22/04/15

Da una miniera non si osservano le stelle.


"Questo breve brano e' dedicato in particolare ai 33 minatori cileni che dal 5 Agosto 2010 rimasero intrappolati 69 giorni nella miniera di San José, nella regione di Antofagasta, ed in generale a tutti quei minatori che hanno perso la loro vita sottoterra lavorando in condizioni disumane."

   
    Grotte di salgemma lucide e brillanti. Uno strano pulviscolo e le maschere a coprire gli occhi. Avanzo, e lento, il mio incedere si mescola a quello strano buio riflettente. Il carotaggio nella stanza in fondo rumoreggia e crea polveri nuove mentre lontano in altra galleria, echi di esplosioni si ascoltano nitide per rovinare ancora e continuare ad estrarre.
Lo stomaco della Terra, rotto e reso poltiglia salina, come cunei e viti si arrotola su se stessa la punta del macchinario. Un nastro trasportatore fa il resto, raccogliendo quella pietra di sale e portandone interi pezzi via per essere prima frammentati ancora e poi polverizzati. Tutto questo movimento e' un' orchestra, macchinari, addetti, tecnici; poi ancora binari dove carrelli trainati riportano in superficie quanto asportato nel cuore della miniera per essere lavorato.
Sono testimone di tutto questo, ma al solito il taglio dell' informazione viene frammentata a sua volta e investita dalla mia analisi mi fa riflettere sul fatto che quella miniera potrebbe essere in me: lo stomaco della Terra appunto.
Ragionando il nostro pianeta come un individuo, l' eccessivo sfruttamento dello stesso farebbe degenerare fino alle problematiche ed alle alterazioni, cosicché quella stessa miniera che guardo e che percorro, potrei osservarla con gli occhi di chi avverte una leggera gastrite, o qualche linea di febbre. Vedo come sono metodici gli operai che bucano, che piantano dinamite e raccolgono ciottoli di salgemma. Se allo stesso modo fosse una malattia rischierei di ammalarmene in maniera grave.
Fatto sta che quella passeggiata in una galleria di una miniera diviene in un momento un moto di consapevolezza e di coscienza. Attraverso i miei passi scruto come può insinuarsi un' incertezza in un pensiero, come un colpo di tosse potrebbe essere un' esplosione di salgemma. Credo fermamente ad una intima connessione fra quello che e' interiore ed il cielo intorno. In mezzo, noi, come comunità e presi singolarmente, a rappresentare un frammento di quota fra più livelli, alla ricerca di un passaggio che ci porti sempre al piano superiore. Poco importa se questo ci sia concesso attraverso la Musica o la Scultura, attraverso l' unione nell' altro e nella vera individualità (la coppia), attraverso un pennello o una matita.
Evolvere, salire. Senza che nessuna miniera renda friabili le fondamenta sulle quali costruiamo altri gradini. Avanzare, guardando fino al cielo, non dovendoci dimenticare di quante buche il nostro inconscio ha già prodotto nelle nostre sicurezze. Crepitii ed esplosioni, altro pulviscolo e le maschere che non ci permettono di vedere bene dove siamo. I rumori delle macchine accese e quei pezzi di sale che si muovono. C' e' tutto un comportamento in quella miniera, di individui e collettivo, persino per altri inconsapevoli si scava. Raggiungiamo l' elevazione perforandoci il sottosuolo. Non credo sia la strada per edificare il tetto e potersi finalmente liberare in aria. Funi sono piantate per salvare perché e' tutto già previsto, Come ascensori carichi risalgono le pareti di roccia per il cambio turno. E cosa sono quelle colonne di aria libera al cospetto del terreno se non delle corde che ci sorreggono quella unica possibilità di non ammalare ancora chi la sotto poi ci va a morire?

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved



Nessun commento:

Posta un commento