23/09/15

La soglia.




         Torbido come il primordio, dove esplosioni in celle chiuse deflagrano le fantasie più nascoste, e dove ansima l' ardente respiro in un tremore che quasi soffoca lo stesso desiderio. Ignari a noi stessi, si lasciano intravedere per poi penetrare nella spina dorsale e sulla cute. Come scariche di elettricità colorano il pigmento e fra brivido e sudore percorrono anche l' ultimo degli spazi lasciati vuoti dalla razionalità oramai fuggita via.
Vortici molli ed afrori, avvinghiandosi fra la boscaglia ed il soffitto plumbeo, in un senso di abbandono e stress, foraggiano mani impazzite e schiene lucide. Nella corteccia schioda e afferra, serrandone i respiri con la forza, per poi di nuovo accarezzare e perdersi fra le nubi di un oblio che sgorga come grido da quell' anima, che decollata vola via.
Sciami di insetti che pungono sono le vivide iniezioni di un amplesso che disordinatamente attende, mescola quegli sguardi a tutte quelle feritoie fra la stasi ed il pensiero che distrugge. Solenne soverchia fra le costole la lingua che a passeggio le assapora. Corre, e sulla buia notte accende fiati e condensa in un meccanico inseguirsi per poi incontrarsi appena e andare via.
Come un giogo che passa di mano e cambia il padrone si alterna in un frammento di cielo da toccare un pò alla volta. Crinali da mordere e graffiare fra le gole di un cosmo di forma, per lasciare che la stessa esploda e si propaghi abbandonandosi alla vera libertà, dov' e' il confine e dove alberga la pudica soglia. Affrontarla come se fosse impedimento, vincerla come se fosse nemico, ed infine schiantarla, come se un dogma andasse via lontano per il resto delle pagine da vivere.
Dal primordio evolve. E lo strumento e' quello stesso torbido che ci solleva, ci porta via dalla piatta routine cui ci abbandoniamo nella vita quotidiana quando, lasciandoci attraversare ogni giorno un altro pò, inconsciamente le cediamo il passo e si dimostra manifestamente superiore.
Canoni di un' esistenza soltanto attraversata. Cerca la traccia dell' ardire, frugando fra le vite altrui e struggendo in una inconsapevole fallita era. Vulcani dove lava incandescente sgorga, fiumi di gelide acque impetuose, e poi ancora cieli fitti di coltri di nubi e mari in burrasca. Ricerca ed osserva, anche sulla soglia di una riva della fine, e magari dentro un bosco di conifere, vedendo frantumarsi enormi alberi sotto i colpi di un tempo trascorso.
Primordi ed epilogo fra le stesse scosse e i movimenti liberi. Fugge dalla noiosa esistenza cercandone il nocciolo per la sua vita. Appare sospesa quell' idea cercata, ma tanta e tale e' quell' intensità di un attimo che vuole, che anche se impiegasse la sua intera vita per comprenderne soltanto un solo angolo, potrebbe avere speso bene l' impeto ed il sano immobilismo del trascorso al tempo stesso.
E' il coraggio di dirci no che spesso ci disintegra, e in quella stessa idea tendiamo a scivolare lentamente per poi accorgerci che monta. E in quell' esatto istante scivoliamo via dalle ovvietà per ritrovarci a cedere quel pò di noi che non riusciamo a raccontare, abbottonato in una vita dove quel solo attimo per cui valga la pena può farci scendere nel Maelstorm di Allan Poe per poi risollevarci in una bolla di felicità cosciente e ritrovata razionalità verso una spinta nuova a propagare lungo tutta la spezzata del vissuto.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

Nessun commento:

Posta un commento