08/10/16

Nebula in fabula.




        
             Acredini inutili in un ambito dove se non ci si allea si e' destinati alla morte. Deserto, escursione termica, con il suo intollerabile calore e con il lungo brivido del gelo della notte. Meglio rinunciare alle esigenze dei singoli, ma soprattutto e' necessario lasciarsi indietro i capricci di priorità che obbedirebbero ad una routine di una vita normale.
In un clima dove e' così difficile resistere, dove e' necessario unirsi e assaporare quel venti per cento verso cui il nostro corpo si riduce e si appiattisce per donarci una sola possibilità, meglio abbandonare le sferzate di tutte quelle inquietudini dovute ai propri scopi. E occorre alleggerirsi su una obbligata convivenza, dove un estraneo può rivelarsi una persona conosciuta e dove ci si può accorgere che anche una persona conosciuta possa essere in realtà soltanto un estraneo col quale non si ha nulla a che fare.
Si finisce per affinare le proprie sensazioni, e si entra nella sfera delle affinità e delle possibilità di incontro comportamentale. Ogni spazio esplode divenendo al tempo stesso una parete concentrica dove arrampicarsi ed una mescola delle rispettive intensità. Condivise e non, fra le misture di dolorose rinunce e nuove motivazioni, si dilatano fra freddo e caldo torrido come le impronte lasciate a testimoniare quel che ad altri sembra solo un passaggio.
Carovane di gente o due persone, equipaggiati di materiale tecnico oppure solo di buona volontà. Si finisce per cancellare contrasti e convergere al fine di non vedere terminate le proprie vite. Un dipinto che si va delineando nella forma, come un ambiente ove l' angolazione del sole nel cielo gestisce e muta l' umore. Madide fronti e dispersione di liquidi per reagire al calore assomigliano a quella vernice dei pastelli che spennella sulle tavole pronte ad accogliere. Così la tela e' il corpo ed il colore quel che il corpo prova.
Avvertire, fuggire, morire. Scuole e stili, aghi o pennelli, cospargere del proprio passaggio quell' ambiente e sperare di poterlo firmare alla fine dell' opera. Ma di tutte quelle gocce che cadono al suolo chi ne ha contezza? Terribili tempeste di sabbia fra dune ed insetti in grado di resistere a quelle proibitive condizioni, mentre l' individuo, gli individui stanno soffrendo senza soluzione di continuità per poter vivere. Ed alla pittura restituisce contezza e confine, fra sudore disperso e liquidi da assumere con parsimonia.
Onde, magnetiche elettriche o di marea. Elementi, e negli elementi scosse e repliche che vanno dilatandosi. Quasi una ecchimosi che come traccia affonda fra la cute e le carni sincerandosi di rimanere per il resto del tempo che si deve attraversare, e che prende la forma di una cicatrice che ci dovrà tenere compagnia. Opera Omnia, quelle tracce e quel tempo dedicato a quell' ambiente così grave. Lascia delle scie di ricordo fra le pagine di vite che come libri sono scritte e che come le fronti della carovana si abbandonano silenti ad un destino contro il quale nessuno può far nulla in più che resistere.


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