24/06/15

Un luogo chiamato libertà.




          Acredine e contrasti non si sono allontanati dalla strada innocua di un perdono mai preteso. Si sono concentrati in un lasso di tempo molto breve e prevedibilmente i malesseri ed i mugugni del non detto sono esplosi tutti insieme perforando quella patina di diffidenza che li conservava e li teneva buoni. Ora se ne sentono i denti digrignare, e se non per la rabbia anche un rammarico costretto si contorce fra occasioni perse e tavole imbandite di portate fredde.
La fogna di un discorso interrotto diffonde afrori ed olezzi di vergogna dentro l' alveare delle api dove il miele e' oramai rancido. Smunti gli insetti ed abbandonato il vano, si allontana la macchia in movimento per cingere operosamente altra sede e cominciare a costruire altro nulla. Violati sono gli impegni e le pretese invane di sembrare ligi, sono gettate via come altra parte del costrutto trasparente. Liberano sotto il ronzio di insetti che cercano altro cibo, proteggendo e al tempo stesso rilasciandosi ad un destino piatto e in bianco e nero. Colate di linfa scendono dal dorso della convivenza diffondendosi fra quelle appiccicose terre dove chi deve sorprendere finisce inevitabilmente per allinearsi e perdere, andando contro tutti i buoni propositi di una rivoluzione soltanto immaginata. Spugne di catrame ed oli si propagano in una mescola maleodorante di dannosa valle, dove sagome senza una meta vagano nella speranza di ritrovarsi in un tempo andato e ripercorrere le proprie scelte cautelandosi oltremodo.
Serpenti e strane forme sul terreno, immerse dentro il limaccioso e osceno piano di uno spurgo autorizzato. Cedono al rapprendersi e rilasciano giusto quel fiato per poter permettere allo strazio di allungare questa loro agonia, crogiolandosi nella mediocrità di un movimento limitato e senza alcuna fantasia di porre rimedi agli errori già commessi.
Anime epilettiche come avvolte da correnti intermittenti sono soggiogate dalla presenza di un ego parallelo che costantemente porta rinuncia e deprime. Avvolte alla seta viscida di un barile di liquami, come mummificata la camelia delle menti raccoglie in se tutte le antiche idee da riproporre ad altri per consentire almeno una nuova alternativa a chi poi giunge. Formati nuovi e geometrie dinamiche per liberarsi da questo stato evanescente di sconfitta e ringhiare finalmente allo spazio. Bramare, percepire nuovo desiderio. Volontà effimera di un progetto che se inascoltato implode e muore in collettivo dramma. Rinascere e divincolarsi dagli strati, abbandonare le menti alla libertà senza temerla, ossequiosamente adempiere a tutte le infrazioni dei limiti, uno ad uno scardinati come pioggia presa a spallate che rilascia polveri di liquido che rinfresca. Anomalia, rinnovo, inaspettata fonte e sobria contesa. Giunge a noi un domani di rivoluzione dove episodiche disfatte si contemplano a specchi di giustizia mite e calorosa. Fagocitati dagli aspetti morti di una vita che crediamo di attraversare, stiamo ritrovando il timore di calpestare territori inesplorati dove la libertà raccoglie al suo interno anche un senso di potere e di controllo sugli aspetti che finora avevamo imparato a demandare sulla nostra pelle agli impegni ed ai voleri degli altri. Sciami d' api che rientrano, alveari edificati e lindi per le nuove case che le aspettano. L' idea e' nell' operosità di quegli insetti. La linfa nuova e' il miele. Un' altra idea da cavalcare forse, ma da difendere ostinatamente dentro questo luogo nuovo cui si affaccia adesso il corpo, quel luogo chiamato libertà.


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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