23/01/15

Esperimento.

 
Al lettore.

       E' la prima volta che mi capita di scrivere così. Progetto strambo o forse con un senso, ma per evitare che chi legge mi ritenga pazzo, per la prima volta su questo blog di scrittura, 26viaggiconunabiro.blogspot.com, mi vedo costretto a fare una rapida introduzione.

INTRODUZIONE

L' esperimento consiste nel far scivolare via i pensieri dalla mente usando come cavatappi la musica. Premetto che non uso droghe (rileggendomi il dubbio mi e' venuto).
Mi piace molto ascoltare il genere Post Rock. Fra gli interpreti più famosi di questa corrente musicale sono indiscutibilmente ( per gli appassionati sarà abbastanza ovvio) i Sigur Ros, un gruppo islandese che canta solo in islandese (anche se negli ultimi due album hanno iniziato ad inquinare qualcosa con l' inglese).
I Sigur Ros hanno una sensibilità particolare nei confronti dell' ambiente ed io mi ritrovo moltissimo nella loro musica (al punto che mi sono ripromesso di recarmi nei luoghi dove e' stata concepita). E'  veramente poco cantata, quasi tutta strumentale.
Ho scelto Takk, che in italiano vuol dire "Grazie", a mio avviso l' album più bello finora da loro prodotto.

Accade così:
io leggo il titolo e mi concentro sul significato del titolo. Questo inevitabilmente porta la mia mente su delle immagini che focalizzo (le prime). Da quel momento parte il brano e vado a nastro dove vanno i miei pensieri.
Chiedo perdono a quelli che troveranno questo progetto assurdo. Chiedo perdono perché lo ripeterò senz' altro ( vediamo anche se modulando un pò i generi musicali). Chiedo perdono a chi non e' piacerà.

A chi va oltre dico, spero possiate carpire i rudimenti del progetto. Oltretutto io non sono uno scrittore (o quanto meno non nel senso di colui che ne fa un' attività). Sto solo esplorando me stesso come faccio da sempre attraverso la scrittura. Mi libera cose che non riuscirei mai a comunicare senza una penna o una tastiera fra le dita. Se vi piacerà, sarò contento, anche se mi rendo conto possa sembrare folle.
Il mio modo di scrivere non ha catene ne tecnica, anzi, magari faccio pure qualche errore, ma non apprezzo ne barriere, ne ipocrisia, ed ove posso cerco sempre di aggirarle (e questa e' la mia vita).

Un' ultima gentilezza. In via del tutto eccezionale, chiedo un aiuto a chi mi legge, tutti. Anche i giudizi eventualmente negativi. Se avete un minuto dopo avere letto, scrivetemi un commento un minimo articolato, che so, tre quattro righe, solo per sapere quali emozioni vi ha suscitato, se lo ha fatto.

Già so che ho una scrittura particolarmente pesante (del resto...), qualcuno forse non ci vedrà nulla. Io sto chiedendo a chi ci ha visto.

Grazie. Takk.

L' autore.




TAKK e GLOSOLI.

            Enfasi e liuti accolgono questa ovatta e queste corde stridule al calore di una piscina termale. Poi lenta intraprende la marcia senza preoccuparsi del disordine intorno e alla ricerca della solita quiete che scuote. Musica e note penetrano e permeano allagando le sinapsi e cullando gli occhi portandoli a tuffarsi in un vuoto sospeso di ironia e dolcezza su vicende malandate. Provvede una voce morbida che come un verso di uccello si propaga nelle valli degli eco percepiti. Ancora questi prati, lontani dagli spruzzi dei geysers, e le coste critiche e severe ammantano fino al volo di un bambino che eleva e cresce negli occhi l' idea di un mare capovolto. Tamburo ed armonia, col freddo e col fumo, come di fronte ad un fuoco scalda il volto e fredda la schiena, ogni tanto rigirandosi come fa lo stomaco quando ci pensa e come fa il cuore quando il sangue decolla nell' intensità di quei paesaggi ai confini, insistenti e desolati, con delle macchie di vita calda qua e la per ricordare che l' ambiente e' tutto e noi siamo parte di questo tutto.

HOPPIPOLLA.

          Trasportato fra le nuvole gli aspetti terreni si perdono per celebrare il suono dell' aria che come un piano diffonde nella litosfera incontri di sensazioni gonfie di significati taciuti e scopre le fette di realtà parallele e visibili. Come influenze e scossoni, come meteoriti frantumate passano e soffiano lasciando quella scia di calore che ricorda da dove veniamo ma che nulla ha a che fare. Drammi e felicità sollevano e fuggono dall' aria così rarefatta, il non respirare muove verso altre comprensioni e la sensazione di vuoto come una scatola di gelato riempie quelle brine mobili che stanno ghiacciando le mie ciglia. La cosa che sorprende e' che se immagino i miei occhi serrati e lo vedo come impedimento non mi vieta di guardare al di la delle cose non dette, quelle dove il silenzio alberga ed e' muro, senza che occorra fare altro oltre ciò che già c' e'.

MEO BLOONASIR.

         Pulsioni cariche di magma bollente scivolano via da vulcani per dipingere e scavare. Come artisti alle prese con le proprie opere modellano soffrendo di quel che ancora non riescono a vedere. Corde e fumi, pietra e canali, mentre gli alberi crollano per essere inghiottiti e l' acre polvere sale da un mare inquieto per far nascere una nuova isola. Bolle da non respirare, code di una colata esplosiva che accarezza il fondale per poi liberarsene e respirare.

SE LEST.

        Schemi cosmici e sciami di stelle isteriche danzano in un vuoto leggero quando un carillon dondola gli anelli di pulviscolo e tutto si fa buio. Da lontano si ode un bimbo che chiama e ricorda riportandomi ai primordi di ciò che ero, affogato negli oggetti che guardavo e modellato dalla creta di tramonto, quando la frutta era matura e l' albero di noce ci rendeva le attenzioni che in silenzio mio nonno aveva dato. Mattoni di stelle cadenti e crepitii sulle cime notturne di un universo concreto dove l' ossigeno non e' nulla. Bulimico nutrimento del sapere e voglia di arrivare a coprire gli spazi dello spazio, fino a giungere ai colori, e scavarne per raccogliere rumori bassi. Di nuovo quel carillon detta i ritmi di una lenta fretta che non c' e'. L' eternità e' in un dio che non conosco, lontano, che scopre e dissemina di espressioni cosmiche. Sciatti passano pianeti morti, e luminose scene esplodono fino a danzare via dalla materia. I piedi sono privi di tatto e come timoni viaggiano il mio corpo fra le Pleiadi e le Iadi, decidendo di appartenervi solo se luminescenti e curiose. Un trono accattivante, per un re che non ha nulla, per un imperatore senza impero ed i cui piedi son timone.      

SAEGLOPUR.

        Pressioni di cortecce e figure geometriche grattano il tintinnio della voce di un bambino al freddo. Onde e schiuma in una noiosa cantilena fuori dalla fattoria. Vocali impazzite e cime di colline accarezzate dal vento dimenano ciuffi di erba verso le direzioni più inconsuete, disegnando parabole curve e convessità dell' ala di un prato folto. Il rumore della breccia sotto i piedi e' mista a fango, in un oblio di sensazioni rare il mare arriva dappertutto, fino ad attraversare anche i pensieri, anche le ossa. E' facile affondare in una pozza o dentro erba madida e soffice. Bene giunga il sole del domani perché questa notte il rumore degli elementi sta spezzando la spina di un' isola che affiora e poi scompare. Morde il destino nelle regole di questo tempo, cavalca le onde e scarta sulle sommità di desideri che non emergono se non per mostrarsi timidi a quella costa che può voler rappresentare la salvezza. Danze, suoni, si spengono, si elevano, e di nuovo quel bambino, che non ha capito che e' lo stesso che ha di fronte e che lo sta guardando per esorcizzare il dubbio di non poterlo rivedere più. In tutto un tratto di terra dura, dove nessuno ascolta e nessuno riflette, di fronte a quel mare entrato nel terreno e quasi piatto come specchio. Sullo sfondo, un dondolio di pinne di orca e qualche foca che dell' isola fa casa insieme ad altre.

MILANO.

        I rumori e le luci di una città sono più vicini quando quella lingua famelica ci inghiotte per trasportarci in un agglomerato di luci riflesse sul terreno, di foglie cadute e di alberi spogli. Edifici come stazioni lunari, accesi da luci di gabbie. Vento e freddo dolce coccolano al cospetto del nostro terreno, ma tutti sembrano non aver tempo per ascoltare quello che questa loro terra di bello dice. Scosse e crude reazioni, di fronte ad un disinteressato uomo che resta fisso ad osservare le bolle di umido sui vetri di una timida pioggia. E ancora altre luci ed altre gocce, fino a quando la pioggia non si fa più insistente ed il suono ordinato dell' auto meccanicamente porta la mia attenzione su di lei e sulla meta. Cori di brusii mormorati sottovoce quando sarebbe il caso di gridarli, ma non sono qui per educare a pensare il loro luogo, ma per raccontare il mio. Le percezioni di cui parlo sono scese con me e sono convinto che negli occhi di quell' uomo fermo riuscirò a suscitare l' interesse per un racconto di un terreno che ai più sfugge e non arriva. Una gemma nata in mezzo ai mari freddi e fumosa e di ghiaccio e nera lava. Pioggia non esisterà se non dagli occhi dove ci sarà la commozione e il pianto, che adesso arriva a me riflettendo sulle occasioni che abbiamo per pensare e che buttiamo via. Non saranno cavalli al galoppo su prati e spiagge a rappresentare la libertà, ma saranno comunque note e voci gravi a disegnare nelle menti sogni che la gran parte della gente hanno smesso di creare. Fuoco, aria, vento, manca tutto questo ad una città come Milano. Fuoco, aria e vento. Fuoco, aria e vento. Fuoco, aria e vento.

GONG.

       Timida voglia di averla, ha paura che tutto possa essere così evanescente ma l' impeto monta quando la vede e la immagina sua. Posseduto dall' amore la possiede ogni volta che vuole nei suoi sogni nascosti del cuore. Clorofilla ed ossigeno per respirare, elementi, criteri e dogmi abbandonati. Tace e si ripete che le cose sono così, e sarà libero solo quando cavalcherà la sua esistenza prescindendo dai timori e dai dolori. Scossa al capo e ricco ingorgo di pensieri mentre la mano disobbedisce ed attraversa lentamente le gambe dell' amata per serrare e renderle distanti. Coriacea resistenza di un petalo che non vuole sfiorire, prende il sopravvento un ansimo ed il fiato si trasforma in un calore insolito che avvolge fino al collo e che la stringe. Periodi, disobbedienza, scoperta, viaggio nel viaggio. Precipita la buona intenzione e si abbandona al fisico tatto ed al profumo, mentre oramai un calore ed un respiro affannato lo accompagnano verso direzioni erette di fortune recondite che volano via col desiderio. Tutto si placa e ci si osserva. No, non può essere che non resisto, aiutami tu con una traccia di te quando eri piccola. Aiutami a dondolarmi nella mia infanzia di scoperte, di ignare incomprensioni e di domande. Sono qui per ascoltare, sono qui per guardare. Io voglio, io ho tentato di prendere e ci sono riuscito, ma adesso qualcosa non va, pertanto ti rendo il tempo affinché tu possa averne beneficio al cuore.

ANDVARI

       Miele dondola sul piano scosceso e osservo il suo incedere come nella ripresa rallentata di un binario eterno senza ciottoli ed erba fra le fronde di una foresta fitta del nord. Rotaie e quell' odore metallico misto ruggine coccola il sonno mentre una libellula immaginaria attraversa l' alto dei vagoni. Stride il freno in prossimità di una stazione sulle nuvole. Valichi e gallerie per un cammino costante verso una metà che non appare se non per i viaggiatori. Salse di melassa e fiocchi, scivolano via col miele nello stesso piano, fino a perdersi nel fondo di un bicchiere trasparente fra cortecce e pigne di abetaie, mentre una fioca luce di candela illumina, mentre scalda, e scioglie ancora cera. Danza in caduta ed il treno si allontana con quel ritmo dormiente di chi non sa più nulla di quanto si e' perduto per la strada.

SVO HLJOTT.

       La musica parte e le viole e quell' arpa mentre le punte delle tue scarpe cominciano a calpestare il terreno in un ordine ritmico che non da respiro. Osservo il tuo volto innamorato dalla tua espressione di sorriso e ti immagino mia, con tutto me stesso per questa vita, un' altra e un' altra ancora. E non e' importante che tu non mi richieda, resta il nostro valzer ed il ricordo che in vecchiaia porterò di averti amato sempre. Grido e piango mentre scrivo, perché il ricordo di un amore annegato così dispera e concretizza isole di smeraldo cullate da suoni come i tuoi. Quella gonna salta come il mio cuore che ti osserva, e mentre il ritmo incalza io penso a questa canzone e a te che sei il l' istante 3.21  e segui un elevarsi verso il cielo dove porti il mio sorriso cupo per tutto quello che vorrei e non posso avere. Chiudi e chiudo anch' io, ti manderò qualche sogno ed in sogno verrai a me, per un' esistenza su un piano differente dove i nostri corpi prendono e si avvolgono per diventare una sola identità, un solo pensiero. Ricordi intermittenti si, sono segmenti, ma di un libro già scritto in vite precedenti quando eri mia e vivevamo insieme, sol piano di un albero, in una capanna come in una villa dell' 800, ma ti ho tartassato di amore, più e più volte ancora, dove era noi non c' e' arrivato nulla, ecco perché aspetto il nulla anche se tu vai, mi sono promesso ad un giorno, alla notte ed alla vita, come ad uno specchio del tempo che si guarda attraverso le vite che ha passato. Balla ancora, fai volare quei tuoi piedi. Fe.

HEYSATAN.

        Qui, la, su. Poi ancora la e qui. Fermo, immobile e quieto. Muovo, ondeggio e vado come un fuscello e ascolto il vento. Una voce carpisce incomprensibile. Vera, va, per ascoltare e commovente si rigenera all' ombra di un tramonto già passato. Sa. Batte e il ferro cuoce e asciuga. Batte. Forse il saldo degli eventi presta il fianco, che come vita libera per arrivare al conto. Riflessi, gorgheggi e bolle di liquido poi nulla. Ritorna, nobile e va via di nuovo.

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved




  

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