03/08/14

L' istante in cui conobbi le Highlands.


      Eravamo atterrati alle dieci e cinquantacinque di sera. 
Un volo tranquillo tutto sommato, ma la strada da fare fino all' albergo ci portava un pò di ansia. Ci mettemmo in macchina, un' elegante monovolume scura come le highlands. Ampia, pensata per sette persone. 
Noi eravamo sei, corpulenti e col classico bagaglio a mano di chi vola low cost per poter risparmiare qualcosa. Ci sistemammo e fummo pronti a partire. Io alla guida, autista e responsabile dell' itinerario. Federico al mio fianco, Alessandro, Fefe, Angelo e Matteo dietro. 
Luci perfette e volante per me, girai la chiave ed acceso il motore mi mossi. Federico studiava la cartina dove io avevo costruito l' itinerario di viaggio. 
Tutto ci parve veloce. La vettura presa subito al rental. Noi che da Prestwick ci eravamo trovati vicino Alexandria in un tempo brevissimo. 
"Non prendere per Greenock, svolta di qua!". Dunbarton poi Peasley, ed insieme a loro la promessa di quel lago favoloso. 
Sapevamo che il lago era lì, e la vegetazione nella notte ci accarezzava mentre quel dannato vento prendeva a schiaffi la nostra automobile.
Passata Luss dissi a Fede di essere attento. Di li a poco ci saremmo trovati in una località chiamata Tarbet. Quello era il nostro bivio, dovevamo svoltare per Arrochar. Con quel vento ad accompagnarci e la reception ad attenderci, nessuno aveva voglia di sbagliare strada.
Tarbet arrivò, noi svoltammo, ed un saliscendi di curve a destra e curve a sinistra ci fece sembrare quei tre chilometri un mare.
Parcheggiammo l' auto. La reception ci stava aspettando ma quel vento assurdo ci aveva fatto tardare. 
Non si vedeva nulla, se non la fioca luce nella nebbia su quel tetto spiovente che ci sembrava una lucciola intermittente. 
Potevamo però ascoltare un delirio. Il vento fischiava fino a gonfiare le nostre giacche. Il rumore delle onde del lago di Long, in realtà un' insenatura del mare, che giungeva quasi fino alle rive dell' altro lago, quelli si, vero, di Lomond. 
Quei tre soli chilometri a dividere queste estese piscine rigonfie di acqua. 
Entrammo e fui sollevato, per essere giunto e per essermi risparmiato quel vento. La sensazione fu la stessa per tutti, gli occhi di chi in un solo istante ricorda tutta la stanchezza di un viaggio comunque breve.
Ci guardammo intorno ed il sollievo aveva contagiato anche la piccola ragazza mora con i capelli a caschetto che ci stava aspettando dietro il banco dell' accoglienza.
"Are you from Italy?" ci chiese, ed io "yes, we have a reservation, my name is...", "that' s ok i was waiting for you".
Con molta gentilezza, e per nulla infastidita dal fatto che erano quasi le 1.30 di notte, fece presto a chiederci i documenti ed a consegnarci le chiavi delle nostre tre doppie.
Non avevamo una gran voglia di parlare, e non eravamo i soli. La stanchezza montata dall' ingresso stava avendo la meglio, e forse anche lei aveva voglia di sdraiarsi su quella branda di cui si vedeva la punta dentro la stanza nel retro della reception. Era piuttosto evidente comunque, che tutti avevamo le idee molto chiare. Decise le coppie, volammo a dormire.
Stanze accoglienti di un albergo normale. Rapido passaggio nel bagno per riprendersi un pò. Prima Ale, poi io. Ed il mio tempo la TV accesa per sentire qualcosa. Pantaloncini, ciabatte e tshirt, non un bello spettacolo, ma la casacca da notte e' indossata. Il tempo di presentare la mia testa al cuscino e i miei occhi serrati mi persero dentro un sonno cullato. 

Socchiusi gli occhi e mi stirai. Facendo dei versi e mugugnando per la luce che entrava dalle tendine mi volsi e vidi Alessandro già sveglio e seduto. Gli chiesi che ora era, e mi rispose che avevamo dormito 7 ore. Poi mi disse di tirare la tenda, perché c' era qualcosa che dovevo guardare.
Mi alzai dal letto e feci come mi aveva chiesto. Le tendine si aprirono come un sipario e, chinando impercettibilmente il capo indietro mentre i miei occhi erano ormai già sbarrati per lo stupore, mi resi conto in un attimo che il motivo per cui avevo deciso di fare quel viaggio era lì, di fronte ai miei occhi.
La notte precedente eravamo giunti in ritardo. La fretta e quel vento ci fecero prendere i nostri bagagli con grande velocità e dovendosi piegare in avanti per resistere alla forza dell' aria, ci eravamo coperti per bene per proteggerci dal quel freddo lacerante. Tutto questo ci aveva impedito anche solo di provare a vedere dove fossimo. 
La luce del giorno ed una quiete impensabile poche ore prima mi misero di fronte uno scenario maestoso: avevo per la prima volta di fronte a me le Alte Terre scozzesi. 
Tolsi lo sguardo a quel muro di pietra dopo almeno un minuto. 
Mi passarono nella mente tutti i flash della notte precedente, cercai di collocare tutti i momenti nell' ordine cronologico giusto e volevo capire perché non mi fossi preoccupato di osservare cosa avessi intorno. 
L' occhio scorse quel muro fino alle acque, ricostruii l' insenatura nella mia testa e scivolai con lo sguardo sul parcheggio per avere conferma della presenza dell' auto. Lei era lì, come c' ero io. 
Quel minuto trascorso io persi la testa. Io quel minuto volai.

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