19/01/15

Venezia.




       Uniformi di luci e di suoni. Metalliche involuzioni verso l' esclusivo rumore che accende il totale silenzio, un primordio. Carezza il panno della stessa stesa di note come il sorgere del sole ed il primo sciogliersi della rugiada. Una complessità disarmante nel più semplice evolvere della vita, nel solo risveglio. Tambureggiante sorgere e prezioso scrigno il rumore, note di un tempo che attraversa, interiore, e detta ritmi ordinati e catatonici. Automatismi e relazione con ciò che siamo fuori di noi. Forse il tempo, senza dubbio lo spazio, dove ricordi, esperienze ed ambizione si mescolano in un purea di aspettative e voglie taciute. Avanza lenta la gondola per le vie d' acqua, come ripete il suono del tasto più volte per lo stesso identico risultato. Qua e la qualche ponte sospeso, capovolto dal basso accarezza come la mano di una madre comprensiva, mentre quei portoni affondano su quel che sta divenendo ciò che un tempo era. Mitiga il rischio il valore, e quei soffi di vetro e colori al fianco di un fuoco bollente, fondente. Sagome infinite plasma al petto stringe un cuore rinnovato e gelido di acqua passata per il fumo che diffonde. L' artigiano guarda, l' artigiano scruta. Noi stessi all' opera, noi stessi l' opera. Quell' opera così forgiata ed immobile, così preziosa e vana. Mutamenti abbracciano lo scandire degli istanti trascorsi, come l' onda di marea lenta scorre e fatica a mostrarsi. Imperio di denso liquido che quasi olio marca il nuovo confine. Impotente svela la nuova più bassa realtà di un incanto prestato all' aspetto bizzarro degli uomini. "La sfida e' vinta" avran pensato gli avi. Anime rimbalzano nel tempo, e luce sale, e luce scende, mentre un buio intermittente più o meno luminoso di luna scandisce e rappresenta la vera soglia di chi lo cavalca. Freddo a caldo e gli anni son stagioni, e stagioni e lustri, decenni. La goccia che nasce va al mare, quello scherzo che uomini hanno voluto rendere al naturale corso, riprende e lentamente affonda. Desideri di poter avere la meglio e vittorie retoriche. Lei, di nuovi lì, a rivendicare ciò che e' suo. Lei, che si riprende tutto quanto quando vuole. Lei, che nell' incanto di Venezia fa gioire del bello, ma che sta per presentarne il conto. Non ci saranno case ma resteranno gondolieri, a raccontare di una città che fu. Non dispiace che a svanire siano palazzi ed arte, anche se dispiace. La vera perdita sarà quel documento, l' essenza volitiva di coloro che crearono nel sogno quanto poi faticosamente realizzato. Minuziosi dettagli andranno persi come un' Atlantide dei giorni futuri, e con essi l' operosità del desiderio, unico effettivo responsabile che ha dato vita al sogno. Una nuova Indastria, un cerchio di volontà che si cinge intorno al mare e nello stesso mare e' ostaggio. Brusii lontani e schiaffi d' acqua porteranno al fondo sgretolate pietre che come cristalli saranno erose, frantumate, nell' esatto modo in cui un maestro artigiano del vetro di Murano sta lasciando cadere a terra un cavallo colorato di cristallo. La terra lo attende come l' acqua cinge. Il cristallo si frantuma e in un istante vola via l' intento di chi la volle veder sorgere dall' acqua.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved


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