06/04/15

Pegaso.




          Non basta una barba a celare il viso, neanche nella notte, men che meno nella grotta di piume dove uno stallone bianco scarta e a tratti mette il muso nella pozza per abbeverarsi. Fuori piove a dirotto ed il fruscio degli alberi produce un suono spaventoso. Scesa la cavalcatura e direttosi all' anfratto per cercare un poco di ristoro quei due occhi sornioni lo avevano rapito immediatamente. Temeva che i due equini potessero scontrarsi ma si sbagliava, appena entrato Nero nella grotta la creatura bianca alzò la testa quasi per scrutare l' intruso, poi si pose sull' ospite umano. Ebbe giusto il tempo di incontrare le sue grandi narici con il suo negativo e subito si intesero. Sul varco della grotta peraltro arrivava un po' di vegetazione che le due bestie potevano assaggiare senza essere costretti a bagnarsi del temporale che si stava scatenando.
Tolta la sella a Nero e spiata per un po' la sua nuova amicizia, il cavaliere nervosamente si tolse gli abiti per non gelare e, vista la grandissima disponibilità di legno secco all' interno del suo riparo, cominciò a grattare un arbusto di quelli più sottili, per farne corteccia e paglia, così da rendere utile il suo acciarino e quel tanto da scaldarsi le membra e gli abiti svestiti. Se da mangiare abbondava per le due straordinarie bestie, per lui c' erano solo delle scatolette di carne e qualche galletta, ma il calore intervenuto e quella fiamma ipnotica scaldavano e nutrivano più dello stesso cibo. Stanco della foresta e delle notti di veglia per timore di bestie come lupi ed orsi, non avrebbe per nulla rinunciato a quel riparo straordinario ed accogliente, tant' e' che il suo fucile era appoggiato alla parete immediatamente dietro di lui e le munizioni erano giusto nella sacca che faceva da cuscino.
Una coperta arrotolata ferma grazie ad una cintura si allentò per poi distendersi sul terreno dopo una dozzinale pulita al giaciglio eletto per la notte. Sopra la coperta sistemò il suo sacco a pelo e posti una quindicina di grossi pezzi di legno vicino a se per ravvivare il fuoco durante la notte, dopo mangiato si distese. L' ultimo movimento prima di assopirsi fu il gesto di allungare il braccio alla parete e prendere il fucile per la canna, dopo di che lo distese lungo il suo fianco e chiuse gli occhi.
A quel punto il silenzio piumato avvolse la grotta e gli unici rumori che si potevano distinguere in mezzo alla tormenta, che invece fuori stava picchiando non poco, erano i suoi respiri profondi e il ruspare dei due equini in cerca di erba fresca per rifocillarsi ancora un po'.
Il rifrescare asciutto del fuoco che oramai era diventato brace lo ridestò giusto il tempo di prendere con le sue ruvide mani altri pezzi di legno e porli sulle ceneri bollenti arancio. Dovevano essere passate un paio d' ore, forse tre, e passata una mano sulla barba, alzò il capo lo stretto necessario per controllare se tutto era normale. Notò che Nero e Brenno, in quell' istante gli decise il nome, stavano dormendo quasi collo a collo. Di animali estranei all' ambiente non ce n' era ombra, ma fuori qualche flash e tuoni ripetuti annunciavano che il temporale stava avendo una evoluzione, se possibile in negativo. Un brivido e la fiamma che riprese ad illuminare gli ricordarono la comodità di quel giaciglio, pregustò per un istante l' idea di addormentarsi ancora e si rannicchiò di nuovo, per abbandonarsi a un nuovo sonno. In quell' istante il rumore del temporale che si dilatava in tuoni e fulmini gli fecero apprezzare ancor di più quel tessuto che lo avvolgeva e riprese a ronfare di gusto.

Un fascio di luce penetrava nella grotta. I due cavalli, il suo Nero e Brenno, come aveva deciso di chiamarlo la notte precedente, erano assenti, forse già usciti a brucare l' erba, non solo non aveva sentito nulla, il suo sonno si era rivelato così profondo da non avvertire nemmeno gli zoccoli dei due quadrupedi mentre si allontanavano verso l' esterno. Questo non lo distolse dal mettersi in piedi, poggiare il suo fucile e fare una ricca pisciata addosso alla parete. Seguì il copione la sua andatura claudicante ed ancora rincoglionita verso quella stessa pozza d' acqua dove aveva bevuto lo splendido cavallo bianco la sera prima, alla quale si affacciò e dalla quale bevve. Riempite le due borracce si tolse i pantaloni ed entrò in quello specchio limpido color turchese, si immerse e strofinandosi capelli e barba, viso, spalle e fianchi, iniziò a preoccuparsi di dove fosse il suo cavallo. Uscì dall' acqua scuotendosi come fa un cane, rimise i pantaloni e si diresse verso il fuoco, oramai cenere, anche se ancora calda. Prese i vestiti e constatò come fossero asciutti, era pronto, guardò la sella e solo allora ricordò che avrebbe dovuto recuperare Nero per sellarlo e ripartire. Si dirigeva verso l' uscita, ma ad un tratto si piantò, ricordava di prendere il fucile perché il panorama della mattina doveva essere mutato rispetto allo scenario in cui era arrivato la notte precedente. Seguiva il fascio di luce, ed era uscito dalla grotta domandandosi cosa sarebbe cambiato. Della sera prima non ricordava nulla, era giunto in quel posto per caso, e se non fosse per un fulmine che illuminò la grotta probabilmente non l' avrebbe neanche vista.
Una piccola radura in una macchia, alberi fitti e foglie sul terreno, sospese da un fitto strato di erba verde che apriva una piccola radura. Nero era comodamente al pascolo, ed i suoi denti stavano strappando i ciuffi e ne poteva sentire indistintamente il rumore. Di Brenno, lo straordinario stallone bianco non c' era traccia, ma poco male, considerato che ancora da domare poteva essere solo un ingombro. Certo - pensava - era una straordinaria bestia, ma cosa avrebbe potuto fare per ammansirlo e portarlo a se? Non sarebbe certo stato sufficiente il grado di confidenza intercorso fra lui e Nero...
Prese Nero per le redini e lo ridiresse al passo verso la grotta, fecero per entrare  ed il cavallo istintivamente chinò la testa anche se lo spazio era abbondante. Giunti vicino al fuoco il respiro del cavallo si fece nitrito. per una sera aveva saggiato la libertà del suo compagno Brenno ed il pensiero della sella stretta a cingere le membra non doveva essere piacevole. La barba si fece irta sotto la smorfia di fatica per sollevare la sua sella. La coperta avvolta ed il sacco a pelo erano pronti, messi lì da una parte, mentre l' altra coperta che separava il cuoio dalla pelle della bestia era piegata e pronta all' uso. La sollevò poggiandola sul dorso del cavallo, e sulla stessa poggiò in un secondo tempo quella sella. Il cavallo gonfiava per non far stringere, ma lui strinse di più, e sistemato il fucile nella fodera fu pronto per partire.
Due scalciate alle braci ed il fucile sistemato nel suo fodero. Coperte e sacco a pelo riavvolte e legate alla sella. Il rumore dei passi degli stivali sul terreno accompagnavano la nuova uscita dalla grotta, ma prima di andarsene il cavaliere si voltò un' ultima volta quasi con nostalgia, pensando alla notte passata, e pensando ad un sonno che da giorni non era stato così lieto.
Le redini in pugno, una pacca sul collo ed inforcò il piede per montare. Quando volse il collo verso la macchia vide Brenno. Il cavallo era tornato e scrollava il capo, per poi scartare e sollevarsi sulle zampe posteriori. Era dinamico, bellissimo, ma non irato. Quasi un saluto per le notte trascorsa insieme. Nero nitriva in segno di approvazione e lui dovette serrare le briglie per evitare una risposta più vigorosa. Lo scosse coi talloni ed il fedele animale cominciò ad andare.

La radura si era ben presto interrotta per restituire spazio al fitto bosco. Il machete aiutava nei tratti più impegnativi mentre il cavallo al suo passaggio marcava con gli zoccoli pestando quella piccola strada che scendeva a valle. Avevano ritrovato il fiume e lo stavano seguendo. Quel bacino d' acqua fortunoso incontrato nella notte precedente doveva essere niente altro che una vasca di liquido che da quel fiume si infiltrava nella grotta per via di qualche canale fra le rocce. L' impeto delle acque talvolta aumentava per poi concedersi, in alcuni tratti, delle fasi rilassate dove si apriva. Lì scorreva lento ed era facile tornare a rifocillare la fatica dell' equino, e le borracce al cavaliere. Felci e vegetazione bassa stavano mutando il panorama, e in un istante di paralisi quel cavaliere rimirò la scena. Se aveva mai pensato a come potesse essere l' Eden, non lo avrebbe mai considerato molto distante da quanto in quel momento appariva alla sua vista. Per un momento pensò persino di cacciare, al fine di rendere tutto perfetto, quella carne in scatola strideva con quella sua emozione nel vedere il tutto, ma non aveva incontrato ne cervi ne cinghiali, o almeno non ancora.
Fu col sole alto che decise per una sosta. Approfittò del momento per sciogliersi in un nuovo bagno, ma uscito dall' acqua, sapendola piena di pesci, improvvisò una lenza e delle esche per provare a catturarne uno. Ebbe il suo da fare per raccattare vermi. Diverso fu per la lenza, perché custodiva una matassa di filo nella sella. Calò la trappola nell' acqua ma, alzando lo sguardo verso la rupe che aveva di fronte, scorse un' immagine nota che lo rese attonito. Quel cavallo bianco era ancora lì, che impennava e col magnifico crine al vento. Come se lo stesse seguendo, come se vegliasse su di lui, non era troppo invadente da sovrapporsi a Nero, ma aveva quel comportamento di chi ha cura.
Inutile dire che la pesca fu infruttuosa, anzi, Sean, questo il nome del cavaliere, ripiegò in maniera piuttosto rapida  verso il solito rancio. Proponendosi nuove prospettive per la sera, riprese il cammino sotto quelle grandi nuvole bianche come cuscini che invadevano il cielo di un azzurro pastello mai visto prima. Nero appariva nervoso, ma nemmeno uno sprone al galoppo per alcune centinaia di metri lo distolse da quel suo stato emotivo. Di fronte, sulla strada, Brenno rincontrava la nostra fermandosi ad aspettarci. Doveva conoscere benissimo quelle terre, molto meglio di quanto fedeli fossero le mappe che il cavaliere Sean aveva con se. Era riuscito a giungere a quella rupe in men che non si dica, e ne era disceso in un lasso di tempo ancora più breve. Provava a pensarla sua quella bestia, ma si vedeva assolutamente che quell' animale era così libero, e tutto quello che lo avesse rinchiuso, fossero state redini o recinto, sarebbe stato per lui non solo incomprensibile ma addirittura inumano, senza considerare che chiunque avesse voluto catturarlo avrebbe dovuto patire le sue belle pene per riuscirci. Ma era vigile sulla loro strada, e a lui cominciava a non dispiacere, primo per la straordinaria bellezza di quella creatura, secondo perché aveva come il senso che vederlo lungo il cammino gli confermasse la bontà della strada.
Coordinazione e fatica non si alternavano, cresceva tutto in fretta e nello stesso momento. Ripetuti scarti fra la vegetazione adesso aperta non concedevano la possibilità di galoppare ancora. Non si poteva rischiare che Nero si azzoppasse per essere veloci, era necessario controllare dove gli zoccoli poggiassero perché il terreno lungo il fiume era pietroso. A tratti scosceso poi si equilibrava divenendo pianeggiante, ma in un momento Sean allontanò Nero dalla riva. Polveri esplose di vapori acquei si sollevavano da quella che sembrava una cascata piuttosto grande. Scese, legò il cavallo a un albero per assicurarsi che non avesse a che mettere piede in quel futuro incerto e si diresse cautamente verso quelle nuvole di polvere acquea.
Lo scenario era mozzafiato e preoccupante, ed ancora una volta Brenno si affacciava a lui guardandolo negli occhi. Di fronte una discesa d' acqua di almeno quaranta metri, con vari rimbalzi sulle rocce sottostanti che fracasserebbero senza dubbio sotto l' impeto del fiume. Interrogarsi su quanta strada occorre per aggirare quell' ostacolo serviva a poco, ne si potevano gettare. Era perfettamente ovvio che sarebbe morto lui con il cavallo.
Ma Brenno incalzava, lo guidava, gli mostrava tutto il suo ardore ed i suoi impeti incomprensibili, continuando ad elevarsi e scalciare in aria con le zampe anteriori.
Sean tornò indietro ed un nitrito che assomigliò a un rimprovero si diffuse dal cavallo. Nero adesso era slegato e le redini portavano lontano da quel picco. Sean stava agitandosi per portarlo via ma anche Nero adesso scalciava ed impennava, tanto da far pensare a Sean che quel cavallo in realtà non fosse più il suo ma di quell' altra bestia.
Sean rimase a vedere impotente Nero che si dirigeva verso Brenno, camminando fiero, e fu solo in quel momento che si accorse di quanto il suo cavallo fosse bello. Fischiò, e Nero volse il capo, quasi capendolo corse indietro e Sean, obbedendo ad una sensazione, gli sciolse la sella per toglierla e pose via anche il panno sottostante. Nero scuoteva ancora il capo ringraziando, e a quel punto Sean sentì di dover togliere anche le briglie. Rifletteva su quanto tempo prima lo aveva lasciato libero così di correre veloce e nudo di altre cose. Nero giunse a lui, e lui capì che il suo cavallo lo stava salutando, ma lo lasciò comunque libero di andare. Un cavallo nero, un cavallo bianco. Li vide farsi incontro, felici, si avvicinarono e si annusarono, scartarono qua e la per poi voltarsi a quella nube d' acqua. L' urlo di Sean combaciò con i due salti immensi, mai visti prima, in tutta la loro sinuosa bellezza. Sean fece per recarsi in fretta verso la cascata, fu allora che le due sagome si sollevarono sontuose. Cavalli alati resi liberi e sciolti dagli impegni terreni, volavano, e col loro volo Sean cadde a terra, ma a cadere non fu solo lui, parve cadere tutta quella terra, l' Oregon, nazione piena di natura pronta ad esplodere, di cascate e foreste, di vette e deserti collosi. Ma in un istante in quella terra di colori nitidi Nero si trasformava in un Pegaso cui un altro Pegaso aveva insegnato a volare il tempo di una notte insieme passata in una grotta. E in quello stesso istante Sean, il cavaliere, aveva appreso che la libertà risiede in un urlo di un uomo come nelle briglie che incatenano la bestia. Sciolte le briglie e liberi dalle catene due cavalli gli insegnarono in quegli attimi che si può volare, spiegandogli l' aria nell' acqua e l' acqua nel sole, come gli alberi e la grotta, come l' erba e le pietre sulle rive.


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