17/12/14

La sedia vuota.



      Il Federale aveva chiamato a raccolta tutte le società che praticavano il Calcio a Roma. Non poteva ignorare la Lazio, la più antica, tant' e' che fu quella chiamata per prima. Foschi passeggiava su e giù per la stanza, e quel tavolo ovale aveva ancora i posti vuoti in attesa che quel giorno arrivasse, ma già pregustava tutti quei complimenti e quelle pacche sulla schiena: "ce l' hai fatta Italo, adesso saremo invincibili. Vedrà la Juventus e quei signorotti di Torino... non ce ne sarà più per il Genoa... la Pro ed il Casale saranno battuti da una squadra romana...". 
Chissà quanti altri fascisti lo avrebbero sostenuto, chissà quanti lo avrebbero invidiato. Lui, nato in un piccolo paese del teramano, adesso Federale di Roma, e ricordato per aver creato un sodalizio che farà piacere al regime conquistando titoli e dando lustro alla città di Roma. "Anche Mussolini si accorgerà di me!" pensava, "sto facendo questo per Roma, la città ha bisogno di una compagine nuova che possa guerreggiare contro le altre del Nord d' Italia".
Di tanto in tanto lo sguardo si concentrava sui movimenti delle persone, dalla finestra, che come laboriose formiche si agitavano per andare di qua e di la. E di qua e di la qualche guardia, a controllare che tutto fosse normale.
L' Aristocratico Club si era detto entusiasta, avrebbe volentieri messo a disposizione il suo campo, il "due pini", proprio sotto Villa Ada. Era comodo , ma meno capiente sia del Rondinella della S.S. Lazio che del Motovelodromo Appio, in concessione all' Audace Esperia. "Ce lo darà la Lazio, si, ce lo darà la Lazio!" pensava ad alta voce scrutando l' esterno delle finestre di quell' appartamento di Via del Vicario. 
Dal Roman di Scialoja arriveranno dirigenti del calibro dei fratelli Costarosa e Renato Sacerdoti, il banchiere di Testaccio. "Si, avremo tutto pronto a breve, e potremo finalmente vincere".
Il passo fece per rivoltarsi verso il centro della sala, il rumore dei tacchi di quegli stivali e quel passo militare sembravano cadenzarne i pensieri. "La Lazio ha il blasone, ma anche il campo, prenderemo dirigenti da tutte. Pochi! Soltanto i migliori, od i più facoltosi. Gli altri via! Non possiamo perdere altro tempo. Ho già fuso la mia Fortitudo, i leoni di Borgo, con la Pro Roma, anche i preti saranno contenti, da Borgo ce ne andremo ai Parioli".
In effetti aveva pensato proprio a tutto. Nel 1926, dopo la fusione del '24 fra Fortitudo e Pro Roma, anche Alba ed Audace Esperia si fusero per essere più competitive a livello nazionale, fondando così l' Alba Audace. 
Si stava insomma preparando il campo per questo grande passo: la nascita del club che sarebbe divenuto il più forte d' Italia. L' amministrazione e la situazione debitoria delle varie società appianate dai soldi dell' Aristocratico Club, il Roman, solido e sostenuto sin dall' immediato dopoguerra da larga parte della comunità ebraica romana. Il blasone ed il campo dalla Lazio, che da piazza d' Armi, in Prati, si era spostata al campo Rondinella, altri giocatori dalle compagini di Alba Audace e Fortitudo Pro Roma.

E' il 25 Giugno del 1927. Olindo Bitetti e' comodamente seduto sulla sedia di Presidente della Lazio, affaccendato fra scartoffie e telefonate, quando il postino bussa, entra e recapita una lettera raccomandata. Il rumore del tagliacarte occupa tutta la stanza, poche righe, una Convocazione da parte del Federale Italo Foschi presso la sede della Federazione Fascista. Scorrendo quell' inchiostro il volto di Bitetti si fa scuro, senza dire una parola vola via, verso la caserma della Milizia, in Via Magnanapoli. Varcata la soglia della caserma si dirige immediatamente verso l' ufficio del Capo di Stato Maggiore, il Console Giorgio Vaccaro.

Vedendolo entrare il Generale, anche lui socio della Lazio, e' sorpreso, ma non ha nemmeno il tempo di aprire bocca che Bitetti tuona: "siamo fregati! Foschi vuole farci assorbire, guarda!".
Vaccaro cerca invano di calmare Bitetti, ma vedendo fallire il suo tentativo, prende fra le mani la Convocazione ed inizia a leggere fra cento improperi dell' astante. Sembra non ascoltare quanto Olindo Bitetti sta contestando, quando ad un tratto solleva il volto verso di lui e leggendo: "Il Presidente della Lazio deve presentarsi entro e non oltre i due giorni...", poi guarda Bitetti e chiede: "ma perché anche la Lazio?". Alla domanda si vede rispondere: "l' idea di Foschi e' di creare una unica compagine che possa imporsi nel panorama nazionale, noi siamo forti ed organizzati, potremmo essere d' intralcio al suo disegno, e poi abbiamo il campo, cosa che loro non hanno, almeno non come il nostro". 
Seguono minuti di silenzio, alternati a poche parole, riflessioni ad alta voce: "certo due giorni sono pochi, cosa possiamo fare", domanda a se il Generale, poi altro silenzio. Al vedere Vaccaro pensieroso, Bitetti sembra quasi rasserenarsi, oramai rassegnato alla cosa, quando d' un tratto Vaccaro tuona: "Possiamo fare solo una cosa, nominare Presidente il Generale Varini e Vicepresidente il sottoscritto! Poi da Italo ci vado io. Tu pensa a convocare l' assemblea dei soci e fai subito le nomine". Con nuova speranza Olindo Bitetti domanda: "Varini accetterà?" e Vaccaro:" a questo penseremo dopo".
Scalmanato Bitetti fugge via, arriva in sede urlando "assemblea! assemblea!", gli altri soci dal principio vedendolo strambo non gli danno peso più di tanto, ma all' indomani l' assemblea si fa, e le nomine sono fatte: Generale di Cavalleria Ettore Varini Presidente al posto dell' Avvocato Micozzi,  il Console della Milizia Capo di Stato Maggiore Generale Vaccaro Vicepresidente, Bitetti Segretario.

Il giorno dopo, come previsto, Vaccaro si reca dal Federale Foschi. Bussando entra, e al vederlo Foschi gli domanda: "ciao, cosa vuoi?" e Vaccaro: "sei tu che mi hai mandato a chiamare". Foschi sorpreso domanda: "quando, scusa?" e Vaccaro: "guarda, la tua Convocazione...". Foschi replica: " Ah...si, ma e' per la Lazio, ho mandato a chiamare il Presidente...", Vaccaro risponde: "ecco, appunto, da ieri sera il Generale Varini e' il Presidente ed io sono il suo vice, dimmi pure".

Foschi attonito lo guarda e comincia: "stiamo creando una società ed una squadra forti, Alba, Roman e Fortitudo già sono d' accordo, mancate voi che siete organizzati ed avete anche un bel campo, il Presidente sarà la Medaglia d' Oro Ulisse Igliori...", nell' ascoltare quanto Foschi sta dicendo Vaccaro lo interrompe e domanda: " i colori?", a quella domanda Foschi replica: "beh, mi sembra ovvio che saranno i colori del Comune,  giallo e rosso". Vaccaro si irrigidisce e chiede: " come si chiamerebbe?", e la risposta di Foschi: "come vuoi che si chiami...Roma, sarà l' unica squadra della città". 
A quelle parole il Generale Vaccaro sbotta: " sicché la Lazio scompare...i colori del Comune, il nome della città, col campo nostro...giusto?". Foschi va per annuire ma Vaccaro rincara: " beh, allora caro Italo, ti dico che hai dimenticato che la Lazio e' costituita in Ente Morale, pertanto se di fusione si vuole parlare si può fare, ma col nome della Lazio!" 
Foschi fissa Vaccaro: "ho capito, non se ne fa niente."
Pochi giorni più tardi avverrà l' incontro fra l' Alba Audace, la Fortitudo Pro Roma ed il Roman. I dirigenti di queste società si incontreranno per siglare l' accordo di fusione e per dettarne le regole. Dalla Fortitudo la neonata A.S. Roma prenderà la Lupa Capitolina, dall' Aristocratico Club i colori, dall' Alba Audace il campo. 

Sono passati 27 anni dalla fondazione della più antica società di Calcio romana. Negli uffici di Via del Vicario, il Federale di Roma Italo Foschi, di Corropoli, un paesino in provincia di Teramo, sta tenendo a battesimo questo nuovo ed importante sodalizio che sta nascendo.

Seduti al tavolo ovale ci sono i dirigenti ed i rappresentanti delle più forti società di Calcio romane. Con la nascita dell' Associazione Sportiva Roma almeno una dozzina di piccole società sportive che praticano il Football nel tessuto sociale di Quartieri e Rioni di Roma muoiono, non potendosi sostenere da sole al cospetto di quello che il Calcio sta diventando. Unica eccezione la Lazio, grazie ad Olindo Bitetti, a Giorgio Vaccaro ed all' inconsapevole Ettore Varini, un Presidente che non sapeva di esserlo, che ad un tavolo ovale ha lasciato la sua sedia vuota.
Per sempre grazie, per sempre. Grazie.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved 








    

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