08/07/15

Bolero.




         Virano le note di taglio basso, lente penetrano nell' orecchio dondolando dentro i tessuti e usando l' acqua come agente e diapason, per far diffondere le note in una soave e lieve carezza di estasi. Si allunga la sensazione di percepire sulla cute il risveglio di altre conoscenze, e in una nuova sfera di emozioni pullula quel desiderio ciondolante di seguire questa musica che insegue noi.
Cresce in maniera ossessiva, come una scala a chiocciola osservata via via nello stesso punto da piani superiori, in una intensità di gesti e di curve sensoriali che diffondono e sublimi attendono per far agire il nostro corpo come cassa armonica.
Al generoso concerto partecipano via via più strumenti, che guidando l' impeto di violini, viole e contrabbasso, danno spazio ai fiati come fossero intuizioni nuove in una festa di sapori eccelsi e di cultura sfumata.
Gli aridi giardini di una percezione piatta appena sfiorati germogliano, facendo esplodere in tutti i suoi colori, la bellezza di una musica che solca brividi ed affetti verso terzi, navigando in una nenia che accompagna come fosse una danza di selvaggia raffinata voluttà.
Candide ossessive note si rincorrono rendendosi frenetiche in questa nuova schiavitù dell' anima dentro celesti sciami di solstizi ed equinozi. Rotea lo spazio e rotea il tempo, in un cerchio sempre più veloce che disperde luci come fossero scintille di un trascorso musicale che ci lascia, per poi incontrare nuove liquide movenze in un anfratto di suoni dove il conosciuto e' andato via e dei toni nuovi giungono a innaffiare le pressioni e l' intelletto.
Abbandonarsi a quei diavoli di pentagramma come fionde verso cieli di concentrica natura, sfidando il lugubre drammatico rumore e tracciando novità sonore che ci avvolgono come pellicola in un cantiere di strumenti che ci dedicano il sangue.
Mentre il suo flusso pompa e rade al suolo quel che c' era per tramutarci al tempo stesso in opere danzanti, adoperandosi in quel dimenare di fessure e filiformi effimere emozioni, e concedendosi come una mole di fanciulla che sedotta si concede ad un abbraccio fra le vuote strade di una tarda notte estiva.
Crepe e sogni, pulviscolo e frammenti. Sono destini messi a confronto cui la musica presenta un conto.
Avide malizie di un nostalgico essere in una piatta esposizione di noiose forme ed apparenze. Candide note ci abitano distruggendo il vecchio contesto per farci abbandonare a suoni remoti e appena percepiti che si montano fino a sfidare i timpani e con mnemonica sorgente sgorga fra le lacrime di un incanto che si scopre.
Antitesi del nuovo ed eco di lontane esperienze. Già so, e nel subconscio ho già vissuto queste stesse corde. Allora quel vetusto saggio che mi abita lo riconosce e me ne parla senza alzare dita. Io nella salita di uno scoglio avvolgo ancora nuove imperfezioni, ed incosciente cerco le risposte che nel saggio io non trovo. Comunicazione come limite, musica come risposta. Adiacente alla parete di universi lontani mi scrollo di dosso tutto quello che non occorre per poi riuscire a viaggiare leggero dentro al nuovo piano di consapevolezza che si stringe intorno liberandomi da quell' immobile pigiama di crepuscolo nel quale io più mi costruisco stupido.
In questa mia stupidità ritrovo raffinata educazione e la modestia antica, ed a suggello di solenne incontrastata opera antica, accarezzo la parete disgregandola come se incontro fra quell' infinito e un altro fosse solo pagina voltata di un Bolero di Ravel.


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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