03/10/14

Elaine.




       Passeggiavo da solo per il parco Bois de Boulogne. Vedevo alternarsi alla strada quel magnifico verde ai campi dello stadio del Tennis del Roland Garros. La meta era il Parco dei Principi, lo stadio dove il giorno dopo avremmo giocato contro l' Internazionale Milano.
Avevo da poco incontrato Bruno Pizzul. A quel punto era stato chiaro che avremmo perso la finale di Coppa UEFA. Serpeggiava in molti appassionati di calcio, me compreso, il fatto che non fosse proprio un amuleto, ma la speranza di sfatare questa diceria montò, insieme ad una strofinata di gioielli che credo abbia generato calvizie sulla parte.
Il Parco dei Principi era desolatamente vuoto, ma lo avevo voluto visitare il giorno prima per capire cosa mi avrebbe aspettato l' indomani. Quando ti vidi camminare verso di me, i miei occhi si catalizzarono su quel ciuffo di capelli arancioni che non obbediva alle regole dell' elastico con il quale li avevi legati. Non so perché parlai, avrei dovuto tacere ma le parole scivolarono via come fra l' argilla e mi sentii piuttosto imbarazzato, mentre quel tuo sorriso sciolse tutto in un momento.
L' inglese non era il mio forte, e per la verità non lo e' neanche adesso, ma evidentemente le mie parole ti fecero sorridere e da quel momento pregai di rivederti la sera sugli champs élysées.
Mi avevi incontrato in abiti da lavoro. Quel paio di jeans e quel bomber mi erano sembrati poco appropriati al nostro incontro. Io ero lì per la Lazio, ma mai avrei pensato di sentirmi in quel modo come mi aveva fatto sentire il vederti.
La sera fu differente. In una trasferta che rimarrà unica proprio per questo, avevo deciso di portare un abito elegante con me per cenare in un posto più a modo. La scelta ricadde su "le bistro romain", pieno all' inverosimile e dove aspettammo non poco per poter sedere. Coi miei amici lì, con te sotto l' Arc du Triomphe, a cento metri di distanza, sarebbe stato fantastico. Ci eravamo dati appuntamento per le nove, durante la cena pensai più volte se fossi arrivata anzi, per la verità, non credevo saresti venuta. Ti immaginavo così bella che mi ripetevo che non ci saresti stata per non illudermi troppo.
Tardammo la cena ed io, spiegato tutto ai miei amici, mi congedai dopo gli antipasti. Le nove erano giunte, tentai una sortita con la promessa di ritornare in breve se non ci fossi stata.
Ogni scalino per discendere sembrava un battito di un pendolo. Mi ero catapultato in un istante sulla scena di un film western nel bel mezzo di una resa dei conti e tutto era rallentato in moviola, come per aumentarne la pressione e la solennità. Ad un tratto potevo distinguere anche il fischio del vento, mancava forse solo quella paglia che rotola via sul terreno asciutto.
Mi attestai sulla parte sinistra del viale. Spalle alla "défense", sulla destra al centro l' Arco di Trionfo e sullo sfondo di quell' impressionante rettilineo da parata, seppur sera, distinguevo nitidamente l' obelisco di Place de la Concorde ed il Louvre. La bellezza del punto dove stavo nutrì i miei occhi per alcuni secondi, ma poi arrivò il pensiero tuo a spazzare via tutto il resto, ed il fatto che non ti vedevo ancora arrivare mi stava facendo annaspare. Vidi l' ora: dieci alle nove, manca ancora, magari ora arriva. E se invece non viene? Potrebbe tardare. Mi voltavo frenetico intorno, poi sedevo su quella panchina eletta a mia base. Cercai invano di rilassarmi, ero in pieno clima partita  ma il match era di quella sera.
"Roberto". Mi voltai e tu sei apparsa. Quanto eri bella Elaine... ancora un pò di più di come ti ricordavo dalla mattina. Arrossii senz' altro, e credo che tu te ne accorgesti. Il sangue andava a mille e quei tre baci sulle guance ti avrebbero tranquillamente potuto incendiare. Anche tu avevi un rossore, pensai che non fosse emozione ma un imprinting avuto dalla tua terra, quelle carnagioni bianchissime delle contee d' Irlanda.
Fui felice. Iniziammo a passeggiare e dimenticai tutto quanto, Parigi compresa, anche se quella notte quella città fu una straordinaria complice. Ci tuffammo in una conversazione di gesti e linguaggio incontrato che rimase unica anch' essa nel mio ricordo. Un misto di inglese, francese e lingua dei gesti ci accompagnarono per quei quattordici chilometri che calpestammo insieme conoscendoci. Quello che accadde dopo quei quattordici chilometri fu una straordinaria libertà ed un amore differente da tutto quello che era stato e da quello che sarebbe giunto poi. Maledetta distanza!


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