19/01/15

L' istante prima della fine.




         Come se il mare evaporasse, come se il cielo non ci fosse più. Stelle cadute e dardi scagliati, nuvole dense sciolgono e si lacerano come tessuto. Moderne conche e nuovi poli, per nuovi cercatori ed orizzonti. Il magma fumoso dalle viscere si libera ed emerge. Una barriera di umido si avvolge, si dilata lontano dalle falde di un nucleo vomitate fuori. L' inerzia non esiste e gocce si propagano come denti di leone, facendo assomigliare questa esplosione di fiori leggeri ad orbite di elettroni, mentre l' antico atomo e' lì fermo, impoverito e bollente, aspettando che l' evoluzione cessi.
Massa critica e volte celesti, polveri e briciole di spazio. Embrioni di nuova vita si disperdono abbandonando il basamento di ciò che era, come flotte di locuste luccicano. Come galassie lontane si allontanano. Cacciatori e prede al tempo stesso, numeri zero che tendono a infinito. Aliti e corde stridule danno il tono dell' evasione cui si assiste, un' eversione collettiva che esplode all' esterno senza volerne più sapere di tornare. Corde di liquido ellittico e catene di luce nuotano via, come sui fili di una spada lacerano e dividono ancora, sino a frammentarsi ultime in una loro essenza celata, e a scomparire via.
Corse  e recuperi delle masse magmatiche che ancora esplodono e fuoriescono generando ulteriore vapore. Come un pesce pescato che si dibatte, queste lingue di fuoco disegnano strade luminescenti sulla pietra morta di una sfera oramai sguarnita. Molli i fondali di oceani evasi, ancora melmosi per l' antica acqua asciugata. Mostri e creature ignote trovano morti indefinite per l' improvvisa mancanza di pressione. Per pochi istanti scienziati e biologi hanno il loro da fare, in quegli attimi prima che tutto ha fine hanno raccolto campioni, analizzato, quando la fuga degli uccelli prima, e la folle corsa degli animali terrestri poi, avrebbe dovuto quanto meno annunciare l' imminente e razionalizzare cercando la via per non salvarsi.
Altro pulviscolo, altro vapore. Si scioglie la Terra, liquida va via, fra crateri ed esplosioni, fra nuovi canali e nuove valli concentriche. La vegetazione svanisce e le immagini della Luna e di Europa tornano a mente. Rudolf Gantenbrink, con il suo Upuaut, non avrebbe fatto di meglio, se solo a celare il cielo non fosse stato il cielo stesso. La sua creatura avrebbe svolto e sarebbe ancora in grado, ma per quale mondo, e per chi.
Quando la fine arriva e' sempre troppo tardi perché si possa assestare un colpo al destino e tornare all' equilibrio. Il tempo non controlla nulla, ne lo spazio. Sono altre le discipline cui siamo soggetti. Men che meno noi possiamo. Controllare variabili di nostre vite.
Siamo soltanto magma che sgorga da sorgenti incandescenti. Passiamo le nostre vite a raffreddare ed incupirci per diventare scura pietra e lasciare canali come segno od impronta delle nostre esperienze e del passaggio. Questo siamo, inafferrabili come segmenti di aria, tracciati dagli avi e corde tese per ciò che sarà la discendenza. Attimi nel tempo, esperienze tattili nello spazio appena percepito. Sommi monti di piccole vite e pianure innocue di macrostorie incontrollabili. Vivido ricordo di una percezione appena compresa. Elaborazioni di percorsi nuovi e fasi REM di risvegli appena pronunciati. Sillabe di libri spessi.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved



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