06/03/16

Un urlo nella noia.




         Scadente fra le pareti di irte pietre lacera come lama, e sanguina, e adesso affiora. Ad ogni passo insegue e cola, fra le mani che si aggrappano e che marroni di sangue asciutto si ricolorano, come impastate di sale e succubi della pesante inclinazione volgono il sudato sguardo a quella cima. Ampiezze nuove da esplorare e ragionare, fiamme fra le vene si impossessano dei soli istanti lucidi che sulla soglia appaiono come neri anfratti. -Messere- pensa, fra le straniere selve e nella noia ignara - ancora altre maschere ed altre lame, cadute come salici in pendenza e dei sospesi radi pensieri -. Nulla accade che non voglia fra le sagome di buie notti e fra gli sciami delle idee fuggite via. In serbo solitudini e ragguagli su una situazione che si lascia andare ed una strada nuova che era solco e che la stessa lingua adesso usa per comunicare. Violente scosse che come sismi vanno ad agitare le mie membra e quasi ustioni di un vago senso di gioia appartenuta fra le sofferenze prolungate di una menzogna che volava via. Adagio scorre, come immagini che si inseguono per dare senso a quello che ripara fra gli scrigni di un ricordo solamente percepito. Sul piano ora si trova e, maschera caduta, adesso si osserva nella pozza d' acqua che lo aspetta fra un rigagnolo e una lacrima che scende via. Messaggi, solchi e feroce malessere per coabitare stagni che nell' individuo vanno via. Allontanati all' orizzonte avvitano i pensieri in una bolgia di spirali che si incastrano fra percezioni nitide e pressioni appena percepite. Schiuma di un ricordo fra le file di una faglia si dissipano per poi scremare nitida franchezza e verità congenita di quell' esatto istante. Armistizio e resa, fra la voglia di rivalsa e la necessità di elaborare quanto rimasto dal saccheggio delle idee fuggite via. Deposte le armi l' intelletto si abbandona a quell' istinto della vera essenza, mentre al cospetto della forma preme il volume e la sognata manna si precipita fino al terreno per divenire compost di delusioni e ripide cadute. Virginea intensità e latente ossesso, fra la schiena di una madida giumenta al crine attacca. Fogli di papiro e rame luccicante si abbandonano ad uno scuotersi per assaggiarsi bene e per non raccontare alcuno istante di quanto e' camminato addosso. Silenti colpe divorano, mentre nella masticazione degli eventi il bolo trito si allontana da fattezze umane per trasformarsi in mero simbolo di quella concessione che libera dalle catene e che la lingua assaggia. Veglia alle carni e simultanea incandescente fonte, rimira il confine e se ne bea, mentre la lattea scia di desiderio attende fra le corde di una limpida amara vanità. Indomita e curiosa osserva lo scorrere di nefandezze oscene e trasgressioni mute, mentre un' accolita di barbari circonda e piani di lavoro ossessionati dalle mani sue raccolgono macerie degli istanti spezzettati sulla cima della fredda pietra. Amidi appiccicosi e fiori di un pesco che si accende alla stagione, nel taglio di una luce nuova rapisce per congelare nel ricordo e per quella custodia oramai lacera che fra le mani adesso appare tersa. Brividi e la breve corsa dell' inchiostro fra una notte buia ed una pagina raccolta in terra e che non sa di cosa leggere se stessa. Ad arte naviga fra le indolenti fastidiose verità e la brezza di un' alito nuovo che dall' incontro con lo specchio affiora ancora a divellere catene dai portoni e fra i tessuti di una sorta di piano di teatrale scena. Candido sogno di libertà, fra quei momenti di spumosa allegoria e fra le importanti forme che al reale lei può dare. Osserva e si solleva dalla rete ove si inchioda, le mani tese a romperne le trame e a disegnare ripida fugace verità, il tutto per poi ritrovarsi in un' analisi di quell' evento che fra routine che spazza, ansiosa di venirne fuori e riaggrapparsi a quanto facile cammina il suo noioso viaggio.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

Nessun commento:

Posta un commento