14/05/15

Il giocattolo rotto.




       La scatola giace a terra ed e' piena di soldati di plastica e macchinine. Ci sono delle confezioni di Lego aperte alla rinfusa e dei pezzi di un puzzle vecchio e fatto mille volte, alcuni dei quali sono scocciati. In mezzo alla sala e' ancora vuoto ma quest' angolo e la sua scatola sono troppo avvenenti per chi vuol giocare e mettere tutto in bella mostra. I palmi delle mani si dirigono in una unica direzione, e la fortuna vuole che fuori da quella scatola di cartone ci sia anche una maniglia di plastica, il che rende ancora più semplice tirarla al centro della sala ed incominciare a rovistare. Carte di supereroi che luccicano, figurine di anni passati che parlano di fate e calciatori. Pezzetti di plastica sfuggiti al montaggio degli ovetti Kinder e fogli accartocciati con disegni di un tempo trascorso.
Scivola via come la scala di una sfilata di moda il novero dei pennarelli e delle matite a colori, mentre un tubetto di Crystal Ball che ancora profuma di tossico mi attrae, ricordandomi di quando ero bambino anch' io, e mi lascio di nuovo rapire da un altro mio tempo.
Rimango a riflettere su come la scelta cromatica possa incidere su un acquisto e ripenso a mio padre e mia madre, e alla collezione di Puffi che ancora deve essere da qualche parte a casa mia.
Vìola i ricordi e strugge, come misura di un battito che trascorre, non ci sono ne Barbie ne Big Jim, ma tutto il resto e' presente, finanche il bambolotto senza braccia che mi mette tristezza. Cerco invano dei carri armati ed ecco saltar fuori "Lungimirante". Si, proprio lui, chi non ricorda il soldatino con le due mani sul binocolo e con tutta la sicurezza nella sua postura a gambe aperte. Lo metto sul pavimento, come monito per gli altri e per me. Lungimirante ha sempre rappresentato la mia terra di confine, il punto dietro il quale nulla poteva più succedere. Appariva ed appare come una zona franca oltre la quale non si può più andare a giocare. E via già gli indiani, e via giù i cowboys, con gli inglesi, i francesi e i tedeschi, ma sempre un passo indietro alla pretoria dei soldati in metallo. Una guerra dietro barricate di lego e morti per finta a terra. Giacciono puffi ed exogini, mentre vaghe forme di bambole rotte e macchine della Burago fanno da trincea che non ho neppure scavato. Sale il mantello dell' eroe verso una sera di battaglia immaginata, fra quei cavalli scossi e che montati, docili e silenti appaiono. Variegata idea del fantasioso viaggio di un bambino accoglie mentre nelle scriteriate pagine estinte di una vita tende a riaffiorare.
Dogmi abbandonati ed istinto che rientra prepotente in un sogno istantaneo mentre si dissolve. Le macchine capovolte simulano una ecatombe di ferraglia. Devo accontentarmi di una pallina di carta che mi consente di far cadere i soldatini ovunque, anche se in altri tempi mi sarei attrezzato con miccette e palline da biliardino. Torno in maniera inquietante a quando i pomeriggi erano ricchi di sermoni e attacchi fatti fra me e me. Dispute e battaglie, contese ed annessioni di nuovi territori, per poi fermarmi un' altra volta lì: a Lungimirante, il soldato oltre il quale tutto finisce. Lui resta fermo, in piedi con le sue gambe divaricate sulla collina di cicciobello, ed osserva come se il campo di battaglia fosse estinto da appena qualche istante. Noncurante e statico rimane mentre gli altri suoi soldati son caduti e delle retrovie più nulla appare. Lego soverchiato nei numeri, carte sparse che luccicano mentre anche qualche guscio di ovetto partecipa al dramma e qualche pezzo di puzzle e' ormai lontano.
Raccolgo le ultime forze per aggregare il tutto e far finta che non sia trascorso un altro pomeriggio da bambino. Accade però che quando tutto e' nuovamente nella scatola, facendo la conta di chi e' giunto e chi invece non c' e' più, mi accorgo che ancora un' altra delusione ora mi insegue: avrei mai immaginato di raccogliere la storia di un' infanzia in un contenitore solo per poi rammaricarmi del giocattolo trovato rotto? Sogni infranti di un bambino nato grande e che e' cresciuto troppo. Ali di un gabbiano e sinonimo di libertà trovata. Ci libera da tutto un' altra volta ancora ma per farci ricomprendere che solo in un momento quella libertà che poi ci eleva in realtà torna di plastica e di nuovo ci divora.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved




 

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