06/07/15

Come pietra.




         Imbonitori e mercanti di consigli, contrabbandieri di sensazioni e tavole rotonde erranti. Vagano fra le promesse di una sensibilità scaduta con la quale non hanno fatto mai i loro conti, aggrovigliandosi tentando di spiegare com' e' facile sognare dentro ad una realtà dove i sogni non ci sono stati mai. Cronache di fallimenti e prese di posizione, assoluto desiderio di donarsi per far credere che si abbia qualcosa da dare. Genio e raccapriccio, inconsistenza oppure lucida demenza. Cosa e' il suo tempo per ascoltare se chi lo fa trascorrere pendola fra il nulla e le inattive novità. Rilievi e menzogne vestite di plastica e sotto spoglie cementate da un sorriso falso. Vede le essenze di un rigore che non e' passato mai, mentre le volontà e quell' immaginazione di una vita altrove le rovescia e lo rovescia in apatie distratte ed in consigli che non ascolterà. Prodromo di una esistenza lucida, occorre nostalgia di se per arrivare a definire un fallimento come una catena di successi. Eppure specchio esiste, e nello specchio tante fasi di una grande bugia appiattita lungo il trascorso. Corrimano che scivolano via come le opportunità viste passare, e al tatto il polpastrello assaggia l' entità ed il freddo di quello che tocca. Prostrati a se stessi, inchinati al raccontarsi senza dare nulla, fondati su un ego parallelo che non si e' voluto mai lasciar cadere per sapere cosa c' era in fondo. Valori della forma nell' assenza cronica di contenuti. Labbra che si muovono e sordità diffuse dentro un nulla detto male e vuoto. Assapora il gusto di sapersi differente, non e' la superiorità a ratificarlo, né l' orgoglio, ma per analisi, diversità e modestia. Lava le mani e prostra il capo solo verso chi di corde e limiti cosparge i suoi dettami. Vedere la coscienza si può, e quelle pressioni che assottigliano gli eventi rendendo la sua crema di vita la più spessa che si può, raggirano e ritirano al mittente le funeree parole di un esplodere di vuoto confinato nella stessa forma che si sventola come bandiera. Assiderato e placido morente e' l' intelletto, mentre la prua di una idea nuova solca nello stesso istante il mare di suoni ricevuti per navigare altrove. Tutta schiuma e vanità per raccontare cose che non sono, gelosi delle proprie come fossero dei picchi alti di schiantate verità. Arriva il conto, impedendogli di non guardare, costretti ad una consapevolezza che, dissonante ed atona, ferisce. Arrivano le somme, e tanti simboli in più e di per se lasciano il campo a ciò che poi rimane, soggiogando ed inghiottendo quello stesso specchio menzognero che chiamiamo lingua. Analisi e concreta penna per dipingere alla fine il sogno che precipita dentro al burrone. Si corre il rischio di aver passato una vita a raccontare agli altri di un vissuto che non c' e', dove la presa di coscienza tarda, ma d' improvviso affaccia e tutto il suo fardello scoppia vertebre e sotto il suo peso affonda. Ora si, occorre preoccuparsi di salute e ciniche fragilità. Soltanto in quell' istante aspetti di secondaria importanza albergano nella stanza dei bottoni sfociando in una inconsapevole ferita dalla quale sgorga sangue misto a linfa che d' un tratto poi scopriamo possedere fra le fasi che del nulla definiamo andando via da noi.
Non ascolterà perché la vita e' sua. Non cadrà dentro il tranello di mediocri lapidi che muovono scaldandosi e togliendosi dal freddo marmo che le chiude. Vede fredde sagome adagiarsi in fondo e risalire piano mentre gli occhi muovono e le gabbie del torace impercettibili si scuotono. Ascolta rantoli e lamenti in altri per potersi liberare e dare a terzi tutti quei fardelli di uno zaino costruito giorno dopo giorno. Maschere. Ancora loro che si affacciano. Altre solite maschere. Forzatamente costretti ad indossare queste comode menzogne per procrastinare il momento della svolta. Siamo pulsioni, non volti. Siamo sensi e volgare impeto di sesso. Le nostre redini sono tirate per decenza senza essere fermate dalla vile costruzione di barriere. Oltre questo assapora quella libertà coerente che lo fa vivere senza dover scendere a patti mai. Tutto questo un giorno forse finirà, ma avrà vissuto almeno vivendolo davvero, senza permettere ad altri di liberare cecità e costrutto dentro un limbo di bugia e dipinti immaginati.
Solo le volontà e la spinta di un essenza in movimento libera da queste mura lisce e circolari. Solidi e sensazioni tattili virano le sfumature e scartano le ipocrisie curandosi del flusso dati di una vita scelta come vera. Abbandona, e deviazioni modellano il confine fra volume e forma inspessendosi  dell' ego e delle idee che ha di se, svuotandolo di volontà e di forza per far comprendere ad altri che i momenti suoi sono soltanto suoi e di nessun altro. Scivola via, non senza il consueto dispiacere, la mano viscida che lo sostiene trattenendolo sotto il fondale, e lentamente ascolta libere interpretazioni di sorrisi e vento che fra quei boschi sottomarini e la vegetazione ariosa con il loro ossigeno gli fanno respirare il cuore.


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved



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