19/02/16

Bush.




        Ho vissuto e sto vivendo grazie a delle magnifiche righe, fra la sabbia ardente dell' Outback e la cultura aborigena. Due signore fantastiche mi dipingono, o lo hanno già fatto, di colori pastello e di aride asciutte nuvole, scenari di un deserto ignoto, fra le scorribande di animali selvatici ed i viaggi interiori alla ricerca della chiave di volta. Unici amici il Popolo della Vera Gente oppure dei bizzarri cammelli che camminano instancabili verso il mare incrociandosi fra le dune e la scarsa vegetazione del "Bush".
Non sono solito tessere le lodi ad un buon consiglio. Non accade mai perché farlo potrebbe voler dire svilirlo, quel consiglio, ma stavolta io debbo soltanto dire grazie al mio amico Paolo per avermi condotto con le sue parole e, fattivamente, prestandomi i suoi tre libri, cosa molto rara, al cammino di Robyn e di Marlow nel deserto australiano, mostrandomi così le varie facce della solitudine sperimentata e di ciò che dell' analisi umana può rimanere in un contesto dove ci si deve necessariamente abbandonare alle incessanti e sfiancanti  prove cui la Natura e la Terra possono sottoporre l' individuo.
Ho intrapreso queste letture in un periodo particolare di analisi di me stesso, dove sto sperimentando e frugando l' abbandono in molti aspetti della mia quotidianità. Per la verità devo dire che in taluni casi ho provato e sto provando anche sollievo nel lasciare indietro atteggiamenti e persone. In un tale contesto mi sono tuffato nelle righe di queste splendide opere, ed il solco fra me stesso e la loro esperienza ha trovato dune e cumuli di polverosi arbusti mai troppo distanti da quel che interiormente devono aver percepito loro come arido e cocente.
Intendiamoci, non credo affatto che per me sia realizzabile pensare ad una così affascinante esperienza. Fattivamente non ne avrei preparazione e forse adesso neanche forza. Mi interessa di più la convergenza emotiva, le curve della loro disperazione e del loro trionfo su di essa. Trovo piccole similitudini nelle esplosioni in lacrime senza una spiegazione viste non come momento di fragilità ma consolidamento della propria forza. Attraverso con interesse quelle righe di inchiostro che mi hanno parlato, e rifletto sulla caducità delle cose, e su come e' utile alleggerirsi del fardello occidentale per lasciarsi andare all' essenza.
Si, questo più mi interessa. Il loro magico approccio, quasi terrorizzato, ad un territorio di Luna, dove il passaggio di un tapis roulant incendiato sotto i piedi nudi ha spesso tolto la concentrazione su dolori, pustole e vesciche, guarendone gli effetti con fogliame e pasta pestata di arbusti rimediati. Sandali spezzati e fragili corde nervose si sono andate via via irrobustendo liberandosi in una consapevolezza pacifica e riverente al cospetto di quello che nelle loro giornate, nelle mie, ci si offre senza rendercene conto.
Marlow ed il suo cammino, e quella straordinaria Gente. Documenti dei primordi e al tempo stesso consapevolezza e regole. Robyn e la sua solitudine, coi suoi cammelli e Diggity. Aspetti laterali di un esperimento che abbandona i dogmi per tuffarsi nelle intuizioni e nell' acume. Entrambe lasciano il superfluo spogliandosi dei loro anelli e delle loro collane, dei loro vestiti e del retaggio culturale che le vuole presentabili. Arrivano a perdersi in realtà ritrovandosi in un' altra sfera incomprensibile di priorità dimenticate, dove un orologio e il suo tic tac può tranquillamente rimanere su di un albero fino alla fine della batteria, e dove un ballo per aiutare l' arrivo della sera diventa quasi ipnotico e sfianca portandosi al terreno come fosse un grembo che le accoglie.
Viviamo un tempo in cui il consumo trita ciò che e' all' esterno e ci divora lentamente dentro senza riuscire più a trovare il conforto del pensiero. Ci abituiamo a rincorrere ed abbiamo oramai perso di vista il senso delle cose. Spesso il confronto dialettale e' relegato a mera esplorazione di se stessi dentro gli altri, facendo bene attenzione a non tener presente il punto di vista degli altri mentre guardano noi stessi. In tutto ciò la loro solitudine, in realtà la loro ricchezza. Dove tutto e' responsabilità ma nulla e' colpa, dove le cose accadono perché e' il tempo che lo vuole e se la polvere si attacca addosso pazienza, non saranno preoccupate di non fare una buona figura.
E' il legame col terreno. E' lo scorrere del tempo, dove stagione e giorni si succedono come da sempre, e dove una entità racchiusa dentro un individuo ha il tempo di rivelarsi cosmo. Ed e' normale che si fugga dalle foto e dalla gente cara Robyn, io credo sia normale, ed e' per questo che mi trovo immerso in una storia che non voglio raccontare. Oppure cara Marlow, fra la scena che hai descritto dentro il luogo sacro e quella loro abitudine di osservarsi negli occhi di fronte ad un fuoco, quando giunge la sera, uno dopo l' altro, avendo di fronte volta dopo volta persone differenti.
Cos' e' se non e' questo il rimirar le stelle. Ogni individuo un cosmo da scrutare e da comprendere, e poi quelle galassie dove proprio non si riesce a respirare... e allora via! Come si fugge da una foto di un curioso, come un cammello scarta per voler essere libero, come un risveglio in casa ci rinchiude in una dimensione che non sembra essere la nostra. Buon viaggio.

(ho amato leggere questi due libri, e li amerò per sempre. mi e' sembrato quasi irriverente, mentre portavo avanti le due letture, che fossero libri che paolo mi ha prestato e non fossero miei. questo implica che in maniera quasi ovvia mi recherò in libreria per averli miei, e comunque mi sembrerà irriverente perché sono entrambi palestre che allenano contro il possesso. notevolissimi!)

Roberto De Sanctis - All Rights Reserved

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