25/08/14

Scripta manent.



      Collasso delle volontà. Cade il pensiero in una notte buia, scivola via su rotoli di carta e vene inchiostro disegnano e spezzano la monotonia di quel bianco candido. Argini cadono, ne osservo il tratto propagarsi e la carta imbeversi del nero della penna. Sinuose curve e ritmo dolce accompagnano l' incedere verso la fine e poi di nuovo sotto per una nuova parola, una nuova frase, una nuova retta.
Accattivante il punto rimane solo, interrompe il periodo per poi farne iniziare un altro con curve ancor più grandi, maiuscole.
- La scrittura e' statica - sento dire. No! Niente è più falso, anzi...nulla è più dinamico di una penna che scorre su un foglio piano. Se la si osserva danza nell' aria come un aeroplano e disegna traiettorie che corrispondono a quel che poi si lascia scritto. In quello scritto c' e' tutto il movimento, non della penna, della mente.
Non essere sedentari è leggere, e scrivere.
Aprire la mente alla scrittura significa governare i film che si vogliono vedere. Sono altri a dare facce e ruoli ad attori che non si muovono mai come la penna di uno scrittore li aveva immaginati.
Leggere un libro di un autore, trovarlo bello e poi recarsi al cinema per vederne il film. Quanto è distante l' interpretazione del regista da come si immagina quel libro, ed i volti, gli attori, ed i tratti salienti del libro, cercati, smarriti nelle trame di un film che se pur bello non racconta il movimento delle vostre idee sulla lettura.
A questo serve leggere ma ancor di più scrivere. Abbandonare questo straordinario vizio comporta una perdita di identità per ciascuno, e collettiva in genere.
Spesso ho bisogno fisico di infilarmi in un foglio con la mia biro. Voglio vedere cosa cade dalla mente su quel foglio. Quando non riesco tutto è confuso, tutto è più nebuloso. Credo che se tutti noi smettessimo di scrivere, e di leggere quanto scritto, sarebbe infinitamente più semplice addormentare il nostro senso critico, la nostra voglia innata di riflettere.
Scrittori si è per necessità proprie, poi, se si riesce ad essere apprezzati... tanto meglio, ma non credo esistano scrittori che non abbiano deciso di fare gli scrittori per buttare fuori quello che del mondo vedevano e che doveva andare via da essi, fosse stata immaginazione, curiosità, desiderio, passione o forza.
E' quella sottile linea d' inchiostro che come una pista si disegna ed insegue, cui il maggior dolore che si può dare, spostata in fogli, è correggerla o cambiarne il senso.
Il maggiore da altri, ma non il peggiore che possiamo fare noi a noi stessi.
Pensieri, idee, aforismi o racconti. Quanti fogli accartocciati e buttati, per un errore, o perché non ci piace ciò che stiamo scrivendo. Quanta parte di noi si è persa in quei cestini di stanze spesso rimaste chiuse a lungo. Polveri e noia sepolte, urlano i libri per essere liberati di nuovo.
Il caos regna sovrano in una stanza colma di libri senza una penna e l' inchiostro che fanno rumore. Una sedia che si muove è un aforisma, una copertina che si chiude è una poesia. La porta che cigola una lettera di un cuore inquieto, dei fogli caduti un dramma. E la costanza nel farlo diventano libri e racconti, in un vortice di mente in movimento. Poi il silenzio, il momento in cui il suono raggiunge il livello assoluto.

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