05/12/14

Beacons.



        I nibbi danzavano in quel cielo di mercurio mentre i tagli ordinati spogliavano qua e la qualche parete di quelle colline. Alberi erano segnati, mentre altri erano già stati scorzati e portati via per le segherie della regione. Il vento dellle Brecon Beacons sferzava ma quegli ovini gonfi di lana sembravano non interessarsene. Brucavano il terreno nelle parti più alte, facendo attenzione a non calpestare i ruscelli d' acqua che dalle vette scendevano a valle. Interi fiumi rumoreggiavano cascate versandosi in altro fiume. Il suono costante era rotto di rado dal passaggio di qualche vettura. Lo sguardo rapito ed inerme, come fermo, sul volo di quegli straordinari uccelli, sulla loro caccia, e staccavo su quei monti dolci come una playland per bambini enormi. Il ghiaietto e l' ardesia, ciottoli e briciole di pietra, raccontavano gli anni trascorsi immobili di quelle terre al nord delle valli. Una lingua di asfalto catapultava i passeggeri in una fiaba di talco e fruscii, sospendendo il tempo e facendo assaporare il gusto di quella Terra straordinaria.
Sembrava spesso il volteggio di una ginnasta impazzita di musica, toccava corde di un intimo remoto e quasi sconosciuto, abbandonato. Per poi mutare in un brivido di freddo e calore al cuore, riflesso di quel dolce ondeggiare con dei fiumi dondolanti anch' essi, a fare da cornice. Assaporare gli istanti e assaggiandone le parti più lontane, questo e'. Il senso di fine che si prova alle Beacons, quel termine delle cose di chi vuole esserci quando cala la scena e le luci si abbassano fino a sparire. Un terzo occhio primitivo allora si dischiude, sbocciando come un tulipano ed aprendosi al mattino ed al sole che non c' e'. Sente cose di altre frequenze del corpo, avverte istinti e primordi raccontati come "deja vu", quella sensazione che nulla deve essere toccato, così perfetto, così semplice, ma maturo e schema.
La Natura e' lì che si lascia guardare, quei monti uno specchio oltre la collina di Hereford e Ross on Wye. Discendere da Brecon verso Merthyr e incanalarsi nelle strade laterali fino a perdersi nella convinzione non di scoprire ma sollevare polvere su un libro scritto da secoli. E quelle parole amiche che tornano nella mia testa quando tutto questo spettacolo si mostra al mio istinto: "non devi fare niente", diceva e dice il mio amico Guido. Non posso fare a meno di pensare che vorrei lui fosse lì con noi in quel momento, in quei precisi attimi, per nutrirsi così della soluzione che non chiede domanda, dove il silenzio sono urla e gli aliti di vento sono note musicali sulle singole esistenze, dove ci basta per comprendere la vera essenza, sollevare un pò d' erba e capire che si può volare anche da seduti.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

    

Nessun commento:

Posta un commento