04/09/16

La tenera amante.




            E' dentro un flash che acceca gli occhi. Esattamente lì, dentro quel breve istante che ritrovo il desiderio di far correre la penna sulla carta. Ne e' testimone inchiostro che deposita e si asciuga disegnando curve che come petali diffondono odorose liquide virtù. Condizionato in ogni istante da quel libro che si va affrontando come fosse una parete che mi ruba il tempo, ritaglio il tempo stesso in un momento dilatandone le pagine per asciugarne ancora questa idea che lo attraversa.
Crepitii di un' anima inquieta che riavvolge nastri per guardare in lontananza. Dardi scoccati da balestre che alle tremule corde incrostano, sigillandole, piccole note di diapason che altrimenti si disperderebbero diffuse su tutte quelle pagine che cancellate e ricorrette vanno spesso via. Timori e disgregate fantasie, dentro la stessa macchia che si propaga e che si blinda in quel tessuto che come l' epidermide li accoglie.
Frenesie di un tempo che si scuote per lasciarsi andare, e in una replica di archi che ai lati come fossero di un chiostro, delimitano spazi angusti ed operose, meccaniche dita per produrre suoni che divengono infiniti. Sorprese per gli astanti e la fontana al centro, dentro quei corridoi che simmetrici si spezzano in quell' angolo dell' ovvio che non possiede curve, lievita le densità cullate sopra al freddo cotto sotto i piedi che accompagna.
Amanuensi prestati a un momento di svago, dove il taglio del Sole illumina parete e che la scioglie in quel medesimo inchiostro che adesso cade giù. In quel rigagnolo di nera pece scorrono le intensità di una vita vissuta attraverso, dove sono intese bene, chiare, le ombre di un soffitto calpestato, e dove invece si trascurano le scene solite di passeggiate verso siepi e nei giardini di una comoda decente noia che ci basta.
Sazio mai di oltrepassare il segno, come se pagina si distendesse ancora per non finire mai. Nelle tende di una cruda valle resto ad ascoltare il suono di un messaggio lungo che ci scuote ancora. Vettore osserva e regola che detta avvolge. Dentro la scena arriva il gelo e in un aiuto ancora suoni nuovi e nuove brezze. Scossa la vita e lacerato il fianco, resta l' incanto e quel desiderio di ripensarsi ancora seduto ad uno spesso tavolo di legno antico con la penna in mano. Guardare il foglio che ho di fronte e' spesso stato una ovvietà, ma in questo istante, dove vedo il soffitto e trovo il cielo, raccolgo le macerie di tutto quello che mi cade dentro, e celebrando un ordine che voglio ritrovare, adesso stringo la mia penna fra le mani perché e' proprio lì, dentro quel foglio e in poi, che il naturale corso delle cose si va riprendendo.
Ho nulla, ripeto, fra le mani, se non un pò di polvere, di sangue e quella penna. Guardando i miei vestiti laceri provo il dolore di chi vivrà non incontrando più nessuno, ma in quell' inchiostro ho ancora il mio ricordo e quel rumore del vento che non cambia, come non cambia il freddo delle valli dove ho scelto di invecchiare.
Una pagina, una vita, una ferita. Tessuto di una tela che preziosa si riaffaccia alla musica che l' accompagna.
Tenera amante, non crollare.


Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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