13/09/14

Il mio Tempo.




       Come una colla adesiva e con somma sorpresa mi accorsi che erano passate tre ore da quando lo avevo incontrato. La conversazione più fitta, più rada, aveva avuto risvolti che lo riguardavano in tutti gli aspetti della vita che stava vivendo in quel momento ed in quella passata. Per la verità in maniera quasi noiosa lo avevo lasciato parlare, non avendo cura più di tanto per quel che stava dicendo, ma continuavo a domandarmi il perché me lo stava dicendo.
Anche uno psicologo alle prime armi potrà confermare che i nostri comportamenti sono sempre riconducibili ad aspetti della nostra personalità si, ma inquinati da quanto abbiamo vissuto, il come lo abbiamo vissuto invece, agisce in maniera latente e ne affina l' espressione.
Beh, non c' era nulla di espressivo in quel che avevo sentito. Una costante nenia mormorata e narcotica mi aveva fatto socchiudere gli occhi di tanto in tanto.
Ai suoi solleciti sulle richieste di conferma, di quando in quando mi ero perso, non impedendogli di stoppare, almeno per un pò, queste onde magnetiche che mi avevano attanagliato come una tela tessuta dal ragno della peggiore specie e dalla quale non avrei potuto in alcun modo divincolarmi.
Vedevo non davanti ai miei occhi, ma negli occhi, una spirale ubriaca di suoni che mi paralizzava.
Fu a quel punto che la mia mente si ribellò. Iniziai a viaggiare per conto mio, volevo fuggire da quell' oblio fonetico che mi stringeva ad un angolo come un pugilatore che le sta prendendo di brutto. Volavo come un airone nei miei pensieri, pensando a quello che avevo fatto e a quello che avrei dovuto fare. Ero uscito da me, temporaneamente, per assentarmi un pò e dissociarmi da quello che stavo vivendo. L' airone planava anche sulla conversazione, e credetti che fosse anche egoista; chi poteva avere a cuore le sue cose così tanto da poter pensare che dovessero essere prioritarie rispetto a tutto il resto delle cose di chi lo ascoltava? Ebbi una punta di rabbia per questo...l' airone intendo. Volò via di nuovo, più veloce di come era arrivato, famelico di nuove notizie diverse e deluso dal bassissimo tono che avvolgeva quel tempo, come avevo deciso di viverlo.
Per la verità avrei potuto congedarmi con una scusa ed andare via, ma era tanto che non incontravo quella persona e non me l' ero sentita di essere cafone al punto che mi sarei potuto salvare.
Ovviamente nel trascorrere della conversazione il mio pensiero era andato mutando, anche piuttosto velocemente.
L' airone volava sulle scogliere dei miei impegni, planando sulla fine del lavoro svolto e sulla cena che mi stava aspettando. Gli amici mi avrebbero senza dubbio purificato. Una quarantena necessaria che avrei goduto avvolgendola al mio nuovo tempo e come recupero di quello vecchio, perso.
Ma perché lo diceva a me? Tutta questa voglia di tirar fuori questa voce strozzata, come si fa ai palloni gonfiati quando gli si tende l' apertura per farli suonare stridenti. Vada per la componente nervosa, ma posso essere io lo sfogo di questa componente o, peggio, e se lo facesse con tutti quelli coi quali parla?
Voglio andare via! E l' airone spazia fino al cielo ed alle stelle, non c'e' bisogno nei miei pensieri dell' ossigeno per respirare. Schivo satelliti e vedo luci anomale, la luna è lì che si fa guardare, con suoi crateri immensi che dalla Terra non si possono vedere così bene, mentre lui parla...
E l' airone prosegue, dallo spazio va a quando ero bambino, ed apprezzavo giocare con chi adesso mi stava tediando. Quei nascondigli segreti al tempo delle replay, con quei banchi e quegli zaini così pesanti mentre il pomeriggio raccoglievo la terra con la benna della mia piccola ruspa, per poi andare a quando mia nonna mi faceva mangiare le olive sulle scalette e ancora tornare sul motorino con la mia ragazza quella volta che cademmo e lei si fece male, ed i pantaloni raschiati dall' asfalto che avevamo grattato.
Spirale di frasi e tempo noioso nel quale stavo rivedendo lo spazio ed il tempo. L' airone spiegava le ali, l' odore del cloro mi faceva tornare alla mente il sapore dei supplì che mia madre ci comprava quando uscivamo dalla piscina. Via sopra uno stadio pieno con le torce accese, oltre il Pordoi e mio padre che mi richiama mentre mi avvicino ad un crepaccio. Ci sono le Estati in Corsica in catamarano e quelle in montagna sul Gabiet, così come gli Inverni a giocare ai soldati o con le macchinine di fronte al camino. La scuola, le delusioni e le cose vinte, gli amici e le persone che mi hanno fatto incazzare, o quel giorno che il cielo arancione ci piovve sabbia dentro l' auto con papà.
Tre ore a volare per non ascoltare, altri viaggi fatti e da fare dentro un limbo incatenato di noia che deve passare. Alla fine di tutto, mentre saluto e vado via, penso che tutto quel tempo in realtà non è stato realmente perso, per lo meno da me, anche se non ricordo nulla di ciò che mi ha detto.

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