11/04/16

Il sipario di un ghiacciaio.




         Fragile intuito nelle selve di scosse che disintegrano dove le intensità e la percezione arrivano gelide fino ad averne freddo sulle cuti. Come un frammento di ghiaccio che si stacca e che precipita nell' acqua gelida, così lo scivolo delle mie sensazioni va diffondendosi, e quelle onde che propaga raccontano di me che mi allontano per poi scrutare ancora il suo fondale fino a sorvegliarne qualche altro attimo di densa esistenza. Crepitii e permafrost che rumoreggia, comprimendosi e separandosi per ricreare ancora altro spazio per i cetacei che stanno arrivando. Rinnova vita e ne esalta il valore ossigenato per questi mammiferi che concentrici si stanno avvicinando. Sotto il richiamo della nuova stagione, e come se si divulgasse a tutto il contorno, quell' onda viaggia impercettibile quasi come pulsasse. Nei pressi degli archi remoti del cerchio prodotto, sordi tamburi che quasi come ricordi producono una messa in scena lontana e sbattono fra gli anfratti celati delle recondite singole esistenze come se fossero le pinne dei lamantini e dei beluga. Una sorta di coscienza collettiva che ci induce a dei comportamenti fatti propri in maniera automatica, passivamente subiti quasi fossimo elementi catatonici in balia di sgomento e di friabile intenzione.
Sciami di krill che accompagna e fa risplendere lo spessore marino quasi come fosse un riflesso della livrea dell' aurora nelle lunghe ore notturne. Un effetto di neon verdognolo e brillante che ha la forma di un sipario per tutta questa rigogliosa scena elettrica che ci si affaccia agli occhi. Il suono di quei cetacei, il friggere dell' acqua e quegli schiocchi di ghiaccio che si ricompone col favore del freddo notturno. Suoni come fossero un' amaca che dondola i pensieri e che fugge realtà per ritrovarsi nel tessuto di aurora. Luccichio che fra le verdi onde, nella luce dei milioni di puntini che compongono il soffitto, si riflettono spargendosi di nuovo nel riflesso al calmo mare fra la flotta di iceberg che rischiarano il confine dell' aria nell' acqua e viceversa.
Sommesse, emotive, commosse. Le onde percorrono la schiena ritornando negli aspetti e appartenendo loro. Suona il corpo come il suono del cetaceo che trasporta, suona il cuore e suona livida la pelle. Attende uno sciame che dall' aurora schiacci ridisegnando nuova superficie e nuove onde. Corsa di frolla e grezzo ghiaccio, e ancora ingente quantità di plancton che si offre. Vedo le bestie acquatiche favorirne e masticare stelle. Sonar e direzione presa, scelta e l' assestamento che ne deriva. Fugge via piano da quella luce fioca che da il sipario mentre un nuovo blocco di quel ghiacciaio esplode in mare rilasciando sporca schiuma mentre onde rabbiose stanno andando via a placarsi fra le infinite isole di zucchero filato e quelle sagome geometriche spezzate verso tutto l' orizzonte.
Immerso, in una gelida apnea fatta di spessa muta, brividi di freddo e pelle d' oca, l' opaca linea della maschera impedisce di vedere e un' altra volta ancora io la getto via, prendendomi sul viso quelle strane forme di ghiaccio essenziali, quelle che sulla soglia di un congelamento osservo come fossero cristalli sognati smarriti fra le frange di un destino sonnolento che di tanto in tanto si risveglia e fa rumore.
Amido di riso il ricordo, liquida intensità ed una voglia spassionata di appartenerle. Vìola le sbarre di un conosciuto affondando le sue unghie nel solco dell' intelletto e lacerando rilascia istinto puro. Freme osservando ariose verticali fra le note di quel diapason che e' l' aurora, e fra le note di un pentagramma di cetacei lentamente si addormenta per salire ad una consapevolezza successiva via da qua, fin troppo rumorosa consuetudine.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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