14/08/14

Nda Juana.



     Svoltare a quel bivio e' come possedere la chiave di uno scrigno prezioso.
Pensare che occorra così poco per isolarsi da tutto e trovarsi d' un tratto in un luogo che vince il tempo e' a dir poco sensazionale. Quei ciottoli sotto le ruote e quell' andatura accorta per evitare che sassi più grandi danneggino qualcosa, prime paure che cedono il passo alle radure che si vanno via via aprendo intorno. Qua e la cavalli e mucche che pascolano, ma la possibilità di incontrare cervi non e' affatto remota; diverso e' per l' orso, sarebbe stupendo, ma un animale di cotanta forza e bellezza riesce ad essere anche timido e giustamente diffida dall' essere umano.
A sole due ore da Roma. Questo paradiso terrestre e' diviso dalla lingua di asfalto da monti e una strada sterrata di 5 km circa.
Chissà quanti passano al giorno, e quante volte ci sono passati, ignorandone l' esistenza.
Quando la valle si apre, tutta la sua bellezza quasi violenta gli occhi. Una conca e uno strappo azzurro sopra la testa. Il costone della Sparvera, una parete di trenta metri di roccia affiora fra bosco e vegetazione, ripido, quasi a voler riaffermare l' inaccessibilità della vetta pulita. Di la c' e' Preccia, un mucchio di alberi verde pastello vigorosi, quasi vivi; la stagione piovosa ha alimentato i colori del bosco e una mescola di tonalità di verde la fanno sembrare un quadro.
Di qua e di la le linee delle montagne accompagnano il cielo fino al Vallone, non prima di aver permesso la quiete al costone più alto: le persone del posto lo chiamano Rieuze de la Mira, Rialzo della Mira. Da li si domina buona parte dell' Appennino centrale, con una poltrona speciale verso il Gran Sasso d' Italia.

Il cielo ti schiaccia quando sei in quella conca. Nuvole a forma di cavalieri alla carica con tanto di spade e scudi, sagome curiose rimodellate attimo dopo attimo da un vento grave che da libero sfogo alla fantasia. Sovente si può veder piovere a macchie, ed una vera e propria aurora di gocce incupiscono parti dei monti che da valle sembrano bruni.
Se la pioggia e' imminente il cielo plumbeo avvolge il tuo corpo come un denso recipiente di mercurio sospeso a rovescio, un miliardo di termometri rotti ed un luccichio splendente pesa, sopra i tuoi occhi. L' idea che di li a poco tutto possa cadere ti accarezza, ed un terremoto interiore ti fa sospendere il corpo come fosse in una piscina pronta per essere svuotata al contrario.

E allora via. Per cercare riparo ci sono gli alberi, per i fulmini elettrici il sipario del tetto si fa violaceo, ma nulla protegge se non quella masseria che rimane chiusa per quasi un intero anno, per quella piccola cappella che ti ricorda come la preghiera e non gli uomini arrivi sempre dove la volontà trova, ed infine quella tettoia fatta di grandi travi, assemblati per quell' edificio dove puoi trovare la cordiale amicizia di una famiglia di pastori dedita alla cura di questo territorio.
Ci lascio un pò di cuore ogni volta. Ogni volta e' una parte differente del cuore, come differente ogni volta e' la sagoma di questa valle che si offre ai miei occhi.

All rights reserved - Roberto De Sanctis

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