07/05/15

Jungla.




        La strategia di un gambero per la difesa insegna, come il suo camminare indietro. Quasi come fosse un voltarsi ad osservare le esperienze andate e a ricordarne ciò che hanno lasciato. Sott' acqua, sono immersi nel loro elemento, e comunque restano terrorizzati da quegli ampi spazi di sabbia libera dove possono ridursi a prede per i loro predatori. Poco importa se quella sabbia mossa per qualche istante cela. I gamberi, consapevolmente, regrediscono alle loro tane come fossero alcove dalle quali osservare ciò che accade. Ed una volta salvi nelle loro piccole membrane arriva il riposo, la dove come da un balcone affacciato le correnti muovono senza intaccare, e lo scenario evolve in uno sguardo di marea. Risacche di pulviscoli e di pesci a caccia fra le rocce. Ben attenti a non rendersi visibili, mentre altri inciampano e scoperti son mangiati. Eserciti di bestie acquatiche alla ricerca di un buon pasto migrano e perlustrano la crosta al primo movimento buono. Cacciano e serrano quelle spaventose bocche fameliche rigonfie d' acqua e divaricate fino ad accogliere l' oggetto della loro bramosia. E allora chiusi, sperando che si faccia il minor rumore possibile. Avvolti da quella madre che difende anche dalla corrente, e dalle irregolari spunte anfratti crea. Edifici di vegetazione dondolante, accompagnata dalla forza della musica dissolta dalle onde, con quel rumore di frittura arso fra le colonne di liquido e di aurora. Immagini di tendaggi d' acqua come sete e rasi, fra questi temi liquidi di pesci e nuove coralline, fra stelle anche laggiù e qualche altra cosa, un piccolo crostaceo va celato ai più per prendere qualcosa. Regressione intesa come suo ritorno, camminamenti anomali che servono a distogliere, fugaci apparizioni per nutrirsi e poi di nuovo giù fra pietra e altri nuovi coralli irregolari. Sagome terribili si affacciano mentre le loro ombre già spaventano. Mante e razze si mescolano a nuovo pesce giunto, e come aquile cavalcano quel vento di marea che sembra sostenerle.
L' anima dice, l' anima consiglia, l' anima tace. Qualche passo indietro anche per me. Il mio fondale sono le mie strade, il tempo che trascorre e' la marea. Barriere coralline con piani ed ascensori si distribuiscono fra quelle rocce piene di colline e di affacciate ai monti. La manta passa anche per me, e ci sono anche le razze pronte a pungere col loro veleno. Ed in silenzio osservo ed accuratamente schivo. La leggiadria unica di un predatore che accarezza, il suo tranello che educatamente ti divora, e quell' aspetto docile di un lupo che devasta e che dilania. Crepitii di nuvole ed ombre degli squali, bivaccano in attesa e con tranquillità si scuotono di dosso delle remore che si accontentano fin anche delle briciole. Capovolti e sordi, immobili e decisi, i gamberi riaffiorano per poi sparire, cullano un istante qell' idea di caccia per nutrirsi appena e ritornare ad essere soltanto spettatori. Tende come scie di polveri e di pollini, accarezzo e stringo fra le mani i polpastrelli accertandomi che nulla mi resti fra le dita. Alberi al vento come la vegetazione alla marea, mi avviluppo in un vortice di foglie e schiuma d' onde come se torpedine si rotolasse a terra sul fondale buio perforando spazio e tempo e ritrovandosi nella sua nuova scia di quadro che e' dipinto.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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