07/09/14

Atalanta-Lazio.




          Il treno era lì già da un po'. Il Sabato sera la stazione pullulava di esseri in movimento, sembrava un vespaio con concentrazioni e diradamenti di folla impazzita. C' era chi tornava a casa, c' era chi arrivava, c' erano pendolari che avevano staccato tardi dal lavoro, c' erano i soliti dipendenti delle Ferrovie dello Stato con quelle antipaticissime macchinette per i bagagli. C' erano poliziotti ed ambulanti, negozi aperti e gente in fila, persone giunte a Roma per le vacanze e gente che se ne andava, poi c' eravamo noi.
Sempre attento a far si che non avessi problemi, partii per tempo da casa con la mia sciarpa ed indossando indumenti di tutto punto per l' occasione, fatto sta che ero arrivato alla stazione alle 22.00.
Chi è stato almeno una volta a Bergamo a vedere la Lazio sa perfettamente che le 23.30 non è un orario come gli altri, ma è il minuto spaccato in cui l' Intercity diretto alla stazione centrale di Milano lascia la stazione Termini. Un tempo il treno buono era solo quello, non come oggi che si fa confusione perfino fra Termini e Tiburtina, fra Freccia Rossa ed Italo, o Freccia Argento. Il treno buono dicevo, che ci depositava alle 06.55 del mattino nel capoluogo meneghino, il treno per il quale spesso ragazzi senza soldi chiedevano spiccioli o passavano il tempo nei bagni per non pagare il biglietto.
Arrivare alla stazione per una trasferta del genere è bellissimo. E' una di quelle partite dove si parte in pochi, e per come la penso io, dividendo equamente la Lazio fra gli astanti, Atalanta-Lazio è uno di quegli incontri dove riesco ad averne un pezzo più grande per me.
Mi guardavo intorno circospetto, la sciarpa ben dentro il giubbotto per non regalare vantaggi poi, alla prima faccia nota, un' alzata di capo per salutare od un cenno di intesa. Sei lì, e stai partendo con lui, sembra che dica "saremo insieme". Se poi la confidenza è maggiore ci si avvicina e: "hai visto gli altri?". In quel momento eleggi a base un piano di marmo, oppure vicino al serpentone dove c' è la biglietteria, stando però sempre attento a non raggrupparsi con gli altri per non dare nell' occhio. A tua volta è lo stesso quando altri ancora continuano ad arrivare, certo, non puoi conoscere tutti, i più grandi non ti salutano, e tu non saluti i più piccoli, osservi tutti ma cerchi di evitare quelle persone con le sciarpe o coi cappelli bene in vista, anche se vederli ti fa piacere. Non vuoi che qualcuno legga i tuoi spostamenti, anche se non puoi essere lì se non per quel treno.
Le operazioni di acquisto dei biglietti vanno avanti, ed è con l' approssimarsi delle 23.00 che ci si comincia a contare. "Siamo buoni, un buon numero, 250, forse 300".
Al binario il display non esiste, rotolano insegne di località e di treni che di volta in volta si susseguono, ma il nostro, agli ultimi binari, lo leggi già da parecchio, IC, rosso e piegato verso destra, 23.30, Milano Centrale.
La prima corsa ha inizio per accaparrarsi i posti negli scomparti, cosa che puntualmente viene capovolta all' arrivo dei personaggi di spicco, quelli che ci sono sempre. Scelgono loro, se sei uno sconosciuto, io fortunatamente sono nel limbo, non troppo noto per essere uno che decide, non così ignoto da non meritare rispetto. Quando sei seduto e ti sei scelto gli altri cinque stai a posto, devi comunque soprassedere sull' apertura della porta scorrevole che ti fa prendere un colpo, ma un "c' è posto?" oppure un "ciao regà...", si esauriscono in pochi attimi per poi tornare tranquilli a vedere fuori dal vetro o a fissarti con gli altri. Discorso diverso succede se hai intenzione di restare un po' comodo. Quando si è fortunati il treno non è pieno all' orlo, in questi casi cambia tutto, formazione da tre e si abbassano i due sedili facendoli convergere gli uni verso gli altri, questa magia disegna un letto in movimento mentre il fischio del controllore ci avvisa che l' operazione è riuscita.
Il treno inizia a muoversi, chiuse le tende, gli edifici di Roma corrono via lasciando presto spazio alle zone più a Nord della capitale, la mia città, ma un brivido percorre la schiena perché con la testa io sono al Brumana.
La notte in treno mostra le persone per come sono. L' ansioso fa su e giù per il corridoio senza chiudere occhio. Il menefreghista si fa una ricca dormita. C' è quello che non ci riesce, quello che fa casino e quello che come me, si assopisce chiudendo gli occhi sotto l' incedere delle rotaie ma sentendo ogni minima cosa di quanto c' è intorno. Ovviamente tutto è in movimento, non solo il treno sul quale viaggiamo, anche gli equilibri fra chi fa rumore, chi cammina chi riposa, si va modificando. Un silenzio ovattato si fa strada nelle carrozze. I forza Lazio e gli Atalanta merda volano via sostituiti da una pace surreale che già verso Orte, con un suono che ci accompagna: "tutun tutun tutun tutun..." dondola le notti di ciascuno.
La notte ogni tanto un rumore, una porta che si apre, il via vai per pisciare nei bagni. Qualche voce sparsa nei corridoi, ed altri racconti. Nello scompartimento silenzio, le tende tirate, e allora diventi parte dei problemi degli altri: le loro voci ti coinvolgono senza che loro lo sappiano, ed il litigio coi genitori per essere partito, la bugia alla fidanzata o al datore di lavoro, le problematiche della settimana o semplicemente il commento della partita della Domenica prima ti fanno riflettere sul tempo che passa. La testa viaggia a domani, agli atalantini, oppure al derby che si avvicina, o a qualche altra trasferta, fatta o da fare. Gli altri diventano te e tu gli altri, mentre la notte attraversa via via paesi e città.
Firenze, Campo Marte, e quel muro inconfondibile che lo annuncia. Rimane li a sinistra, che se sei sveglio e lo scompartimento è a destra ti alzi e lo vuoi vedere dal corridoio per ricordarlo. Passa il ponte di ferro e capisci che a un' ora, o poco più, c' è Bologna, non passa ma passa anzi, arriva.
Arriva Bologna, la stazione centrale, sono quasi le 04.00, ma la sosta è breve. Via dalla città felsinea, verso Modena, Parma e, col sorgere del sole, quando il risveglio contagia qualcuno, la scritta "Lodi", 25 minuti alla meta, massimo mezz' ora.
Il treno viene inghiottito da quell' ala di ferro, il fischio noioso dei freni ci annuncia Milano. La stazione è lì, come la Polizia che ci aspetta. La grande eversione è defilarsi mentre la celere prova a controllare un po' tutti; meta: il bar sulla sinistra, dall' altra parte dei giardini, appena scese le scale della stazione. Vaghi ci riconosciamo, la tattica "no scarves" ha pagato come al solito, ora siamo fuori, almeno per sentirci liberi durante una colazione di cappuccino e cornetto. La selezione è avvenuta in maniera naturale, liberatici dalle maglie della Polizia, abbiamo due ore da consumare prima di ripartire per Bergamo con il treno a due piani delle 09.00.
Il calore del cappuccino e la pancia occupata da una brioche, come la chiamano su, ci rincuora. Alla spicciolata per timore di essere visti (tanati) dalle vedette dello Stato, ci defiliamo uno alla volta per poi raggrupparci più avanti. Via Turati, Castello Sforzesco, Duomo, San Babila, Milano non è Roma, con un paio d' ore si può vedere parecchio, ovviamente passeggiando, ma almeno abbiamo messo a frutto quelle due ore di nulla che sono toccate agli altri rimasti con le loro sciarpe al collo in bella vista, elemento distintivo che li ha fatti trattenere.
La Polizia queste cose le ha sempre fatte. Io non le ho mai digerite. Alla domanda "perché?", sempre la stessa risposta: un lapidario "ordine pubblico!". "La libertà non ha prezzo, la possibilità di viverla nemmeno", penso, ma se non ti salva un po' di teatro...
Trascorso il nostro tempo per le vie di Milano si ritorna alla base. 08.30, tutti a fare il biglietto. I più "bravi" riescono a risparmiare anche sti soldi. Il treno parte, Bergamo è vicina, le facce della gente la Domenica mattina sono apatiche, non pensano a nulla, quasi sospesi. Noi pensiamo alla Lazio. A Treviglio una sosta "inaspettata" ci concentra nel parcheggio del piccolo paese in prossimità del capoluogo orobico. Tutti giù, un nutrito comitato di accoglienza, rigorosamente in blu, minuziosi controlli di routine che scatenano qualche parapiglia con gli agenti, autobus arancioni colmi all' inverosimile: è iniziata Atalanta-Lazio.

All rights reserved - Roberto De Sanctis


2 commenti:

  1. Non posso essere troppo descrittivo, verrebbe fuori un libro, ma mi stupisco di come ancora oggi, a distanza di così tanti anni, tutti gli istanti di quelle giornate restino in me in questo modo.

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  2. Primi assaggi dell'arguta penna di Big Rob. Chapeau bas! 8-)

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