07/10/15

I ricordi del bancone.




        Dove sono? A quale punto la traccia si e' interrotta fermando il suono che avvolgeva mentre quel whisky accompagnava la serata. Le luci soffuse del locale contribuivano al mio viaggio, e guardandomi intorno non avevo più timore di vedere. Dietro al banco Gianluca mi parlava del suo Halloween e di quanto lui gradisse l' arrivo del periodo natalizio. Non ricordavo che nel suo sensibile ma polveroso donarsi agli altri mi aveva un' altra volta già raccontato del perché quelle lucette natalizie non le aveva mai più accese dal primo Novembre.

Il pub esisteva dal 1992. In un giorno di Settembre presi il mio SH e mi diressi verso la sua inaugurazione. Erano cambiate delle cose negli anni, l' insegna gialla sul marmo aveva lasciato spazio ad un fine lavoro in legno. Gli artigiani che ci avevano lavorato avevano scelto una tonalità di blu molto elegante. Anche gli interni erano stati rivoluzionati. L' enorme mole di materiale sportivo appesa al muro aveva lasciato spazio ad una parete in tartan dove un gran quadro raffigurava una scena, credo di caccia. Spesso mi ero perso nella fettuccia a specchio che separava la parete dallo schienale in legno per le sedute, anche se leggermente opaco permetteva di osservare all' ingresso chi solcava la soglia.

Credo fosse nel '96. Ristrutturarono rendendolo quello che ancora oggi si conserva. E noi come lui, cambiati un pò tutti, per poi conservarci ancora nella stessa identica maniera di com' eravamo. Situazioni vissute ed abitudini ci avevano plasmato e fatto diventare quello che siamo oggi. Qualcuno adesso aveva famiglia, alcuni ancora dei figli. Altri avevano preferito imboccare la strada dell' essere solitario, altri ancora semplicemente non avevano trovato sulla strada qualcosa per cui valesse la pena tentare di cambiare questa splendida routine.

Un raro esempio in terra italica di quello che si può trovare comunemente in un villaggio della Scozia o sui terreni vicino Bala, in Galles, dove alla fine del lavoro hai il tuo posto da raggiungere per disquisire un pò sulla giornata, sulle magagne e su quello che farà la Lazio la Domenica successiva. La Lazio, proprio la Lazio, indelebile filo conduttore che a suo tempo unì i nostri cammini, fino a selezionarci, come si fa con i vini o con le birre, creando un nucleo di "locals" così granitico da spezzare ogni evento che la nostra tana nel tempo ha dovuto attraversare.

Dove sono? A quel punto la traccia riparte e dopo qualche istante la sua musica torna a diffondersi nei padiglioni auricolari allietando il mio tempo. Il vociare pacato e quella solita atmosfera. Roberto che giunge, la strada e le auto in doppia fila. Magari un pò di pioggia, per donarci altra atmosfera. Gianluca sibillino fra le spine a dividerci continua a raccontarmi di quelle luci. Il Natale sta arrivando e la musica lentamente cambierà, mutandosi in un' attesa di strenne e festoni ricchi di calore nordico, di quelli che non attecchisce quando il cuore e' arido. Fragrante freddo porta via il calore di un' Estate che proprio non ci azzecca nulla e, sebbene a Roma, tutti noi guardiamo a Nord, non per il freddo o le abitudini diverse, ma come puro concetto.

Tumultuose serate trascorse, intenti e minacce, poi quiete. Saccheggi intellettuali e rilasci educati che avevano soltanto l' intento di colpire. I soliti signori, alcuni buoni, altri meno, a scrutare nel buio e a misurare il livello di pericolosità del cuore. Mentre in questo bailam di sedicenti curiosi e per la verità, alcune volte, ragionate supposizioni, le maschere sono cadute via via abbandonandosi alla realtà di una strana consapevolezza che mescola adesso varie personalità fondendosi in una unica liquorosa comunità. Saggia il terreno come le labbra si bagnano di un whisky morbido, afferrano come le dita cingono un bicchiere al banco. Mentre il gomito con quella ragnatela che non sa di tatuaggio ma e' palese, appoggia sempre su quel piano di legno dove sono cambiati molti panni e dove sono state rovesciate varie birre, ma mai ha visto interrompere quel tempo che oggi lo attraversa.

Crepitii e silenzio, quando si e' visto molto, anche se non tutto. Tacere ed osservare il dorso del bicchiere mentre il fruscio delle altrui conversazioni vanno avanti e si mescolano anch' esse con la musica che va. "Sai quella volta..." continua Gianluca, "accadde che le spensi per il lutto...". Io sul principio non capisco, ma guardando i suoi occhi, che non sai mai se si commuove o se e' un pò avanti, continuo ad ascoltare. "Si perché ero solito accenderle dopo il giorno dei morti..." va avanti, ed allora mi convinco che l' oggetto del discorso torna ad essere le luci natalizie. A quel punto lo guardo ed un brivido mi scarica la schiena, facendomi piantare su quello sgabello il cui tatuaggio sono io.

"Da quell' anno, quel maledetto anno, ho deciso di accendere le luci solo dopo l' 11 Novembre. Per ricordarlo, per ricordarmi, per rispettarlo e fare come se non se ne fosse andato via." Un' annataccia per tutti noi, quell' anno lì, mentre le dita serrano il bicchiere. Ci sono immagini che lo raffigurano e scritte che lo ricordano. Ci sono berretti e voci che ogni volta me ne parlano. Ma le polverose sensibilità che abbiamo tutti noi ci hanno impedito di passare oltre, se non per regalarci una parvenza di vissuto minimal. E il cuore batte male, mentre le dita che han serrato e il polso sollevano il bicchiere ed in un fantomatico sorriso amaro portano alla bocca quel buon whisky che stavo gustando. In un moto di depresso ricordo termino il liquido che come fosse lui mi viene a salutare.

Dove sono? A quale punto la traccia si e' interrotta fermando il suono mentre il whisky accompagnava la serata. Accendi quelle luci solo quando questa festa ha inizio.



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