03/06/16

La contraddizione di Cincinnati.




        Canditi e zucchero filato. Espongono di tutto e sono pieni di colori. Palline da ping pong e piccole brocchette piene d' acqua. E se ne infili una vinci pure un pesce rosso. Distese di croccante, liquirizie e caramelle. Giocattoli e magliette, panini e poi bevande. Eserciti di famiglie che comprimono sul lato della strada, bambini ammaliati da tutte quelle luci ed una eco: "me lo compri?" che quasi come un mantra si diffonde. Alcuni soddisfatti tengono il loro giocattolo fra le mani, le mamme più accorte e parsimoniose mettono la "refurtiva" in borsa abbandonandosi ad un laconico "lo apriamo a casa", come se il gioco preso fosse una conquista da conservare e riservare ai posteri. Qualche creatura piange e qualche altra e' trascinata ma non vuole andare via. In un fiume come questo plotoni di folla masticante assapora, mentre l' odore dei frizzante delle caramelle gommose e del croccante, roba da far cadere i denti, si diffonde ovunque, alternandosi con quello delle carni cotte sulle piastre di ambulanti che servono panini.
Come un immenso circo in movimento, con delle differenze, certo, ma se i cavalli non ci sono e non ci sono i domatori, le giostre ed i cavalli a dondolo saziano comunque quei piccoli sorrisi ed appagano le dolci pretese di tutti quei bambini. Così ero io, bambino, e mi ricordo ancora tutto. Estasiato da quelle immense file di furgoni colorati. La mano di papà e quella di mamma. Io e mio fratello fra la gente ed i rumori, mentre i profumi ci schiacciavano su quelle panche nell' attesa di mangiar qualcosa. Come tante musiche di carillon si alternavano quelle luminescenti giostre a quei furgoni invece, che diffondevano una musica moderna. A far da corollario a tutto quelle luci intermittenti messe dal Comune per accompagnare il tutto.
Logiche commerciali che a suo tempo mi sfuggivano. Pieno di tutte quelle immagini come una banca dati analizzavo rallegrandomi e assorbendo quelle novità che in quei momenti mi facevano felice.
Oggi sono qui, attonito e disgustato, da quanto visto, per fortuna solo visto, nello zoo di Cincinnati. Per la disattenzione di un genitore che non e' nemmeno degno di esser chiamato tale, un piccolo bimbo cade nelle "grinfie" di un gorilla grande e grosso che, per tutta risposta, ma certo ingovernabile nelle reazioni, ha il primo istinto di proteggerlo ed accarezzarlo. Lo prende per la gamba e lo trascina in acqua, poi si ferma, lo alza in piedi e continua a trascinarlo per spostarsi, sotto i nervosi e terrorizzati "oh my God" della folla che assiste in quegli attimi. Una bestia feroce, per quella folla urlante e per quei macabri inservienti di quella struttura anacronistica. Una struttura, quello zoo, che e' esattamente come tutti i circhi che esibiscono animali. Finché povere bestie servono per fare cassa va bene, ma se l' errore umano genera un comportamento, qualunque esso sia, anche non bestiale, allora l' uomo si riprende il suo diritto di decidere di tutto quanto, vita della bestia compresa.
Certo, perché la bestia ci spaventa, ma noi dobbiamo avere il controllo su tutto, anche sulla nostra paura, ma un bambino portato allo zoo no, quello possiamo tranquillamente accantonarlo, perderlo, disinteressarcene e farlo cadere nella "gabbia" di una bestia feroce.
Ed e' proprio così che e' andata. Salvo il bambino, vittima delle attenzioni di un gorilla adulto, morto il gorilla, vittima dell' altrui stupidità e del desiderio umano di avere il controllo, salvo sul proprio figlio caduto (non si sa poi nemmeno come) s' intende, e fatta salva l' incapacità di chi quel posto lo aveva costruito per non fare in modo che quanto successo potesse accadere. Dunque cosa dire?
Bravi gli inservienti, prontamente accorsi per abbattere la bestia. E brava quella mamma, o quel papà, che finalmente riabbracciano il suo bambino ma hanno sulla coscienza la vita del gorilla. Brave tutte le persone in quello zoo, e negli zoo di tutto il mondo, che settimanalmente alimentano un mercato vergognoso frutto solo dell' egoismo dell' uomo. Parliamo dello stesso egoismo che adesso i genitori del piccolo, magari sulla sedia a dondolo fuori da casa (come in tanti bei films americani...), tenendo in braccio la loro creatura, sopravvissuta, penseranno al pericolo scampato, abbracciandolo e forse piangendo, e racconteranno a centinaia di persone dell' accaduto quasi come fossero dei reduci.
Un bravo va anche a quelli del circo, di tutti i circhi, che a trapezisti e clowns alternano domatori di bestie feroci drogate appositamente per mostrare la capacità del domatore senza rischio alcuno per la sua incolumità.
La cosa che resta, l' amaro in bocca per questo ennesimo episodio che denuncia in toto il profondo egoismo dell' uomo: l' abbattimento di una bestia in cattività. Probabilmente i bracconieri, o i cacciatori di un safari, avrebbero potuto fare meglio anzi, sono sicuro che il bracconaggio, o la caccia grossa, come la definiscono, hanno davvero molto più senso. Anche se la lotta resta impari perché fucili e calibri mostruosi regalano un vantaggio troppo grande al cacciatore e troppo svantaggio alla preda, almeno il campo e' aperto e non ci sono muri che possano braccare quelle prede limitandone il movimento.
Ecco, in questo vedo un pò quei pesci rossi dentro le buste di plastica piene d' acqua che riportavo a casa di tanto in tanto quando ero bambino. Ho provato a crescerne più di uno, sacrificandoli tutti al mio egoismo. Ho visitato il circo e lo zoo alcune volte, e pur rimanendo ammaliato sempre dagli incredibili straordinarie esemplari di tigri, leoni, elefanti e quant' altro, a mettermi tristezza sono stati sempre gli uomini, clowns compresi. Riflettendo sull' episodio di Cincinnati, mi domando davvero quanto siano necessarie strutture che mostrano esemplari catturati che non avrebbero altra voglia se non di starsene tranquilli nei loro habitat originari.
Quanto ancora la razionalità tenterà di ingabbiare l' istinto? Per quanto tempo ancora il preconcetto dovrà vincere sulla libertà? E' insito in noi... il controllo intendo, e sarà anche la causa della nostra fine, se non ce ne liberiamo in tempo. Abituandoci al controllo, anzi volendolo, perderemo presto di vista cos' e' l' istinto, ad esempio quello genitoriale, come e' successo a quei due, perdendo il loro figlio e facendolo precipitare in una gabbia di 7/8 metri. Non e' giusto che si prenda una posizione: povero bambino o povero gorilla non serve. Serve disincagliarsi da questo stato emotivo che sommerge la collettività e che ci vuole succubi, in toto, di quanto ci viene propinato. La dove non c' e' una tessera, esiste il biglietto, e viceversa. Dopotutto, non possiamo ignorare che anche l' uomo e' una bestia, e come tale, e' opportuno che riguadagni ciò che e' suo e che lo caratterizza da sempre, a prescindere da tessere e biglietti d' ingresso.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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