08/07/15

Generale Inverno.




        Proprio quando il caldo avvolge e' più freddo il cuore. Come una barriera che rischiara e vive, si difende, tutelando così tutti quegli organi che fanno musica fino a colpire espandendo l' elasticità di una cute ormai liquida e parete di confronto con l' esterno alieno mondo che io vivo.
Come uno scivolo il cuore foraggia il bambino che scende. Stanco da il ritmo alla scala e alla fila che attende per attraversarlo. In quell' unico gesto mobile l' impeto di un movimento allegro che del vento che si disperde assapora l' esatto istante in cui si produce e va via.
Raucedini di un terreno che accoglie i miei piedi, ed un tonfo dichiara l' arrivo ed il nuovo calore. Altra corsa, altro giro! E quasi a ripetere gesti in maniera ossessiva, salendo le scale di nuovo, rispettando altra volta la fila. Aliti e folate si propagano diffondendo anche me ne contorno. Crude gocce di sudore ascoltano il confine di un corpo ormai esausto ad un turbine che rifiorisce. Quella soglia d' ingresso respinge mentre il vascello alato solca il cielo trasportando il sole ed il suo calore in un occhio dal quale esplode tutta la sua grave forza.
Semidei. Lente genuflessioni e sofferenze ardite al cospetto di questo signore. Brucia anche la gola ed il respiro affanna, sorretto da un energico maglio che invece di colpire accarezza, dissipando i timori reconditi ed esaltando quella grande bugia che fra eleganti ammiccamenti tuona nelle ossa e nelle fibre muscolari ricacciandoci dentro una danza abulica e nei significati estrinseci di un tollerante verso di lamento.
Offuscata e' la strada nella nebbia di una via smarrita. Tutti quei gradi, giudici ed al tempo stesso colpevoli, di una correità mai pagata e mai davvero riveduta al cenno di una tromba o di un velato uomo di sentenze. Oblunga la ferita lacera nel cuore abbattuto. Etica di un clima scorretto che mi racconta il divario fra quel che cerco e quello che invece mi cammina sulla pelle. Come cascate di liquido incontrollabili dalla schiena e dalla cute tutta si disperde il sale, e passo le giornate a bere come se neve fosse e pioggia ci scendesse dall' interno al di fuori come in un nucleo privo di gravità ma colmo di sensazioni negative e resistenza ignara.
Ruota in tondo come fossi un vortice, e veloce smembro. Spirali di calore disperso e liquidi espulsi si ritrovano in linfe nuove e crepitii costanti di rinnovo, dove le pareti interiori sorreggono ed esplodono verso l' esterno raggirando la stagione e soggiogando un fiore appassito di un eterna luce bollente in un istante macero di freddo ricordo.
Criteri avulsi da un diagramma immaginato. Regole obbedienti ad un foraggio alieno ed al substrato. Vezzi e briciole di un tonico benessere tornano evanescenti su quegli scogli di osso e di concreto movimento, perdonando la staticità e osservando l' oblio di un' impotenza dichiarata, tenta, e ad un tratto riesce a muovere, per poi mollare nuovamente e riabbracciarsi a quell' immobile idea che ho di me quando questa stagione giunge: antitesi dell' intelletto e dissolvenza delle immaginazioni. Tutto si definisce in concreto impedendo il sogno e la curiosità. E in un tratto di vita che ci vuole assai operosi invece fermo come immagine fulminea quell' idea di me che vaga fluttuando in anonimo temperamento interessante, volgendo il capo all' autunno ed alle foglie cadenti, per poi rincominciare a navigare in acque torbide dove le essenze si frastagliano come sinapsi, e quello scivolo dove le code abbondano cade all' insù, mandando i miei pensieri in contromano e permettendo alla mia mente di ballare.


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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