanco scritto a terra ci da il senso di una notte avvolta al corpo di una donna che non vuole abbandonare.
Al calore ed all' odore non rinuncia, come al fuoco ed a quei brividi che affliggono la schiena e i fianchi. Lo spiazzo e' acceso di un fuoco perenne che lo incanta, ed in una fitta boscaglia mi riparo per cospargermi di quella resina di tempo andato che posso vedere e che fermandosi al vento, come pietre d' ambra mi imprigiona nell' alveo di una bolla d' aria che ha colori simili a un tramonto di una notte estiva.
Aliti come fiamme, vento come serie ed incisive voglie. Crude danze di un terreno in movimento dove l' unico riparo alla mia vita alberga in tutto ciò che io non sono. E resto li a guardare gli altri modi in cui adesso mi vedo.


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12/07/15

Anime perpendicolari.




      Come la cenere caduta da una sigaretta, vola via sul terreno mentre il vento ne frigge le ultime luci. La strada mangiata su quelle montagne ha diffuso un' aria più fresca tutta intorno ed in un quadro meno umido ho potuto riflettere meglio su quel che succede. E pazienza se quel percorso in salita ho patito più del dovuto, perché gli altri mi hanno aspettato. Fino a giungere a quel nulla dove ho potuto confrontarmi con ciò che ero mentre un vento freddo mi attraversava e dal legno intriso di liquidi evaporava spuma di vapore soffiato via.
Respirare con ordine come non accadeva da tempo, irrorando le parti nascoste e meno sfruttate di un limite spesso disperso ed accantonato fino a far giungere il buio. Uno spettacolo si e' offerto al ritorno, la strada stavolta in discesa si e' accesa come tante luci d' Inverno quando il buio favorisce le visioni notturne dei fari delle auto. Come colibrì intermittenti centinaia di lucciole hanno acceso la strada foraggiandomi e rassicurando in un tempo andato quanto del mio ritorno stavo rendendo interiore facendo qua e la qualche sosta.
Un vero consorzio di luminescente guida attraverso la lingua d' asfalto percorsa e a delimitare i tratti di prato e di alberi appena intravisti. E immagino quel parapendio che mi sostiene mentre dalla vetta plano accarezzando traiettorie oblique di lucciole e lupi ululanti. Le luci delle abitazioni appena distanti espropriano alla natura quel senso di primordio che si va perdendo nei giorni attuali. Vorrei essere li con lei, ma quel che ho, comunque mi basta. Vorrei che due aspetti della mia vita si incontrassero come mi sono incontrato io ritrovandomi con la parte di me che era persa e credevo scesa dalle rapide del fiume della vita. Invece, in un angolo dove la risacca placa la corrente, ho ritrovato il mio zaino con tutte le mie cose di una volta, e con quelle che comunque mi hanno continuato ad accompagnare avrei voluto fondere questa destinazione.
Brividi e cancelli che si aprono hanno forma di staccionate liquide ed arbusti di genziana. Nulla e nessuno mi lascia da parte alla mercé degli eventi, e se anche il freddo asciuga il sudore addosso rischiando di farmi ammalare, le persone al mio fianco mi sostengono come avrebbe fatto lei, che ignara invece si riflette in quello specchio che ora e' il lago del mio cuore.
Agita il vento e sul dorso della montagna mi cammina al fianco, e in lei, così lontana, così vicina, albergano tutte le viscere di una Estate di sorpresa e di conto che si presenta. Il razionale e l' istinto convergono nelle medesime direzioni, ma un desiderio nuovo di "assoluto" mi arrocca su eremi di solitudine dove tutte le parti scoscese e meno difficili in realtà perdono anche il minimo del senso che avevano. E quei sabot, e quelle ciabatte, ed il freddo sulle natiche di un guardrail che mi sorregge di tanto in tanto. Lo spazio per un istante di immortale, l' epico ritratto della mia vita in quattro volti che forse io dovrei tatuare. Sono lì con me come se nulla fosse, sapendo che alcuni dei miei spazi sono anche altrove. Il sostegno di un muro, di una "testudo" romana, in pochi gesti affettuosi che non fanno dimenticare quelle cose inutili che ci attraversano nel quotidiano, ma apprezzare quelle importanti che hanno un volto e le espressioni di visi. Una notte di riposo, e non e' un caso se al mattino, uscito dalla doccia, io mi affaccio e alcuni ignoti stan venendo già dalla montagna in una folle corsa che stremati li violenta. Io volo, ed il pensiero danza al ritmo di una musica che come un' ossessione mi rinchiude liberandomi.


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08/07/15

Bolero.




         Virano le note di taglio basso, lente penetrano nell' orecchio dondolando dentro i tessuti e usando l' acqua come agente e diapason, per far diffondere le note in una soave e lieve carezza di estasi. Si allunga la sensazione di percepire sulla cute il risveglio di altre conoscenze, e in una nuova sfera di emozioni pullula quel desiderio ciondolante di seguire questa musica che insegue noi.
Cresce in maniera ossessiva, come una scala a chiocciola osservata via via nello stesso punto da piani superiori, in una intensità di gesti e di curve sensoriali che diffondono e sublimi attendono per far agire il nostro corpo come cassa armonica.
Al generoso concerto partecipano via via più strumenti, che guidando l' impeto di violini, viole e contrabbasso, danno spazio ai fiati come fossero intuizioni nuove in una festa di sapori eccelsi e di cultura sfumata.
Gli aridi giardini di una percezione piatta appena sfiorati germogliano, facendo esplodere in tutti i suoi colori, la bellezza di una musica che solca brividi ed affetti verso terzi, navigando in una nenia che accompagna come fosse una danza di selvaggia raffinata voluttà.
Candide ossessive note si rincorrono rendendosi frenetiche in questa nuova schiavitù dell' anima dentro celesti sciami di solstizi ed equinozi. Rotea lo spazio e rotea il tempo, in un cerchio sempre più veloce che disperde luci come fossero scintille di un trascorso musicale che ci lascia, per poi incontrare nuove liquide movenze in un anfratto di suoni dove il conosciuto e' andato via e dei toni nuovi giungono a innaffiare le pressioni e l' intelletto.
Abbandonarsi a quei diavoli di pentagramma come fionde verso cieli di concentrica natura, sfidando il lugubre drammatico rumore e tracciando novità sonore che ci avvolgono come pellicola in un cantiere di strumenti che ci dedicano il sangue.
Mentre il suo flusso pompa e rade al suolo quel che c' era per tramutarci al tempo stesso in opere danzanti, adoperandosi in quel dimenare di fessure e filiformi effimere emozioni, e concedendosi come una mole di fanciulla che sedotta si concede ad un abbraccio fra le vuote strade di una tarda notte estiva.
Crepe e sogni, pulviscolo e frammenti. Sono destini messi a confronto cui la musica presenta un conto.
Avide malizie di un nostalgico essere in una piatta esposizione di noiose forme ed apparenze. Candide note ci abitano distruggendo il vecchio contesto per farci abbandonare a suoni remoti e appena percepiti che si montano fino a sfidare i timpani e con mnemonica sorgente sgorga fra le lacrime di un incanto che si scopre.
Antitesi del nuovo ed eco di lontane esperienze. Già so, e nel subconscio ho già vissuto queste stesse corde. Allora quel vetusto saggio che mi abita lo riconosce e me ne parla senza alzare dita. Io nella salita di uno scoglio avvolgo ancora nuove imperfezioni, ed incosciente cerco le risposte che nel saggio io non trovo. Comunicazione come limite, musica come risposta. Adiacente alla parete di universi lontani mi scrollo di dosso tutto quello che non occorre per poi riuscire a viaggiare leggero dentro al nuovo piano di consapevolezza che si stringe intorno liberandomi da quell' immobile pigiama di crepuscolo nel quale io più mi costruisco stupido.
In questa mia stupidità ritrovo raffinata educazione e la modestia antica, ed a suggello di solenne incontrastata opera antica, accarezzo la parete disgregandola come se incontro fra quell' infinito e un altro fosse solo pagina voltata di un Bolero di Ravel.


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Generale Inverno.




        Proprio quando il caldo avvolge e' più freddo il cuore. Come una barriera che rischiara e vive, si difende, tutelando così tutti quegli organi che fanno musica fino a colpire espandendo l' elasticità di una cute ormai liquida e parete di confronto con l' esterno alieno mondo che io vivo.
Come uno scivolo il cuore foraggia il bambino che scende. Stanco da il ritmo alla scala e alla fila che attende per attraversarlo. In quell' unico gesto mobile l' impeto di un movimento allegro che del vento che si disperde assapora l' esatto istante in cui si produce e va via.
Raucedini di un terreno che accoglie i miei piedi, ed un tonfo dichiara l' arrivo ed il nuovo calore. Altra corsa, altro giro! E quasi a ripetere gesti in maniera ossessiva, salendo le scale di nuovo, rispettando altra volta la fila. Aliti e folate si propagano diffondendo anche me ne contorno. Crude gocce di sudore ascoltano il confine di un corpo ormai esausto ad un turbine che rifiorisce. Quella soglia d' ingresso respinge mentre il vascello alato solca il cielo trasportando il sole ed il suo calore in un occhio dal quale esplode tutta la sua grave forza.
Semidei. Lente genuflessioni e sofferenze ardite al cospetto di questo signore. Brucia anche la gola ed il respiro affanna, sorretto da un energico maglio che invece di colpire accarezza, dissipando i timori reconditi ed esaltando quella grande bugia che fra eleganti ammiccamenti tuona nelle ossa e nelle fibre muscolari ricacciandoci dentro una danza abulica e nei significati estrinseci di un tollerante verso di lamento.
Offuscata e' la strada nella nebbia di una via smarrita. Tutti quei gradi, giudici ed al tempo stesso colpevoli, di una correità mai pagata e mai davvero riveduta al cenno di una tromba o di un velato uomo di sentenze. Oblunga la ferita lacera nel cuore abbattuto. Etica di un clima scorretto che mi racconta il divario fra quel che cerco e quello che invece mi cammina sulla pelle. Come cascate di liquido incontrollabili dalla schiena e dalla cute tutta si disperde il sale, e passo le giornate a bere come se neve fosse e pioggia ci scendesse dall' interno al di fuori come in un nucleo privo di gravità ma colmo di sensazioni negative e resistenza ignara.
Ruota in tondo come fossi un vortice, e veloce smembro. Spirali di calore disperso e liquidi espulsi si ritrovano in linfe nuove e crepitii costanti di rinnovo, dove le pareti interiori sorreggono ed esplodono verso l' esterno raggirando la stagione e soggiogando un fiore appassito di un eterna luce bollente in un istante macero di freddo ricordo.
Criteri avulsi da un diagramma immaginato. Regole obbedienti ad un foraggio alieno ed al substrato. Vezzi e briciole di un tonico benessere tornano evanescenti su quegli scogli di osso e di concreto movimento, perdonando la staticità e osservando l' oblio di un' impotenza dichiarata, tenta, e ad un tratto riesce a muovere, per poi mollare nuovamente e riabbracciarsi a quell' immobile idea che ho di me quando questa stagione giunge: antitesi dell' intelletto e dissolvenza delle immaginazioni. Tutto si definisce in concreto impedendo il sogno e la curiosità. E in un tratto di vita che ci vuole assai operosi invece fermo come immagine fulminea quell' idea di me che vaga fluttuando in anonimo temperamento interessante, volgendo il capo all' autunno ed alle foglie cadenti, per poi rincominciare a navigare in acque torbide dove le essenze si frastagliano come sinapsi, e quello scivolo dove le code abbondano cade all' insù, mandando i miei pensieri in contromano e permettendo alla mia mente di ballare.


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06/07/15

Come pietra.




         Imbonitori e mercanti di consigli, contrabbandieri di sensazioni e tavole rotonde erranti. Vagano fra le promesse di una sensibilità scaduta con la quale non hanno fatto mai i loro conti, aggrovigliandosi tentando di spiegare com' e' facile sognare dentro ad una realtà dove i sogni non ci sono stati mai. Cronache di fallimenti e prese di posizione, assoluto desiderio di donarsi per far credere che si abbia qualcosa da dare. Genio e raccapriccio, inconsistenza oppure lucida demenza. Cosa e' il suo tempo per ascoltare se chi lo fa trascorrere pendola fra il nulla e le inattive novità. Rilievi e menzogne vestite di plastica e sotto spoglie cementate da un sorriso falso. Vede le essenze di un rigore che non e' passato mai, mentre le volontà e quell' immaginazione di una vita altrove le rovescia e lo rovescia in apatie distratte ed in consigli che non ascolterà. Prodromo di una esistenza lucida, occorre nostalgia di se per arrivare a definire un fallimento come una catena di successi. Eppure specchio esiste, e nello specchio tante fasi di una grande bugia appiattita lungo il trascorso. Corrimano che scivolano via come le opportunità viste passare, e al tatto il polpastrello assaggia l' entità ed il freddo di quello che tocca. Prostrati a se stessi, inchinati al raccontarsi senza dare nulla, fondati su un ego parallelo che non si e' voluto mai lasciar cadere per sapere cosa c' era in fondo. Valori della forma nell' assenza cronica di contenuti. Labbra che si muovono e sordità diffuse dentro un nulla detto male e vuoto. Assapora il gusto di sapersi differente, non e' la superiorità a ratificarlo, né l' orgoglio, ma per analisi, diversità e modestia. Lava le mani e prostra il capo solo verso chi di corde e limiti cosparge i suoi dettami. Vedere la coscienza si può, e quelle pressioni che assottigliano gli eventi rendendo la sua crema di vita la più spessa che si può, raggirano e ritirano al mittente le funeree parole di un esplodere di vuoto confinato nella stessa forma che si sventola come bandiera. Assiderato e placido morente e' l' intelletto, mentre la prua di una idea nuova solca nello stesso istante il mare di suoni ricevuti per navigare altrove. Tutta schiuma e vanità per raccontare cose che non sono, gelosi delle proprie come fossero dei picchi alti di schiantate verità. Arriva il conto, impedendogli di non guardare, costretti ad una consapevolezza che, dissonante ed atona, ferisce. Arrivano le somme, e tanti simboli in più e di per se lasciano il campo a ciò che poi rimane, soggiogando ed inghiottendo quello stesso specchio menzognero che chiamiamo lingua. Analisi e concreta penna per dipingere alla fine il sogno che precipita dentro al burrone. Si corre il rischio di aver passato una vita a raccontare agli altri di un vissuto che non c' e', dove la presa di coscienza tarda, ma d' improvviso affaccia e tutto il suo fardello scoppia vertebre e sotto il suo peso affonda. Ora si, occorre preoccuparsi di salute e ciniche fragilità. Soltanto in quell' istante aspetti di secondaria importanza albergano nella stanza dei bottoni sfociando in una inconsapevole ferita dalla quale sgorga sangue misto a linfa che d' un tratto poi scopriamo possedere fra le fasi che del nulla definiamo andando via da noi.
Non ascolterà perché la vita e' sua. Non cadrà dentro il tranello di mediocri lapidi che muovono scaldandosi e togliendosi dal freddo marmo che le chiude. Vede fredde sagome adagiarsi in fondo e risalire piano mentre gli occhi muovono e le gabbie del torace impercettibili si scuotono. Ascolta rantoli e lamenti in altri per potersi liberare e dare a terzi tutti quei fardelli di uno zaino costruito giorno dopo giorno. Maschere. Ancora loro che si affacciano. Altre solite maschere. Forzatamente costretti ad indossare queste comode menzogne per procrastinare il momento della svolta. Siamo pulsioni, non volti. Siamo sensi e volgare impeto di sesso. Le nostre redini sono tirate per decenza senza essere fermate dalla vile costruzione di barriere. Oltre questo assapora quella libertà coerente che lo fa vivere senza dover scendere a patti mai. Tutto questo un giorno forse finirà, ma avrà vissuto almeno vivendolo davvero, senza permettere ad altri di liberare cecità e costrutto dentro un limbo di bugia e dipinti immaginati.
Solo le volontà e la spinta di un essenza in movimento libera da queste mura lisce e circolari. Solidi e sensazioni tattili virano le sfumature e scartano le ipocrisie curandosi del flusso dati di una vita scelta come vera. Abbandona, e deviazioni modellano il confine fra volume e forma inspessendosi  dell' ego e delle idee che ha di se, svuotandolo di volontà e di forza per far comprendere ad altri che i momenti suoi sono soltanto suoi e di nessun altro. Scivola via, non senza il consueto dispiacere, la mano viscida che lo sostiene trattenendolo sotto il fondale, e lentamente ascolta libere interpretazioni di sorrisi e vento che fra quei boschi sottomarini e la vegetazione ariosa con il loro ossigeno gli fanno respirare il cuore.


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03/07/15

Interesse e intrigo.




          Piccole interferenze fra le forme di interesse ed intrigo. Come basse frequenze vanno descrivendo antipodi e concentriche intuizioni, collocate fra le righe di sensi inconsci a tratti inspiegabili che avvolgono le estasi di un pensiero nitido, rischiarando tutti i frammenti spessi di quelle entità esplose oltre la forma. Assottigliando invece i miei momenti dove forma e' nulla, dove volume si propaga, e dove percezioni e calore emotivo hanno sussulti che non obbediscono alla razionale idea di quello che e' il volere intrinseco. Punge come un' ape l' intrigo, arde come piccola fiamma l' interesse. Flash a falò. Puntura a dolore perpetuo. Accarezzo l' idea diffusa di una opera compressa dove l' esaltazione dei miei brividi si eleva fino a diventare scossa ed il suono del tamburo segna l' incedere che monta. Pompa il sangue in questo vortice di cruda voglia, si mescola alla brina di sudore ciondolandosi lungo la schiena mentre le dita saggiano lasciando il segno su una muta convessa di estasi che si rilascia. Raffinerie di sensazioni e di frammenti riqualificano zone di esperienze ove lacune e vuoti si sparpagliano negli angoli di un eco inascoltato. Come repliche perfette danzano fra quella forma e il suo volume, lasciando andare via quello che serve meno e concentrandosi su quegli ispessimenti di emozioni vivide che nette si lasciano ascoltare. Sono tomi di pagine bianche solo a tratti ricoperte dall' inchiostro di scrittura ed altri tratti lasciate riposare come fossero dei lembi di un tessuto liso. Virano fra le parole e quelle pagine  interrotte, cercandone quell' intrigante filo e abbandonandosi ad esse come fossero un' opera unica che ne da il senso. Cresce nell' interesse che va propagandosi, mentre atavici costrutti empirici ne arrestano l' idea che ora dispersa muove contro altre essenze ed altri lidi. Un groviglio di reazioni folli rappresentano la soglia di quell' infinito che non si vuole vedere e che ci viene a prendere. Al cospetto di quel precipizio emotivo ove si liberano sussulti di passioni e delicati intenti, il magma statico dell' intelletto ci impedisce di fluttuare mentre ci dimeniamo annodati in una volta razionale che ci stringe. Condotte di aria fresca respiriamo in un calvario placido di scene piatte, finché un tremore intenso non sopraggiunge a sradicarci e a riportarci nella vasca degli infermi dove volontà sopite son costrette a innumerevoli paralisi e cedimenti delle idee si insabbiano fra dune di silenzio e statica remissione. Coordino la mente affinché il corpo muova e li debelli, si ribelli. Vetro e cristallo riflettono, però la corda stringe. Allontanandosi da quella vela dove il vento soffia e ritornando a quell' intensa livida emozione, la devastazione di un momento affiora per poi di nuovo perdersi nel morso di una voglia antica. Suggello agli eventi che si son lasciati andare e trionfo delle nautiche liquide pulsioni, vivo in molti istanti frammentati un solo grande desiderio. Alghe e pezzi di sughero come macchiette vivono sospese, quando il rumore delle nuove onde, io lo ascolto vedendole arrivare da una traccia che non seguo ma mi corre dentro. Impronte di un' idea rafferma che si scioglie riscaldata in una candida striatura di interesse che ha spezzato intrighi e foglie secche per esplodere in un recondito, sublime, piccolo ricordo di un tessuto che si bagna.


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02/07/15

"Alzami! Non riesco a respirare."



 
Mi affaccio alla finestra/ con lo stesso ritornello/ un bimbo piange.../ quella fresa che lavora.../ mentre il vento muove foglie... / però muove anche me.

Subito a casa...

Allora cosa faccio/ come posso ricordare/ anche l' ultimo dei giochi/ che facevo da bambino/ quella benna raccoglieva/ ma prendeva.../ anche un poco di me.

Dove viaggiavo...

La terra su quel prato/ rappresenta tutto il mondo/ il resto e' chiuso fuori/ può tornare in un momento/ ma il silenzio di mio nonno/ che dissoda ferma il tempo.../ anche dentro di me.

Io sono cosa...

Capricci dentro scarpe/ e calzini di merletto/ pantaloncini corti/ e quel colletto da bambino/ mi ricordano gli istanti/ sotto l' albero di fico/ e ricordo anche te.

Il mio trascorso...

Se non ci fossi stato/ non sarei quello che sono/ ricordo esattamente/ tutto il tempo su quel prato/ e quando mi voltavo/ quel tuo sguardo.../ mi diceva di te.

In quel silenzio...

Dentro quelle mattine/ ti incontravo con l' aurora/ raccogliendo le patate/ mi insegnavi la tua vita/ e la fatica.../ quel sudore.../ attraversano me.

Che cosa strana...

Ti avevo lì vicino/ e mi sembravi una montagna/ quell' andatura curva/ e l' instancabile espressione/ di chi nella sua vita/ aveva già affrontato tutto/ ma eri dolce con me.

Di nuovo a casa...

Guerra e prigionia/ già ti avevano fiaccato/ tutta quella vita/ ti ha lasciato senza fiato/ e nel letto mentre andavi/ ti ostinavi nel guardarmi/ ed io guardavo te.

Un tempo nuovo...

Non ho dimenticato/ neanche un briciolo di istante/ ti porto ancora dentro/ come se non fosse stato/ e quando mi allontano/ da quel mondo che non voglio/ tu sei vicino a me.

Sotto quel fico...

Le volte che hai voluto/ che cambiassi il mio vestito/ mentre gli altri erano in tuta/ pretendevi il doppio petto/
mi bastava quel tuo sguardo/ sufficiente per andare/ poi tornare da te.

Io capivo...

Adesso quando cerco/ penso ancora che mio nonno/ sta guardando da lontano/ sta vegliando suo nipote/ di quel freddo marmo loro/ hanno avuto mai bisogno/ tu sei vicino a me.

Non te ne andare...

Credendoti immortale/ non ti ho salutato bene/ quando sei andato via/ ho masticato male/ ho creduto che non fosse veramente la tua fine/ e mi chiedo il perché.

Dov' e' l' errore...

La sento la tua forza/ e nei miei sbagli guardo il cielo/ sperando giunga ancora/ un' altra volta quello sguardo/ mentre frugo nell' azzurro/ quell' incontro che fa male/ un racconto di te.

Ma dimmi dove...

Sei l' ombra di un' idea/ che percepisco dolcemente/ il caldo di una mano/ che si appoggia alla mia spalla/ torno ad essere bambino/ e quella ruspa bianca in mano/ toglie terra per te.

Che posso dire...

Avevo una gran voglia/ di parlare di cammino/ ma la malinconia/ e qualche lacrima che piove/ mi impediscono la vita/ come voglio raccontarla/ come va detta a te.

Ovunque sia...

Ritraggo i movimenti/ di quel corpo di bambino/ su una tela impolverata/ riconosco quell' artista/ la sagoma diffonde.../ la sua aura/ fuori e dentro di me.

Ma che fatica...

L' abbraccio interminabile/ di un sogno ritrovato/ e quelle grandi mani/ stan tremando sul passato/ di nuovo quell' aurora/ che ritorna su quel prato/ e ritorna per me...



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