08/04/15

Frammenti.




        Nuove consistenze fatte di melassa e pietra scivolano attraverso le fessure di una vita mossa dall' inquieto. Brusii di insetti e spasmi nelle notti buie dove creature insonni spezzano la quiete di un silenzio cupo e di una tana asciutta. Corde di vegetali e materiale inerte avvolgono come foglie di felce raccolte per rifare il tetto. Ascolto una rana gracidare e nello spazio di un istante tutta la bruna macchia si accende di rumori. Messi d' argento paiono le faville al fuoco, mentre da esso si liberano gassosi crepitii di azzurro mentre le braci incandescenti come lava asciugano e riscaldano il contorno e le sue pietre. Camera di combustione esplode ed altra legna appoggio per scaldare ancora, come all' anima ed al corpo in un unisono il calore tocca e li consola. Dell' umido che e' intorno sole tracce nei rumori inaspettati e dirompenti, fruscio di foglie e timida la luna affaccia in qualche istante. Perso fra quel soffitto verde e quel terreno caldo, vago con le scosse verso fronde e rami, per poi cadere e frantumarmi come un involucro precipitato e ora distrutto.
Raccolta fruttuosa per l' attesa e per la via dell' intelletto, aridamente spento scaldo e con cortecce arriva. Croste di epica apatia mi crollano di fianco per liberarsi poi nella rigorosa deduzione e nell' ascolto. Mi fido di ciò che sono per pochi metri, fino a schiantare in una nuova maschera che qualcuno mi ha costretto ad indossare. In quella fitta vegetazione non distinguo il volto e toccandomi con le mie mani potrei essere davvero molto altro, ma le reazioni del corpo, i brividi, il sudore, misurano l' estensione di un essere che si propaga luminoso. E' in se, specchiandosi di nuovo in quelle braci ardenti che riflettono tutto il creato in uno spazio misero di aria bollente. Acredine e conflitto, mistero e raccapriccio, non e' assolutamente bello ciò che vedo. Un' umanità sorda che dismette i suoi locali dentro un corpo e un altro ancora, il timore della comprensione e forse anche la vergogna. Agita strati di un essere oramai sottomesso alla regola imposta, frugando fra i valori e quell' ipocrisia latente si abbandona al cielo per toccare ancora quel che adesso non e' altro che ricordo. Sciami sismici si assestano nei brividi di un uomo stanco di ascoltare le sue scuse, e a se stesso invoca raziocinio e follia. Bruna notte ascolta e chi ti parla e' perso, ma almeno sta cercando e a ritrovare mira. Fiamme e cristalli scoppiano fuori da un canto di sirena quando eliche di foglie roteano per dedicarsi al suolo. Mistiche emozioni e grappoli di identità raccolgono fino a tornare in quel bacino che era al contempo destrezza ed essenza convogliata. In quel contenitore avvolto e' il tempo, ed io nelle sue fasi, quando lucido osservo ed analizzo e quando invece dentro vortici empirici riscopro. Si frantuma la crosta che mi argina e mi cade il velo. Mille pezzi di corteccia ed anima si libera planando verso il cielo. Miniature sature di stelle si accompagnano a quel fuoco e alle faville, ed in quei gas che spigionavano lucenti lingue adesso mi abbandono piano. Creste e frantumi cuociono dentro la stanza di quel fuoco, e come apostoli le pietre osservano, lì a delimitare schegge luminose che deflagrano e in un attimo son spente. Cavità e flussi di calore vegliano sulla mia notte e tutto e' spento nel momento in cui mi sveglio.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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