14/05/15

Scatenato.




        Effimero trionfo e crudele graffio di un artiglio, pronti al risveglio come da una nube usciti e non da una tranquilla notte. Aride ripercussioni su un complesso stato emotivo che ricorda a malapena il sogno dandogli sembianze di un remoto sfumato. Camere iperbariche dove bombardo i miei malesseri di energia nuova, panacea di un male che stordisce e frammenta in modo tenue la sagoma di un corpo ormai provato dalle voglie asciutte. Come onde di marea ed inchiostro scivolato corre, dondolando lentamente fra propositi ed iniziative mentre statici ritorni affiorano su un bagnasciuga appena ritoccato.
Pronto a raccogliere l' inedia e a mescolarci il senso, spiegandomi il perché di tante cose. Tutto in un sogno, od incubo se e' il caso, che soffice mi e' giunto inconscio e andato via lasciandomi un macigno in pegno. Perché cercare di comprendere? Perché cercare di capire? Riaffiorano silenzi e deduzioni di un velato trascorso denso di nuvole e fraintendimenti tonici. Algida notte dopo quelle afose ore ci accompagna sollevandoci da quell' idea bramata tanto. A sfuggire e' sempre il merito a quella pressione, corre livido lontano verso un bianco e nero cupo, ma sollevandosi col vento inala nuove rapide di pioggia fresca e l' abbandono prende corpo nel dolore di una solida mentita spoglia.
Reclamo una vita vera, e l' apparenza cade come maschera di ceralacca, forse un timbro di una fedeltà sopita cullata da uno spirito di madida bugia. Ho abbandonato da tempo immemore la crosta di una sagoma, anche nel sogno il confine e' andato via. Lievita l' anima sfumandosi nel cielo cupo e un' esplosione ricca di nuove fantasie impossessa e desiderio crea. A battere come un tamburo e' il cuore, per poi tornare piatto nelle celle di un controllo cronico, disaffezione e mescola selvaggia delle varie forme di voluttà che mi percorrono, mentre silente e rassegnato ancora ascolta nuovi termini di vuoto clima.
Questo e' ciò che vedo! Forma, altro che forma, razionale e vagamente raffinata. Aggiustata nei termini e finanche nella ricerca di un forbito abito. Ma quella maschera rimane, e il non voler vedere lì permane. Il controllo e' solo un tiepido convincimento, la razionalità abbandona come lago placido lo spazio a quell' istinto vivido che scuote come rapide e cascate levigando i monti e le pulsioni. Lucchetti fanciulleschi inchiodano col fiume testimone, ma quello che attraversa e' incontrollabile e metallo spezza fino a scatenarsi e a divenire pietra che ferisce. L' unico obbligo e' quasi un' ovvietà: guardare dentro. Capirne la struttura e poi tentare di aggredirlo. Come una vela avvolta sopra il mare immerge e bagna, come una nuvola sopra una vetta la attraversa e segna, vascoli di strade e flussi in una notte avvolge, porfido e granito gela anche se il sole sorge. Assoggettati ad un volere sovrano ci liberiamo solo nel momento in cui ci dicono che ciò e' possibile. Lo sdoganamento e la vera libertà e' nell' abbandonarsi spezzando le catene dell' intelletto, quando anche il fruscio più misero di una Natura pronta ad esplodere ci rende parte di lei prescindendo da quello che siamo. Solo allora i dogmi ristretti di un pensiero misero sono anche consapevoli, e solo allora ci rendiamo conto di quanto sia labile la traccia che si lascia in questa vita per quanto l' intelletto possa fare. Se giungeremo ad esser foglia, pietra, oppure mare, allora mescolati alla pienezza dissiperemo nubi di un oblio critico che ci soverchia giorno dopo giorno.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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