22/09/15

Le essenze oniriche.




       Operosi fauni, stridenti lamine di metallo e sorgenti oniriche inconsistenti che a tratti si manifestano per poi dissolversi di nuovo in un consueto cumulo di nebbia che va via. La notte affiora, ed in maniera disturbata accoglie inconsce percezioni, mentre lo scoccare dei secondi inesorabile da il taglio all' inutilità dei "non pensieri", classificando e comprimendo gli attimi, quei pochi istanti, in cui tutto ritorna a raccontarci, o meglio a descriverci, di uno di quei domani che verranno. Nasce come in un bocciolo notturno un deja-vu che poi ci appresteremo a vivere come se fosse già accaduto. Come una crisalide con dentro il tempo accoglie per poi far riaffiorare nelle nostre confuse emozioni di quello che sarà, un momento andato, ed in quell' attimo in cui osserva la farfalla sollevarsi in volo, tornare indietro a quella notte e alla crisalide di quell' istante concepito.
Navigano fantasie e dal limaccioso fango delle quotidiane piogge, dal nulla si discostano tentando di comprimere. Si avvolge come una matassa lanosa e srotolandola di nuovo e' chiaro che il destino si dipana dallo stridente filamento fino a pizzicarlo come corda si violino. A noi non resta che raccoglierlo per viverne di almeno un pò, considerandone gli aspetti empirici ed accontentandoci di quel raccolto che noi fummo in grado di osservare. Niente corda spezzata, e in quella corsa una nuova livida magia si scioglie per poi destarci in fronte ancora un altro specchio di un passato che ritorna e si racconta.
Canestri e cesti di vimini spruzzati di farina. Legni sottili e vanesie immagini di laghi placidi con barche che come specchi si riflettono in quel liquido come mercurio. Nebbie, foschie e poche lanterne, ancora lo stridio di lamine in metallo. E i pescatori muovono quei bastimenti come tante piccole lucciole in un nulla piatto. Alle loro voci lontane si accompagna molto silenzio e quello strappo di fodera che e' l' allontanarsi delle barche su quell' acqua. Lentamente piccole onde prima, si fanno più increspate poi, e nel novero di quelle che posso osservare fino alla riva ne conto alcune che schiumose friggono esplodendo bolle in un curioso madido terreno dove cigni bianchi giungono per poi solcarle e mescolarsi a quella parte di scena che vede le barche andare via per prendere il largo.
Porta la fase REM a porsi domande e darsi lapidari esiti. Le capacità mnemoniche del nostro aspetto onirico si scuotono facendo andare via molto di quello cui noi non smettiamo di creare. Come un' analisi complessa sulle effettive soglie di una vita che si relaziona a terzi accadimenti, come tanti piccoli ingressi in un nucleo di "sognatore" che ci fa entrare per poi cacciarci via. Osserviamo, tentiamo di ricordare, e nella stragrande maggioranza dei casi tutto svanisce in un sol battito di ciglia. Sono come carte da tenere rovesciate, aspettando che esca quella nitida che ci rimembra. E nell' istante in cui tendiamo il braccio a quell' unico istante che riaffiora, esplosioni di sale e fumi di nebbia dissipano per poi permetterci di andare li dov' eravamo e dove poi ci siam lasciati trasportare via.
Le essenze oniriche. La, dove la risposta a tutti i quesiti dell' inconscio trovano argomenti e materia di analisi quanto meno per cercare di comprendere chi siamo noi davvero. Le essenze oniriche. Spesso cerchiamo risposte a domande delle quali ci interessa molto poco. Sciogliendo il liquido della notte come amiamo, per focalizzare la nostra attenzione sui veri perché e su quello che noi ci aspettiamo da noi stessi senza che possa mutare dalle influenze derivateci dagli altri che man mano attraversano il nostro tempo.
Candidi istanti di vero "ego", dove nulla e' falso o maschere da indossare. Fiducia e timori, finalità e concrete motivazioni. Gettare gli occhi in quel nucleo per restarci e passare al prossimo piano dell' evolvere se stessi.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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