20/03/16

La matrice.




       Sapienti mani costruivano modellandone la forma continuamente. In una danza infinita come argilla si plasmava e la sua sagoma variava lenta. Sollevato dal possibile, l' assurdo contemplava gli stati del paniere di folle differenti, che come agglomerati senza idee vagavano assenti raccogliendo una identità collettiva che ne giustificasse i limiti.
Avvolti in uno strato di ovatta e granelli di sabbia, venivano incollati uno per uno per assomigliarsi senza dare nell' occhio. Il risultato che se ne aveva erano belle società coerenti, che avevano posto dei confini evidenti alle volontà dei singoli, e dove i sogni di ciascuno e il voler essere diversi era sacrificato alla ragion dei più. Dall' alto e dal basso si potevano osservare queste piatte superfici legate fra loro come mattonelle lucide, e colme di svaniti intenti tutte quelle colle usate per legarle insieme scendevano dense giù come formaggio fuso.
"Via da lì"- sentiva urlare da più voci concomitanti, mentre qualche persona che non rinunciava alla preziosa differenza subito si reinseriva nei ranghi dopo essersi affacciata qualche istante sulla soglia per poter guardare altrove.
Tutti gli schemi obbedivano a bolle di aria pompata che sollevava ed abbassava questi rettangoli di latente umanità come se fossero esercizi di solfeggio per un neofita che si affaccia al mestiere della musica.
C' era brina e briciole di acqua concentrate sugli estremi. Anche quello era gestito dal giostraio con sapiente maestria. Pioveva soltanto quando sarebbe dovuto piovere, e spesso quando pioveva a scrosci l' effetto si manifestava in termini di calamità, inondando non soltanto i prati ormai quasi svaniti sotto l' incessante violenza delle cementificazioni, ma facendo piovere cumuli di acque versate anche all' interno delle varie intimità.
Allora le sensazioni che potevano osservarsi riducevano quei momenti al minimo, e dalle scosse elettriche di quegli istanti era come se il corpo iniziasse a piangere verso il suo centro, che antico ricordava i suoi primordi altrove, mentre per quegli istanti aveva agli occhi tutto ciò da cui era giunto, e questa triste prigionia adesso lo opprimeva.
Vagabondaggio ed eserciti di assoggettati, irrequietezze interiori di cui risulta impossibile osservare provenienza e motivi, dolore mentale e istanti di sgomento. La matrice ed il giostraio continuavano ad oleare ingranaggi e rapide evoluzioni raccontavano di un tutto assolutamente in mano al fato. Controllo e constatazioni sulle varie fobie e sulle follie degli individui scansavano equivoci e comportamenti non in linea, mentre farabutti vestiti da divise in pelle con espressioni di comprensione e pena frugavano mentre teleguidati erano affioranti nel laido mare degli istanti ove e' possibile vedere libertà sotto la forma di rapidi respiri.
Affogavano le intensità e lo fanno ancora, sospesi dentro un limbo di ordini ricevuti per poter ordinare ad altri cosa e' previsto e cosa non lo e'.
Accoglieva come un grido di libertà una nuvola che passa e che, squarciato il cielo, costruiva arcobaleni dentro azzurri soffitti. Le colle erano liquefatte come dei fiumi lenti e obliterava il biglietto dell' essenza senza per questo abitare sulla soglia degli affronti.
Limpida Luna e variegata terra, fra quelle polveri ritrova odori e suoni, mentre la cantilena stanca di cicale sotto il caldo umido assomigliano a rivoluzioni e nella mischia accetta di sparire e ritrovarsi nella stanza ove il tessuto fila e si allontana dalle fronde preconcette che lo legano soltanto qualche attimo dopo il suo primordio. 


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

Nessun commento:

Posta un commento