16/06/16

Sulla strada per Sheki.




       Passata la buriana placa il vento e torna ad ascoltare quel che di se ha lasciato a terra. Raccolto fra le frange di un benessere che lo pervade schiaccia dei bottoni per accedere alla linfa nuova che gli scorre al fianco e che lo irrora. Nuvole si aprono come cerchi facendo piovere fasci di luce sul terreno e dal terreno un' ombra affiora dove gemiti sono inghiottiti da radici spesse e da fangose masse di corteccia. Fiele e velenosa iattura quell' idea che cavalca mentre una nuova giungla di pastelli si dipinge tutt' intorno. Meccanica scissione fra le colline di fango e quelle basi, così liquide che sotto il peso delle stesse collassano per divenire sfera con un nuovo anello al centro. Alberi di parrozia sorreggono legando a loro un falsopiano che altrimenti annegherebbe sotto l' incedere di quel calore fuso. Fuochi fatui pronti ad esplodere alimentano fiammelle che, come lucciole, di notte illuminano indicando ostacoli, e negli stessi fra un color arancio e l' altro, e il rosa, e arancio ancora, trova la forza di correggere il cammino e la benevolenza del terreno che lo aiuta a non cadere. Pendii scoscesi attendono, mostrando la diversità in una ricchezza unica. Macchie di neve e guano, rimane a contemplare il cuore di quell' opera che adesso asciutta si diffonde. Colori colano come il vapore di uno strano magma che si sposa con il mare, e nello stesso strano mare atipiche reazioni e continue ricerche permettono al contempo di sfruttare e conservare tradizione come fosse dei millenni un indice raccolto in un sottile tomo. Selve del fiume Kish, affacci di molteplici terrazze fra le veglie di una caccia che si sta per consumare. Mescola il risveglio e il fiato di radura mentre l' alba scioglie e affumica quel caravan serraglio dove viandanti e cavalieri si risvegliano per allungare i rispettivi viaggi.
Piccole tessere di vetro colorato, l' una nell' altra senza che a legarle sia alcunché. Tasselli del tempo spezzati fra una notte e un giorno, fra un millennio e un altro, ad affermare con mano sapiente che l' arte del Palazzo di Sheki e' un albero di dura parrozia anch' esso, ed e' volto non a farsi ammirare, ma a riaffermare, ove chi osserva lo comprenda, che attraverso il tempo anche uno sfortunato naufrago può ritrovare un' isola che gli dia asilo. Quesiti o risposte, oppure entrambi. Attraverso religioni ed incontri, fra stoffe, scambi commerciali e di culture, siamo nell' esatto punto dov' e' passato tutto, ed in quel tutto ora riposa il convincimento che pur se navigato o camminato a lungo nelle verdeggianti praterie di un limbo fra cime innevate, esiste un Eden di confronto e comunione. Pietre come tante e culla al contempo, terra remota eppure prima ad essere calpestata dall' umano divenire. Appaga nelle immagini e nelle richieste ridondanti che alla fine si pretendono. Come una conca di resine lasciate a riposare, il tempo gli passa attraverso brandendo la scure dell' immobilismo, quasi a giocare od uno scherzo o un tiro a chi lo fa passare. Esercizio all' azione ed alla guerra, eppure una pacifica soluzione fra le fronde agitate che raccontano di melograni e di pugnali. Dove i clan, oppure la famiglia sono in cima ad ogni cosa e come tante sorgenti esplorano nella purezza il manto di un concetto che più lento li attraversa. Nebulosa fatalità e nemmeno il tempo di un tè immaginato. E mentre osserva tutta quella bolgia di colore, ironia di una sorte che doveva prevedere, non si accorge che dov' era fermo il tempo in realtà già se n' e' andato. Altra vittima di una staticità che lo possiede e muove.



Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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